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Abstract
L’articolo riconsidera la nota questione se la mimēsis abbia o meno, nella Poetica di Aristotele, una portata conoscitiva. La risposta negativa è argomentata attraverso la ridiscussione dei passi su cui la tesi “conoscitiva” si fonda: Poetica 4, Poetica 9 e la ricorrente espressione “secondo verosimiglianza o necessità”. Ne emerge che la mathēsis menzionata da Aristotele non è in diretta relazione con le cause o con le funzioni dell’opera artistica o letteraria, ma designa solo l’operazione interpretativa, seria e complessa, richiesta dalla fruizione. La maggiore universalità della poesia rispetto alla storia, a sua volta, non ha nulla a che fare con “gli universali” in senso filosofico e si riferisce semmai al carattere universale delle vicende narrate, la cui universalità si fonda sulla dimensione emozionale. Infine, la struttura razionale della trama dovuta alla sua organizzazione secondo verosimiglianza o necessità non costituisce un impianto logico volto a veicolare conoscenze, ma piuttosto una struttura semiotica che ha, al contrario, una finalità prettamente estetica ed emozionale. In una prospettiva più ampia, l’interpretazione “conoscitiva” della mimēsis aristotelica è l’espressione di un pregiudizio determinato dall’«antica discordia tra filosofia e poesia», per cui la filosofia fa violenza all’alterità radicale della visione del mondo propria dell’arte, nel tentativo di conformarla al proprio progetto totalizzante di realtà.