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Abstract
Il viaggio a Mosca compiuto da Cesare Lombroso nel 1897 gli diede l’opportunita di osservare da vicino la prova vivente della sua teoria a proposito del legame tra genialita e disturbi psicotici: Lev Tolstoj. Questo articolo considera lo scrittore russo da un punto di vista “clinico”, cosi come fecero Lombroso e i suoi seguaci, ma implica un interessante sconfinamento nel campo degli studi letterari. Dalla spietata critica condotta da Max Nordau a testimonianze piu neutrali, come il ricordo della figlia Tatiana, tutto sembra confermare la diagnosi formulata da Lombroso su Tolstoj: affetto da una malattia mentale degenerativa associata all’epilessia, questa alterazione psichica ebbe ripercussioni non solo sul comportamento quotidiano, ma anche sulla produzione letteraria del malato. Al tempo stesso, il resoconto di questa indagine camuffata da visita di cortesia, ci permette di guardare le teorie di Lombroso dalla prospettiva del paziente, dal momento che Tolstoj, attraverso le sue opere, ha lasciato una traccia della forte avversione nutrita contro la scienza e il diritto penale di fine secolo, incarnate dall’ospite italiano. Sulla base di queste premesse verranno messe in luce le ragioni per cui i due non riuscirono a capirsi, spiegando cosi il fallimento di quell’incontro svoltosi a Jasnaja Poljana.