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Abstract
La virtu, all’interno di questo articolo, viene considerata come il vero e proprio centro nevralgico del pensiero di Gianvincenzo Gravina; non a caso, essa attraversa un po’ tutte le opere piu significative scritte dall’autore calabrese. La virtu, per Gravina, non tocca solamente tematiche di carattere religioso, cosa che e in un certo senso naturale, ma anche questioni che a tutta prima sembrano distanti dal suo raggio d’azione, come ad esempio quelle di tipo poetico e letterario. Infatti, conformemente alla concezione del verosimile, il letterato calabrese pone in essere l’esigenza che l’ottimo poeta non debba rappresentare una virtu fondata su un astratto ideale di perfezione, ma debba invece rappresentare una virtu aderente alla realta. In questo senso, risultano esemplificative le Tragedie cinque scritte dallo stesso Gravina, nelle quali si mettono in scena personaggi del mondo greco e romano incarnanti le quattro virtu cardinali. Nel porre in risalto questo tema, il presente articolo finisce con l’instaurare, inevitabilmente, alcuni confronti significativi, come quello fra Gravina e Montesquieu e soprattutto come quello fra Gravina e Vico, presi, relativamente a questo argomento, come autori emblematici della cultura meridionale italiana del primo Settecento.