L. Canaud (Professeur des Universités, praticien hospitalier) , C. Bacri (Interne des hôpitaux) , J.-B. Ricco (Professeur des Universités, praticien hospitalier) , P. Alric (Professeur des Universités, praticien hospitalier)
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Abstract
Le infezioni delle protesi aortofemorali rappresentano una complicanza rara ma grave della chirurgia di rivascolarizzazione. La gestione di questa complicanza costituisce una sfida chirurgica a causa della sua elevata morbimortalità. La diagnosi di infezione è spesso difficile, a causa dei sintomi clinici talvolta fuorvianti. Gli esami complementari sono necessari per confermare la diagnosi, identificare gli agenti infettivi responsabili e avviare un trattamento appropriato comprendente la terapia antibiotica e la chirurgia. Non c’è consenso sul trattamento chirurgico ottimale delle infezioni di protesi aortica. Al contrario, la strategia terapeutica deve essere adattata a ciascun paziente tenendo conto di diversi fattori. Tuttavia, un trattamento antibiotico appropriato e prolungato è generalmente considerato essenziale. Nell’ambito di un approccio chirurgico radicale, si consiglia di rimuovere la protesi infetta e di effettuare una rivascolarizzazione degli arti inferiori. L’uso corrente dell’allotrapianto arterioso crioconservato offre il vantaggio della rivascolarizzazione in situ e presenta una buona resistenza alle infezioni. Un’altra opzione di rivascolarizzazione consiste in un bypass axillofemorale uni- o bilaterale. I risultati recenti suggeriscono una superiorità della rivascolarizzazione in situ mediante allotrapianto, con una diminuzione della mortalità e dei tassi di amputazione. Tuttavia, l’approccio conservativo deve essere considerato nei pazienti con elevata fragilità.