Barbara Corsano, D. Sacchini, Nicola Panocchia, A. Spagnolo
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Abstract
Introduzione: la malattia renale cronica è una causa significativa di decesso. I malati che progrediscono verso la malattia renale allo stadio terminale spesso iniziano la dialisi come trattamento salva-vita. Esistono diverse questioni etiche relative alle decisioni di iniziare/non iniziare o mantenere/non prolungare la dialisi, in particolare per i pazienti con deficit cognitivo e comorbilità, dove la decisione diventa più complessa. Obiettivo: attraverso il caso di un paziente di 56 anni, affetto da cancro laringeo e insufficienza renale cronica end-stage in trattamento sostitutivo emodialitico trisettimanale – oltre che da altre comorbidità – si intendono approfondire gli aspetti etici connessi alla valutazione della proporzionalità e dell’appropriatezza etico-clinica del trattamento dialitico in pazienti che hanno una prognosi infausta “quoad vitam” a breve termine e presentano deficit cognitivo. Discussione: il trattamento dialitico, quale trattamento sostitutivo della funzione renale, sebbene abbia sempre una finalità palliativa e sia tecnicamente praticabile, in determinate circostanze potrebbe configurarsi come ostinazione irragionevole ed essere un penoso prolungamento del processo del morire. Conclusioni: nel valutare l’appropriatezza clinica e la proporzionalità del trattamento dialitico è stata importante una valutazione interdisciplinare e il coinvolgimento dei familiari che ha portato all’elaborazione di un documento condiviso di orientamento etico assistenziale. All’interno di tale documento sono stati individuati gli obiettivi di cura e ciò che rappresentava il miglior bene per il paziente.