{"title":"Rappresentare le lacerazioni dell’animo: Archetipi letterari dell’amphibolía di Pomponio Gaurico","authors":"D. Gamberini","doi":"10.1086/710780","DOIUrl":null,"url":null,"abstract":"Contact Diletta Gamberini at the Zentralinstitut für Kunstgeschichte (d.gamberini@zikg.eu). Voglio ringraziare Michael Cole e Ulrich Pfisterer, che hanno letto una prima stesura del presente articolo e mi hanno fornito indicazioni decisive per approfondire la sua dimensione storico-artistica. Sono altrettanto grata ai due lettori anonimi del contributo, a Jane Tylus, Jessica Goethals e Alessandra Montalbano, cui devo suggerimenti molto utili a migliorare il testo. Un sentito grazie va poi a Jonathan Nelson, con cui ho discusso diverse delle questioni qui affrontate, a Francesca Fantappiè e Clementina Marsico per la gentile consulenza bibliografica, e a Domitilla d’Onofrio per quella sui testi greci. 1. Nell’impossibilità di rendere conto in questa sede della vasta bibliografia esistente sul tema, mi limito a ricordare solo un manipolo di studi. Su tutti, quello fondativo di Rensselaer W. Lee, Ut pictura poesis: The Humanistic Theory of Painting, in “The Art Bulletin,” XXII, 1940, 197–269, che si concentra sull’influenza che la massima esercitò nei trattati composti fra la metà del sedicesimo e la metà del diciottesimo secolo. Dedicati al ruolo che l’Ars poetica aveva in precedenza avuto per le teorizzazioni circa la licenza inventiva concessa ad artisti e poeti sono il contributo di André Chastel, Le dictum Horatii “quidlibet audendi potestas” et les artistes (XIII –XVI siècle), in “Comptes rendus des séances de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres,” CXXI, 1, 1977, 30–45, e, con attenzione alle ricadute in ambito figurativo all’altezza del quindicesimo secolo e al grado di autonomia mantenuto dagli artisti rispetto alle prescrizioni oraziane, Ulrich Pfisterer, Künstlerische potestas audendi und licentia im Quattrocento: Benozzo Gozzoli, Andrea Mantegna, Bertoldo di Giovanni, in “Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana,” XXXI, 1996, 107–48. Sul versante dell’italianistica, due importanti messe a punto dei più recenti orientamenti della critica in merito al rilievo dell’ut pictura poësis nel panorama culturale italiano della prima età moderna sono offerte da Stefano Jossa, La penna e il pennello: retoriche a confronto, in Officine del nuovo: sodalizi fra letterati, artisti ed editori nella cultura italiana fra Riforma e Controriforma, a cura di Harald Hendrix e Paolo Procaccioli, Manziana 2008, 245–56; e dal volume Letteratura e arti visive nel Rinascimento, a cura di Gianluca Genovese e Andrea Torre, Roma 2019. Molto utile è poi la disamina di alcuni luoghi testuali fortemente improntati dalla memoria dell’analogia oraziana in Émilie Passignat, Il Cinquecento. Le fonti per la storia dell’arte, Roma 2017, 76–78 e 273–78.","PeriodicalId":42173,"journal":{"name":"I Tatti Studies","volume":"19 1","pages":"213 - 240"},"PeriodicalIF":0.1000,"publicationDate":"2020-09-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":"0","resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":null,"PeriodicalName":"I Tatti Studies","FirstCategoryId":"1085","ListUrlMain":"https://doi.org/10.1086/710780","RegionNum":0,"RegionCategory":null,"ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":null,"EPubDate":"","PubModel":"","JCR":"0","JCRName":"MEDIEVAL & RENAISSANCE STUDIES","Score":null,"Total":0}
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Abstract
Contact Diletta Gamberini at the Zentralinstitut für Kunstgeschichte (d.gamberini@zikg.eu). Voglio ringraziare Michael Cole e Ulrich Pfisterer, che hanno letto una prima stesura del presente articolo e mi hanno fornito indicazioni decisive per approfondire la sua dimensione storico-artistica. Sono altrettanto grata ai due lettori anonimi del contributo, a Jane Tylus, Jessica Goethals e Alessandra Montalbano, cui devo suggerimenti molto utili a migliorare il testo. Un sentito grazie va poi a Jonathan Nelson, con cui ho discusso diverse delle questioni qui affrontate, a Francesca Fantappiè e Clementina Marsico per la gentile consulenza bibliografica, e a Domitilla d’Onofrio per quella sui testi greci. 1. Nell’impossibilità di rendere conto in questa sede della vasta bibliografia esistente sul tema, mi limito a ricordare solo un manipolo di studi. Su tutti, quello fondativo di Rensselaer W. Lee, Ut pictura poesis: The Humanistic Theory of Painting, in “The Art Bulletin,” XXII, 1940, 197–269, che si concentra sull’influenza che la massima esercitò nei trattati composti fra la metà del sedicesimo e la metà del diciottesimo secolo. Dedicati al ruolo che l’Ars poetica aveva in precedenza avuto per le teorizzazioni circa la licenza inventiva concessa ad artisti e poeti sono il contributo di André Chastel, Le dictum Horatii “quidlibet audendi potestas” et les artistes (XIII –XVI siècle), in “Comptes rendus des séances de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres,” CXXI, 1, 1977, 30–45, e, con attenzione alle ricadute in ambito figurativo all’altezza del quindicesimo secolo e al grado di autonomia mantenuto dagli artisti rispetto alle prescrizioni oraziane, Ulrich Pfisterer, Künstlerische potestas audendi und licentia im Quattrocento: Benozzo Gozzoli, Andrea Mantegna, Bertoldo di Giovanni, in “Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana,” XXXI, 1996, 107–48. Sul versante dell’italianistica, due importanti messe a punto dei più recenti orientamenti della critica in merito al rilievo dell’ut pictura poësis nel panorama culturale italiano della prima età moderna sono offerte da Stefano Jossa, La penna e il pennello: retoriche a confronto, in Officine del nuovo: sodalizi fra letterati, artisti ed editori nella cultura italiana fra Riforma e Controriforma, a cura di Harald Hendrix e Paolo Procaccioli, Manziana 2008, 245–56; e dal volume Letteratura e arti visive nel Rinascimento, a cura di Gianluca Genovese e Andrea Torre, Roma 2019. Molto utile è poi la disamina di alcuni luoghi testuali fortemente improntati dalla memoria dell’analogia oraziana in Émilie Passignat, Il Cinquecento. Le fonti per la storia dell’arte, Roma 2017, 76–78 e 273–78.