Concilio di Ferrara, Pedro de Luna, Bartolomeo Prignano
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Abstract
Il cosiddetto esilio babilonese del Papato ebbe termine il 17 gennaio 1377, allorché Gregorio XI, non insensibile alle preghiere da tempo rivoltegli da tanti influenti personaggi, affinché abbandonasse Avignone, rientrò a Roma; i problemi immediati posti dallimpegnativo trasferimento della curia, più che la definizione di una linea di politica generale, attenta alle attese e alle esigenze spirituali del momento, assorbirono lattenzione e lopera del pontefice, che, peraltro, regnò ancora per soli quattordici mesi. Il calo di prestigio e di autorità, che il papato aveva subito in tutta lEuropa, era pressoché irreparabile: infatti, proprio durante il periodo in cui la sede papale fu stabilita nella città, affacciata sulla riva del Rodano (1309-1377), la centralizzazione dellapparato ecclesiastico, al fine di sottrarre la Chiesa al controllo del potere laico, ebbe la massima rilevanza. Fu allora che nella curia pontificia prevalse la determinazione a costituire un apparato amministrativo sul modello di una vera e propria corte regia; era quindi naturale che, in aperta reazione a tale indirizzo, si riaccendessero le tendenze ascetiche di mistici, chierici e laici, pronti a scagliare pesanti accuse contro quella che Dante aveva definito cattività avignonese. Non minore influenza, negativa, ebbe la sempre più accentuata dipendenza del papato avignonese dalla monarchia francese dei Capetingi e dei Valois, un asservimento talvolta solo formale, che oscurò però limmagine della Chiesa, quale istituzione divina e per ciò stesso universale e al di sopra delle parti. Di fronte a una Chiesa , quasi dimentica delle finalità originali della sua missione, il disorientamento della gente, angosciata e impoverita dalle continue guerre, dalla crescente crisi economica, dalle frequenti carestie e dalle ricorrenti epidemie, divenne sempre più grande.