{"title":"“Non si deve portare un anello stretto al dito”: L’orazione Pro litteris graecis di Pietro Bembo e la questione della lingua","authors":"R. Nicosia","doi":"10.1086/718894","DOIUrl":null,"url":null,"abstract":"UNO DEGLI ASPETTI PIÙ INTRIGANTI del giovane Pietro Bembo umanista, anche per l’ampio terreno vergine che ancora offre alla futura ricerca, è rappresentato dall’uso delle lingue classiche come mezzo per costruire e definire la propria identità intellettuale ed autoriale; non solo cioè del Bemboumanista e filologo a noi noto dagli scritti latini (De Aetna, il De Virgili e Terentii fabulis, e il De Guido Ubaldo Feretrio deque Elisabetha Gonzagia Urbini ducibus), quanto anche del Bembo scrittore di letteratura volgare (Rime, Asolani e Prose): una doppia identità in continuo e fluido dialogo, come già notava Dionisotti (cfr. sotto nota 128), per cui fondativa appare l’incidenza dello studio del greco durante e dopo i due anni presso la scuola di Costantino Lascaris a Messina avvenuta, secondo una lettera dello stesso Bembo, dopo quasi un’inspiegabile, improvvisa e pressoché segreta fuga da Venezia, nel 1492. Un’incidenza, quella del greco, che ci è dato oggi compulsare attraverso l’analisi di alcune primizie a noi sopraggiunte di quel biennio fervido di studi, tra cui, in particolare, un’orazione in favore delle lettere greche in cui distinto affiora,","PeriodicalId":42173,"journal":{"name":"I Tatti Studies","volume":"95 1","pages":"39 - 67"},"PeriodicalIF":0.1000,"publicationDate":"2022-03-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":"0","resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":null,"PeriodicalName":"I Tatti Studies","FirstCategoryId":"1085","ListUrlMain":"https://doi.org/10.1086/718894","RegionNum":0,"RegionCategory":null,"ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":null,"EPubDate":"","PubModel":"","JCR":"0","JCRName":"MEDIEVAL & RENAISSANCE STUDIES","Score":null,"Total":0}
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Abstract
UNO DEGLI ASPETTI PIÙ INTRIGANTI del giovane Pietro Bembo umanista, anche per l’ampio terreno vergine che ancora offre alla futura ricerca, è rappresentato dall’uso delle lingue classiche come mezzo per costruire e definire la propria identità intellettuale ed autoriale; non solo cioè del Bemboumanista e filologo a noi noto dagli scritti latini (De Aetna, il De Virgili e Terentii fabulis, e il De Guido Ubaldo Feretrio deque Elisabetha Gonzagia Urbini ducibus), quanto anche del Bembo scrittore di letteratura volgare (Rime, Asolani e Prose): una doppia identità in continuo e fluido dialogo, come già notava Dionisotti (cfr. sotto nota 128), per cui fondativa appare l’incidenza dello studio del greco durante e dopo i due anni presso la scuola di Costantino Lascaris a Messina avvenuta, secondo una lettera dello stesso Bembo, dopo quasi un’inspiegabile, improvvisa e pressoché segreta fuga da Venezia, nel 1492. Un’incidenza, quella del greco, che ci è dato oggi compulsare attraverso l’analisi di alcune primizie a noi sopraggiunte di quel biennio fervido di studi, tra cui, in particolare, un’orazione in favore delle lettere greche in cui distinto affiora,