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La decostruzione spirituale dell’Io. L’ambigua ontologia della carne in Merleau-Ponty
Il corpo umano è il terreno sul quale insistono molte delle dinamiche di stampo bioetico che nella loro problematicità morale richiedono una chiarificazione di senso relativa allo statuto ontologico e assiologico dell’umana corporeità. Del resto, il corpo umano, nella sua ambiguità, si situa sempre sul crinale fra l’essere e l’avere, in rapporto alla persona umana, complicando ulteriormente le prassi bioetiche, la cui declinazione morale cambia radicalmente a seconda dell’antropologia di riferimento. Altrettanto ambigua, poi, è la nozione di carne che rischia di essere equivocata nel suo significato apparentemente affine a quello di corpo. Tale nozione, la cui origine risale all’antropologia greca e, poi, biblica, ha trovato una radicalizzazione filosofica nell’ontologia della chair di Maurice Merleau-Ponty. Elevata a categoria di interpretazione dell’umano e, contemporaneamente, del mondano, essa vorrebbe sostituire la nozione di corpo. Ma, assumendo che io sono il mio corpo si può similmente affermare che io sono la mia carne? L’intento del presente saggio è quello di approfondire i rapporti fra persona umana, corpo e carne, mettendo in luce come l’ontologia della carne di Merleau-Ponty riesca, per un verso, a fondare un orizzonte ecologico che riunisce l’io e il mondo in un’unica e solidale famiglia ontologica. Per altro verso, tuttavia, tale concettualizzazione risulta problematica in quanto inserisce nell’antropologia una faglia di anonimato e generalità in cui si afferma un paradigma dell’impersonale, incapace di rendere ragione della specificità spirituale della persona umana e della sua corporeità.