{"title":"Philippe Meirieu,教育学。从陈词滥调到关键概念,罗马:Aracne, ISBN 8825510047, 196页,2018","authors":"E. Bottero","doi":"10.6092/ISSN.1825-8670/8418","DOIUrl":null,"url":null,"abstract":"Da tempo è in crisi la funzione simbolica delle istituzioni. Non è un caso: l’individualismo è il tratto distintivo delle società segnate da decenni di un consumismo sempre più invasivo (Bernard Stiegler lo definisce efficacemente capitalismo pulsionale). Nella scuola in cui prevale l’associazione tra controllo tecnocratico e debole organizzazione non è più possibile contare sull’autorità dell’istituzione per aiutare un insegnante. Anche tra le famiglie si diffonde la sfiducia. Il risultato è che negli ultimi anni abbiamo visto nascere molte iniziative di “scuole alternative” all’istruzione pubblica. La scuola pubblica attuale viene giudicata troppo rigida, poco attenta allo “sviluppo naturale del bambino” e ai suoi interessi, ossessionata da continue prove di valutazione che invece di motivare favorirebbero il cinismo e la competizione. Il termine ricorrente è “libertà di”, un “valore” che si ritiene non venga più soddisfatto nella scuola pubblica. Il successo del libro di Celine Alvarez, insegnante francese,Le leggi naturali del bambino (Mondadori, 2017) e delle conferenze di vedettes internazionali dello show business della pedagogia come Ken Robinson1 non sono eventi casuali. Tutto ciò ha colpito e irritato Philippe Meirieu, anche perché molti luoghi comuni invocati oggi non sono affatto nuovi. Non bisogna dimenticare che era stato proprio Adolphe Ferrière a scrivere circa un secolo fa questi slogan: “La scuola è stata creata su indicazione del diavolo. Il bambino ama la natura: è stato parcheggiato in stanze chiuse. Il bambino vuol vedere che la sua attività sia servita a qualcosa: si è fatto in modo che non avesse alcuno scopo, ecc.”2. Qui a parlare è l’anima mitologica del movimento dell’Éducation Nouvelle. Ad essa non si poteva rinunciare perché offriva motivazioni per impegnarsi a favore di una grande utopia pedagogica: formare l’uomo nuovo capace di vivere in pace con gli altri dopo le tragedie della prima guerra mondiale. Il movimento dell’Éducation Nouvelle però, era anche andato oltre gli slogan. 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Philippe Meirieu, Pedagogia. Dai luoghi comuni ai concetti chiave, Roma: Aracne, ISBN 8825510047, 196 pagine, 2018
Da tempo è in crisi la funzione simbolica delle istituzioni. Non è un caso: l’individualismo è il tratto distintivo delle società segnate da decenni di un consumismo sempre più invasivo (Bernard Stiegler lo definisce efficacemente capitalismo pulsionale). Nella scuola in cui prevale l’associazione tra controllo tecnocratico e debole organizzazione non è più possibile contare sull’autorità dell’istituzione per aiutare un insegnante. Anche tra le famiglie si diffonde la sfiducia. Il risultato è che negli ultimi anni abbiamo visto nascere molte iniziative di “scuole alternative” all’istruzione pubblica. La scuola pubblica attuale viene giudicata troppo rigida, poco attenta allo “sviluppo naturale del bambino” e ai suoi interessi, ossessionata da continue prove di valutazione che invece di motivare favorirebbero il cinismo e la competizione. Il termine ricorrente è “libertà di”, un “valore” che si ritiene non venga più soddisfatto nella scuola pubblica. Il successo del libro di Celine Alvarez, insegnante francese,Le leggi naturali del bambino (Mondadori, 2017) e delle conferenze di vedettes internazionali dello show business della pedagogia come Ken Robinson1 non sono eventi casuali. Tutto ciò ha colpito e irritato Philippe Meirieu, anche perché molti luoghi comuni invocati oggi non sono affatto nuovi. Non bisogna dimenticare che era stato proprio Adolphe Ferrière a scrivere circa un secolo fa questi slogan: “La scuola è stata creata su indicazione del diavolo. Il bambino ama la natura: è stato parcheggiato in stanze chiuse. Il bambino vuol vedere che la sua attività sia servita a qualcosa: si è fatto in modo che non avesse alcuno scopo, ecc.”2. Qui a parlare è l’anima mitologica del movimento dell’Éducation Nouvelle. Ad essa non si poteva rinunciare perché offriva motivazioni per impegnarsi a favore di una grande utopia pedagogica: formare l’uomo nuovo capace di vivere in pace con gli altri dopo le tragedie della prima guerra mondiale. Il movimento dell’Éducation Nouvelle però, era anche andato oltre gli slogan. Aveva affrontato concretamente i temi chiave dell’educazione sperimentando metodi attivi, lavorando sull’interesse e sulla motivazione, proponendo situazioni educative finalizzate, sperimentando