{"title":"施洗约翰·卡龙,殉道者和“尊重自然”在圣克莱门特教堂,在圣克莱门特教堂,施洗约翰·卡龙,殉道者和“自然观察”在圣克莱门特教堂","authors":"L. Magnani","doi":"10.13138/2039-2362/2648","DOIUrl":null,"url":null,"abstract":"Nel panorama del Seicento genovese Giovanni Battista Carlone (1603-1684) si distingue per una copiosa produzione basata su una tecnica sicura, segnalata dalle fonti e dalla critica, e da un duraturo successo, specie nello svolgere i grandi programmi a fresco di Gesuiti, Teatini, Francescani minori in continuita con l’attivita della bottega famigliare. Un successo che resiste anche all’imporsi nel panorama cittadino di un vivace spirito barocco, dalla meta del secolo con Valerio Castello e poi con Domenico Piola. Anche nella produzione ad olio Carlone riesce a imporsi con il suo vivace naturalismo, con la facilita della comprensione delle sue strutture comunicative, con le arguzie di una tecnica capace di descrivere virtuosamente con una ricca pennellata. Negli anni Settanta la serie di tre dipinti con il martirio di San Clemente di Ancira per la cappella commissionata da G.B. Lomellini nella chiesa dell’Annunziata lo mostra ancora estremamente vivace, capace di svolgere un programma in linea con lo sviluppo seicentesco dell’attenzione alle figure dei martiri avviata da Baronio: con un’accentuazione del vigore naturalistico traduce gli efferati patimenti descritti nei Leggendari post tridentini. Se da un lato si collega alla rievocazione paleocristiana e antiquariale, dall’altra, facendo forza sulla memoria del martirio subito dal santo ad Ankara e quindi in territorio a quel momento ottomano, esalta l’interesse della famiglia Lomellini per quel mondo “altro”, rievocandolo attraverso costumi e fisiognomiche. Il tutto pero con una fascinazione potente per due soggetti centrali nella pittura romana di martirio di quasi mezzo secolo prima, i dipinti di Valentin e di Poussin per il transetto destro di San Pietro. L’anziano pittore giunge quindi, fedele ai caratteri della sua arte, a opere convincenti cogliendo aspetti di una pittura alta, di ambito romano e insieme riconsiderando, in fine di carriera, altre significative esperienze maturate nel vivace ambiente genovese. In the panorama of the Genoese seventeenth-century Giovanni Battista Carlone (1603-1684) stands out for a copious production based on a reliable technique, reported by the sources and critics, and for lasting success, especially in carrying out the great fresco programs of Jesuits, Teatini, Minor Franciscans in continuity with the activity of the family workshop. A success that also resists the establishment of a lively Baroque spirit in the city panorama, from the middle of the century with Valerio Castello and then with Domenico Piola. Even in the oil production, Carlone manages to impose himself with his lively naturalism, with the ease of understanding his communicative structures, with the wits of a technique capable of virtuously describing with a rich brushstroke. In the seventies the series of three paintings with the martyrdom of San Clemente di Ancira for the chapel commissioned by G.B. Lomellini in the church of the Annunziata shows him still extremely lively, capable of carrying out a program in line with the seventeenth-century development of attention to the figures of martyrs initiated by Baronio: with an accentuation of naturalistic vigor, he translates the heinous sufferings described in the post-Tridentine Legendaries. If on the one hand it is connected to the early Christian and antiquarian re-enactment, on the other, by relying on the memory of the martyrdom suffered by the saint in Ankara and therefore in Ottoman territory at that time, it enhances the interest of the Lomellini family for that “other” world, recalling it through costumes and physiognomy. All this, however, with a powerful fascination for two central subjects in the Roman martyrdom painting of almost half a century earlier, the paintings by Valentin and Poussin for the right transept of St. Peter. The elderly painter then comes, faithful to the characteristics of his art, to convincing works by capturing aspects of a high-level Roman painting and at the same time reconsidering, at the end of his career, other significant experiences gained in the lively Genoese environment.","PeriodicalId":41662,"journal":{"name":"Capitale Culturale-Studies on the Value of Cultural Heritage","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.2000,"publicationDate":"2021-06-28","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":"0","resultStr":"{\"title\":\"Giovanni Battista Carlone, martirii e “osservanza della natura” nella cappella di San Clemente all’Annunziata del Vastato / Giovanni Battista Carlone, martyrs and \\\"observance of nature\\\" in the chapel of San Clemente all’Annunziata del Vastato\",\"authors\":\"L. 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Lomellini nella chiesa dell’Annunziata lo mostra ancora estremamente vivace, capace di svolgere un programma in linea con lo sviluppo seicentesco dell’attenzione alle figure dei martiri avviata da Baronio: con un’accentuazione del vigore naturalistico traduce gli efferati patimenti descritti nei Leggendari post tridentini. Se da un lato si collega alla rievocazione paleocristiana e antiquariale, dall’altra, facendo forza sulla memoria del martirio subito dal santo ad Ankara e quindi in territorio a quel momento ottomano, esalta l’interesse della famiglia Lomellini per quel mondo “altro”, rievocandolo attraverso costumi e fisiognomiche. Il tutto pero con una fascinazione potente per due soggetti centrali nella pittura romana di martirio di quasi mezzo secolo prima, i dipinti di Valentin e di Poussin per il transetto destro di San Pietro. 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Giovanni Battista Carlone, martirii e “osservanza della natura” nella cappella di San Clemente all’Annunziata del Vastato / Giovanni Battista Carlone, martyrs and "observance of nature" in the chapel of San Clemente all’Annunziata del Vastato
Nel panorama del Seicento genovese Giovanni Battista Carlone (1603-1684) si distingue per una copiosa produzione basata su una tecnica sicura, segnalata dalle fonti e dalla critica, e da un duraturo successo, specie nello svolgere i grandi programmi a fresco di Gesuiti, Teatini, Francescani minori in continuita con l’attivita della bottega famigliare. Un successo che resiste anche all’imporsi nel panorama cittadino di un vivace spirito barocco, dalla meta del secolo con Valerio Castello e poi con Domenico Piola. Anche nella produzione ad olio Carlone riesce a imporsi con il suo vivace naturalismo, con la facilita della comprensione delle sue strutture comunicative, con le arguzie di una tecnica capace di descrivere virtuosamente con una ricca pennellata. Negli anni Settanta la serie di tre dipinti con il martirio di San Clemente di Ancira per la cappella commissionata da G.B. Lomellini nella chiesa dell’Annunziata lo mostra ancora estremamente vivace, capace di svolgere un programma in linea con lo sviluppo seicentesco dell’attenzione alle figure dei martiri avviata da Baronio: con un’accentuazione del vigore naturalistico traduce gli efferati patimenti descritti nei Leggendari post tridentini. Se da un lato si collega alla rievocazione paleocristiana e antiquariale, dall’altra, facendo forza sulla memoria del martirio subito dal santo ad Ankara e quindi in territorio a quel momento ottomano, esalta l’interesse della famiglia Lomellini per quel mondo “altro”, rievocandolo attraverso costumi e fisiognomiche. Il tutto pero con una fascinazione potente per due soggetti centrali nella pittura romana di martirio di quasi mezzo secolo prima, i dipinti di Valentin e di Poussin per il transetto destro di San Pietro. L’anziano pittore giunge quindi, fedele ai caratteri della sua arte, a opere convincenti cogliendo aspetti di una pittura alta, di ambito romano e insieme riconsiderando, in fine di carriera, altre significative esperienze maturate nel vivace ambiente genovese. In the panorama of the Genoese seventeenth-century Giovanni Battista Carlone (1603-1684) stands out for a copious production based on a reliable technique, reported by the sources and critics, and for lasting success, especially in carrying out the great fresco programs of Jesuits, Teatini, Minor Franciscans in continuity with the activity of the family workshop. A success that also resists the establishment of a lively Baroque spirit in the city panorama, from the middle of the century with Valerio Castello and then with Domenico Piola. Even in the oil production, Carlone manages to impose himself with his lively naturalism, with the ease of understanding his communicative structures, with the wits of a technique capable of virtuously describing with a rich brushstroke. In the seventies the series of three paintings with the martyrdom of San Clemente di Ancira for the chapel commissioned by G.B. Lomellini in the church of the Annunziata shows him still extremely lively, capable of carrying out a program in line with the seventeenth-century development of attention to the figures of martyrs initiated by Baronio: with an accentuation of naturalistic vigor, he translates the heinous sufferings described in the post-Tridentine Legendaries. If on the one hand it is connected to the early Christian and antiquarian re-enactment, on the other, by relying on the memory of the martyrdom suffered by the saint in Ankara and therefore in Ottoman territory at that time, it enhances the interest of the Lomellini family for that “other” world, recalling it through costumes and physiognomy. All this, however, with a powerful fascination for two central subjects in the Roman martyrdom painting of almost half a century earlier, the paintings by Valentin and Poussin for the right transept of St. Peter. The elderly painter then comes, faithful to the characteristics of his art, to convincing works by capturing aspects of a high-level Roman painting and at the same time reconsidering, at the end of his career, other significant experiences gained in the lively Genoese environment.