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Abstract
Alla fine della guerra di Candia, i confini lungo la frontiera dalmata rappresentarono una questione di particolare interesse per i Veneziani e gli Ottomani. Questo saggio si sofferma sul ruolo dei dragomanni, figure che, nelle negoziazioni postbelliche relative alla questione confinaria, giocarono una funzione primaria accanto ai rappresentanti diplomatici (l’ambasciatore straordinario per la Serenissima, da una parte, e il gran visir ottomano, dall’altra) e ai due commissari specificamente delegati alla definizione della nuova “linea Nani”. Generalmente, nei testi ufficiali degli accordi diplomatici e confinari i dragomanni appaiono perlopiù nel ruolo di interpreti che essi ricoprivano a livello formale. Tuttavia, sulla base di documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Venezia, è possibile osservare che, lungi dall’essere dei semplici traduttori, i dragomanni assumevano la poliedrica veste ora di intermediari e portavoce dei rappresentanti diplomatici, ora di negoziatori, ora di confidenti e informatori, se non addirittura di spie. Grazie alle capacità linguistiche, alle abilità diplomatiche e agli stretti legami familiari e sociali intessuti con le comunità locali (musulmane e non), essi occupavano una posizione privilegiata all’interno della rete diplomatica e informativa che si estendeva in tutto il Levante ottomano, intrattenendo, in via pressoché esclusiva, un contatto costante e diretto con i ministri e i sudditi del sultano. In particolare, Ambrogio Grillo e Tommaso Tarsia, dragomanni al servizio della Repubblica di Venezia, nonché il “grande dragomanno” del Divano Panaiotis Nikousios, appaiono, secondo la documentazione proveniente dalla Casa del bailo a Costantinopoli, quali veri e propri protagonisti nella conduzione delle difficili trattative diplomatiche e confinarie che seguirono alla guerra di Candia. Pertanto, le negoziazioni postbelliche che questo saggio analizza come emblematico caso di studio sono oltremodo rappresentative del singolare ruolo giocato dai dragomanni che, profittando delle capacità linguistiche ch’essi possedevano in via quasi esclusiva, non erano soltanto in grado di condurre le trattative ma, talora, anche di manipolarle attraverso l’“imbroglio” cui potevano con facilità ricorrere intervenendo strategicamente nel lavoro di traduzione da un idioma all’altro.
期刊介绍:
Review of Croatian History is a scholarly review intended to publish articles in English and other languages related to the history of Croats and their relations with neighbors throughout history.