S. Mori, Laura Di Fiore, Chiara Lucrezio Monticelli, M. Meriggi
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Abstract
Il forum propone una riflessione a più mani sul tema della polizia politica nell'Italia post-napoleonica, che la maturità degli studi su quel comparto strategico dei governi legittimisti sembra ormai consentire. Questa prima messa a punto di taglio comparato vuole cogliere le molte risonanze esistenti fra i dispositivi di controllo politico che, muovendo dalla paradigmatica esperienza rivoluzionaria e napoleonica, gli stati della penisola misero in campo per contrastare le pulsioni eversive dilaganti nell'intero continente con strategie coordinate. L'esame dei casi evidenzia al contempo i profili comuni e le curvature che ciascun governo impresse alle politiche securitarie, tematizzandole in vario modo nel discorso pubblico. Si conferma così, accanto al portato repressivo di questa azione, la duttilità della funzione poliziesca e il ruolo ambivalente che essa giocò nei processi di politicizzazione delle società agli albori della contemporaneità. Per il Regno delle Due Sicilie il contributo di Laura Di Fiore guarda con particolare attenzione alla fase post-quarantottesca, rilevando per un verso l'intensa cooperazione instaurata dal governo borbonico con gli stati confinanti per il contrasto all'attività cospirativa degli esuli, per l'altro la strategia di degradazione del nemico, ovvero della militanza anti-sistema, adottata sul piano retorico. Chiara Lucrezio Monticelli mette a fuoco la peculiare interazione realizzata dallo Stato della Chiesa fra gli ordinamenti di polizia sperimentati nell'incisiva stagione francese e le più tradizionali strutture del controllo ecclesiastico, effetto di un'intensa dialettica interna fra conservazione e riforma. Il Regno Lombardo-Veneto esaminato da Simona Mori mette la polizia politica al servizio del suo progetto imperiale di temperata conservazione, sostanzialmente fallendo nell'intento di egemonizzare i servizi di sicurezza operanti nella penisola, mentre sul versante interno alterna fasi di tolleranza ad altre di rigore, senza riuscire ad arginare l'allargarsi del dissenso. Marco Meriggi conclude con un quadro d'insieme che attinge alla memorialistica, alla letteratura e alle fonti normative, per restituire una rappresentazione multiprospettica della polizia politica che, ridimensionata rispetto al titanismo evocato dalla narrazione risorgimentale, viene a configurarsi come strumento di un complessivo disegno di governo verticale della società, che accomuna i maggiori contesti politici dell'Italia restaurata.