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Una frequentazione sporadica che, tuttavia,mi ha permesso di comprendere lo spessore e la poliedricità del bekground culturale della studiosa;” muovendosi – ha scritto con acutezza Alessandro Mariani tra pedagogia generale, filosofia dell’educazione, didattica interculturale, educazione estetica e letteratura per l’infanzia Giambalvo [...]ha costantemente invitato a pensare la complessa identità della pedagogia (non solo italiana) nella <compossibilità>, luogo elettivo di argomentazioni aperte e antidogmatiche, plurali e interdisciplinari”2. Dalla sua vivacissima curiosità intellettuale scaturiscono sondaggi culturali e riflessioni scientificoteoriche in ambiti disciplinari solo apparentemente lontani, ma tutti riconducibili alla centralità della dimensione educativa. Ed emblematici, in questo senso, appaiono i suoi interessi e i suoi studi, sulla scia di Vito Fazio Allmayer, sull’estetica (Educazione alla singolarità: saggi sull’educazione estetica), i saggi di critica letteraria (Rileggere Kafka), e ancora la narrativa autobiografica (Fra arcobaleno e granito. Frammenti autobiografici; Il trasferimento e altri racconti;Nuovi frammenti autobiografici) sino alla rilettura raffinata e colta dell’identità complessa del burrattino collodiano (Pinocchio. Storia di un burattino che diventa uomo). Se nelle pagine autobiografiche emerge un concetto di autobiografia concepita come elemento tensionale di una pedagogia come cura di sé attraverso i percorsi labirintici della menoria, l’attenzione di Fanny Giambalvo alla letteratura per l’infanzia e, in particolare, al romanzo-fiaba di Carlo Collodi s’inserisce con fine sagacia interpretativa nel folto stuolo dei pedagogisti","PeriodicalId":30519,"journal":{"name":"Studi sulla Formazione","volume":"19 1","pages":"289-291"},"PeriodicalIF":0.0000,"publicationDate":"2016-01-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":"0","resultStr":"{\"title\":\"Tra le pagine di Fanny Giambalvo: echi pedagogici nella letteratura per l’infanzia\",\"authors\":\"F. 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Tra le pagine di Fanny Giambalvo: echi pedagogici nella letteratura per l’infanzia
Sono state poche le occasioni d’incontro con Fanny Giambalvo, per qualche convegno o per una delle sue venute a Firenze, soprattutto dopo il 1992 quando la collaborazione di Franco Cambi divenne più intensa e continua sia alle iniziative delle Fondazione “Vito Fazio Allmayer”, sia alla direzione dell’Archivio della Pedagogia Italiana del Novecento1. Una frequentazione sporadica che, tuttavia,mi ha permesso di comprendere lo spessore e la poliedricità del bekground culturale della studiosa;” muovendosi – ha scritto con acutezza Alessandro Mariani tra pedagogia generale, filosofia dell’educazione, didattica interculturale, educazione estetica e letteratura per l’infanzia Giambalvo [...]ha costantemente invitato a pensare la complessa identità della pedagogia (non solo italiana) nella , luogo elettivo di argomentazioni aperte e antidogmatiche, plurali e interdisciplinari”2. Dalla sua vivacissima curiosità intellettuale scaturiscono sondaggi culturali e riflessioni scientificoteoriche in ambiti disciplinari solo apparentemente lontani, ma tutti riconducibili alla centralità della dimensione educativa. Ed emblematici, in questo senso, appaiono i suoi interessi e i suoi studi, sulla scia di Vito Fazio Allmayer, sull’estetica (Educazione alla singolarità: saggi sull’educazione estetica), i saggi di critica letteraria (Rileggere Kafka), e ancora la narrativa autobiografica (Fra arcobaleno e granito. Frammenti autobiografici; Il trasferimento e altri racconti;Nuovi frammenti autobiografici) sino alla rilettura raffinata e colta dell’identità complessa del burrattino collodiano (Pinocchio. Storia di un burattino che diventa uomo). Se nelle pagine autobiografiche emerge un concetto di autobiografia concepita come elemento tensionale di una pedagogia come cura di sé attraverso i percorsi labirintici della menoria, l’attenzione di Fanny Giambalvo alla letteratura per l’infanzia e, in particolare, al romanzo-fiaba di Carlo Collodi s’inserisce con fine sagacia interpretativa nel folto stuolo dei pedagogisti