C. Caradu (Chef de clinique), E. Ducasse (Professeur des Universités, praticien hospitalier), X. Bérard (Professeur des Universités, praticien hospitalier)
{"title":"Occlusioni aortiche acute","authors":"C. Caradu (Chef de clinique), E. Ducasse (Professeur des Universités, praticien hospitalier), X. Bérard (Professeur des Universités, praticien hospitalier)","doi":"10.1016/S1283-0801(21)45037-5","DOIUrl":null,"url":null,"abstract":"<div><p>L’occlusione aortica acuta (OAA) è rara, ma resta un’urgenza grave in chirurgia vascolare. I segni clinici dipendono dal livello di occlusione e possono essere confusi con un accidente vascolare cerebrale o una patologia neurologica, generando un notevole ritardo diagnostico. Occorre concentrarsi sulla ricerca dell’eziologia, che influisce pesantemente sulla prognosi. L’avvento del catetere di Fogarty ha permesso di ridurre il tasso di mortalità postoperatoria dal 75% al 20% odierno. La prognosi resta comunque infausta e l’epidemiologia si è notevolmente modificata negli ultimi 20 anni, con le trombosi in situ che sorpassano le cause cardioemboliche e insorgono spesso dopo una chirurgia endovascolare. L’angio-TC è divenuta uno strumento diagnostico di elezione e la gestione chirurgica di prima intenzione è la tromboembolectomia con catetere di Fogarty per via femorale bilaterale, ora integrata da un’eventuale procedura endovascolare a seconda del risultato del controllo arteriografico. La sindrome da riperfusione è la sua principale complicanza e può portare alla morte. È necessario prevenirne le conseguenze realizzando delle fasciotomie di scarico, un lavaggio dell’arto e una gestione rianimatoria attiva, che associa diuresi alcalinizzata forzata, correzione dei disturbi metabolici e depurazione extrarenale precoce, se necessario.</p></div>","PeriodicalId":100458,"journal":{"name":"EMC - Tecniche Chirurgiche Vascolare","volume":"26 2","pages":"Pages 1-21"},"PeriodicalIF":0.0000,"publicationDate":"2021-06-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":"0","resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":null,"PeriodicalName":"EMC - Tecniche Chirurgiche Vascolare","FirstCategoryId":"1085","ListUrlMain":"https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1283080121450375","RegionNum":0,"RegionCategory":null,"ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":null,"EPubDate":"","PubModel":"","JCR":"","JCRName":"","Score":null,"Total":0}
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Abstract
L’occlusione aortica acuta (OAA) è rara, ma resta un’urgenza grave in chirurgia vascolare. I segni clinici dipendono dal livello di occlusione e possono essere confusi con un accidente vascolare cerebrale o una patologia neurologica, generando un notevole ritardo diagnostico. Occorre concentrarsi sulla ricerca dell’eziologia, che influisce pesantemente sulla prognosi. L’avvento del catetere di Fogarty ha permesso di ridurre il tasso di mortalità postoperatoria dal 75% al 20% odierno. La prognosi resta comunque infausta e l’epidemiologia si è notevolmente modificata negli ultimi 20 anni, con le trombosi in situ che sorpassano le cause cardioemboliche e insorgono spesso dopo una chirurgia endovascolare. L’angio-TC è divenuta uno strumento diagnostico di elezione e la gestione chirurgica di prima intenzione è la tromboembolectomia con catetere di Fogarty per via femorale bilaterale, ora integrata da un’eventuale procedura endovascolare a seconda del risultato del controllo arteriografico. La sindrome da riperfusione è la sua principale complicanza e può portare alla morte. È necessario prevenirne le conseguenze realizzando delle fasciotomie di scarico, un lavaggio dell’arto e una gestione rianimatoria attiva, che associa diuresi alcalinizzata forzata, correzione dei disturbi metabolici e depurazione extrarenale precoce, se necessario.