A. Campana, M. De Pasquale, Renato Perrotti, M. Ravera, Michele Di Mauro
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Abstract
Le aritmie rappresentano una delle principali complicanze dell’infezione da SARS-CoV-2. È stato riportato che i pazienti COVID-19 ospedalizzati che presentano aritmie hanno un maggior numero di comorbidità e frequentemente sviluppano una malattia più grave. Sono molto limitate, al momento, le conoscenze inerenti le aritmie “lifethreatening” in pazienti con COVID-19 non ospedalizzati. Un paziente di 74 anni, obeso, coronaropatico, portatore di pacemaker, diabetico ed iperteso, si ammalò di COVID nel gennaio 2021. I Sanitari preposti lo assegnarono al trattamento domiciliare con antibiotici, cortisone, eparina sottocute ed ossigeno-terapia. Alcuni esami diagnostici strumentali furono eseguiti dopo la ripetuta negativizzazione del tampone molecolare. La tomografia computerizzata ad alta risoluzione del torace rivelò il quadro di una recente polmonite e l’ecocardiogramma mise in luce verosimili esiti di una pericardite. L’interrogazione del pacemaker evidenziò, inaspettatamente, un sorprendente numero di aritmie ventricolari potenzialmente fatali, tre le quali tachicardie ventricolari sostenute e non sostenute, occorse durante la fase acuta e subacuta della malattia. Considerata la buona funzione contrattile del ventricolo sinistro e la causa transitoria delle aritmie, completamente regredite nei ripetuti follow-up successivi, non si ritenne di procedere ad “upgrade” ad ICD ed il paziente fu indirizzato al monitoraggio remoto (MR). Aritmie minacciose possono verificarsi nei pazienti COVID trattati a domicilio, particolarmente in quelli con comorbidità; nei portatori di pacemaker affetti da infezione da SARS-CoV-2, l’uso del MR può giocare un ruolo decisivo nella diagnosi precoce delle aritmie.