Pub Date : 2023-11-21DOI: 10.17473/1971-6818-2023-3-6
Enrico Perna, Alessandro Verde, Andrea Garascia
L’insufficienza cardiaca è una sindrome clinica complessa, ancora gravata da una prognosi severa, nonostante i progressi della terapia. Le fasi più avanzate dell’insufficienza cardiaca presentano, inoltre, aspetti gestionali di particolare complessità in particolare per i pazienti candidabili a terapia sostitutiva cardiaca. Le assistenze ventricolari sinistre (LVAD) sono ormai un’opzione terapeutica consolidata per i pazienti in scompenso cardiaco avanzato. Nonostante persistano potenziali complicanze la tecnologia ha permesso di raggiungere livelli di sopravvivenza pressoché sovrapponibili al trapianto cardiaco nei primi 2-3 anni post-impianto. La continuità territorio-ospedale è fondamentale per la selezione del paziente e per la realizzazione di una rete di gestione condivisa dopo la dimissione. La continuità va intesa come condivisione di conoscenze per scongiurare il late referral pre- e post-impianto. In Italia la sensibilizzazione al programma VAD è fortemente condizionata dal limitato numero di impianti, dall’assenza di un registro nazionale e di un controllo da parte di un ente centrale.
心力衰竭是一种复杂的临床综合征,尽管治疗手段不断进步,但预后仍然很严重。心力衰竭晚期患者的管理也尤为复杂,尤其是对于那些需要接受心脏替代治疗的患者。左心室辅助装置(LVAD)是目前治疗晚期心衰患者的公认方法。虽然潜在的并发症依然存在,但该技术已使植入后最初 2-3 年的存活率几乎可与心脏移植相媲美。地区与医院之间的连续性对于患者的选择和出院后共享管理网络的建立至关重要。连续性应被理解为知识共享,以避免植入前后的后期转诊。在意大利,对 VAD 计划的认识受到以下因素的严重制约:植入数量有限、缺乏国家登记册和中央机构的控制。
{"title":"Sistemi di assistenza ventricolare, ponte e destinazione. Mai come in questo caso è indispensabile la continuità ospedale territorio","authors":"Enrico Perna, Alessandro Verde, Andrea Garascia","doi":"10.17473/1971-6818-2023-3-6","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-3-6","url":null,"abstract":"L’insufficienza cardiaca è una sindrome clinica complessa, ancora gravata da una prognosi severa, nonostante i progressi della terapia. Le fasi più avanzate dell’insufficienza cardiaca presentano, inoltre, aspetti gestionali di particolare complessità in particolare per i pazienti candidabili a terapia sostitutiva cardiaca. Le assistenze ventricolari sinistre (LVAD) sono ormai un’opzione terapeutica consolidata per i pazienti in scompenso cardiaco avanzato. Nonostante persistano potenziali complicanze la tecnologia ha permesso di raggiungere livelli di sopravvivenza pressoché sovrapponibili al trapianto cardiaco nei primi 2-3 anni post-impianto. La continuità territorio-ospedale è fondamentale per la selezione del paziente e per la realizzazione di una rete di gestione condivisa dopo la dimissione. La continuità va intesa come condivisione di conoscenze per scongiurare il late referral pre- e post-impianto. In Italia la sensibilizzazione al programma VAD è fortemente condizionata dal limitato numero di impianti, dall’assenza di un registro nazionale e di un controllo da parte di un ente centrale.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"39 S1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-11-21","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"139252378","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-11-21DOI: 10.17473/1971-6818-2023-3-8
F. Natale, F. Guarnaccia, Giovanni Cimmino, Chiara Serpico, Giovanbattista Zito, Ugo Oliviero
Introduzione: crescenti evidenze confermano l’esistenza di una relazione lineare tra la riduzione dei livelli di lipoproteine a bassa densità (C-LDL) e l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori. Le più recenti linee guida europee sulla gestione delle dislipidemie suggeriscono, in base al profilo di rischio cardiovascolare del paziente, target di CLDL sempre più ambiziosi. Un valore di C-LDL ≤ 115 mg/dL è auspicabile per i pazienti a rischio cardiovascolare basso mentre per i soggetti a rischio moderato il goal da raggiungere è 100mg/dL. I nutraceutici sono “supplementi alimentari” che possono facilitare l’abbassamento dei livelli di lipidi plasmatici in quei pazienti in cui è sufficiente una riduzione modesta dei valori di C-LDL per raggiungere il target raccomandato. In quest’analisi retrospettiva, è stato valutato l’effetto sulla riduzione dei livelli dei lipidi plasmatici, di un nuovo composto nutraceutico (Liponamed®a base di berberina, bergamotto, vitamina K2, coenzima Q10 e monacoline in quantità inferiore a 3 mg/die) in pazienti con ipercolesterolemia e rischio cardiovascolare da basso a moderato, non trattati con i farmaci tradizionali o altri integratori alimentari. Materiali e metodi: dai database di 16 Cardiologi dell’ARCA (Associazioni Regionali Cardiologi Ambulatoriali), sono stati selezionati in maniera retrospettiva 312 soggetti adulti con ipercolesterolemia e rischio cardiovascolare da basso a moderato in accordo alle linee guida ESC 2019. Tutti i soggetti avevano iniziato una supplementazione alimentare con Liponamed®. Ai tempi 0 e 60° giorno dall’inizio dell’assunzione del nutraceutico sono stati confrontati i dati disponibili riguardanti i livelli plasmatici di C-LDL, C-HDL, trigliceridi, PCR, transaminasi, glicemia ed emoglobina glicosilata (Hb1Ac). Risultati: Al follow-up di 60 giorni, erano disponibili i dati di 269 soggetti su 312. In questi soggetti la somministrazione del nutraceutico è risultata associata a una riduzione significativa dei livelli di C-LDL (145.58 ± 24.86 vs. 118.84 ± 22.92 mg/dL, Δ 18.4%, p < 0.0001) e colesterolo totale (229.93 ± 27.94 vs. 198.32 ± 24.57, Δ 13.7%, p < 0.0001) senza alterazioni dei livelli plasmatici di transaminasi. Nessun effetto collaterale è stato segnalato durante il follow-up. Conclusioni: la nuova formulazione nutraceutica a base di berberina, bergamotto, vitamina K2, coenzima Q10 e monacoline in quantità inferiore a 3 mg/die, è un supplemento alimentare efficace per ottenere una riduzione significativa e precoce fino al 18% dei livelli plasmatici di C-LDL in soggetti a rischio cardiovascolare da basso a moderato.
{"title":"Management del paziente Ipercolesterolemico a rischio basso-moderato: quando il Nutraceutico corre In soccorso dello specialista CARdiologo: lo studio MINICAR","authors":"F. Natale, F. Guarnaccia, Giovanni Cimmino, Chiara Serpico, Giovanbattista Zito, Ugo Oliviero","doi":"10.17473/1971-6818-2023-3-8","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-3-8","url":null,"abstract":"Introduzione: crescenti evidenze confermano l’esistenza di una relazione lineare tra la riduzione dei livelli di lipoproteine a bassa densità (C-LDL) e l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori. Le più recenti linee guida europee sulla gestione delle dislipidemie suggeriscono, in base al profilo di rischio cardiovascolare del paziente, target di CLDL sempre più ambiziosi. Un valore di C-LDL ≤ 115 mg/dL è auspicabile per i pazienti a rischio cardiovascolare basso mentre per i soggetti a rischio moderato il goal da raggiungere è 100mg/dL. I nutraceutici sono “supplementi alimentari” che possono facilitare l’abbassamento dei livelli di lipidi plasmatici in quei pazienti in cui è sufficiente una riduzione modesta dei valori di C-LDL per raggiungere il target raccomandato. In quest’analisi retrospettiva, è stato valutato l’effetto sulla riduzione dei livelli dei lipidi plasmatici, di un nuovo composto nutraceutico (Liponamed®a base di berberina, bergamotto, vitamina K2, coenzima Q10 e monacoline in quantità inferiore a 3 mg/die) in pazienti con ipercolesterolemia e rischio cardiovascolare da basso a moderato, non trattati con i farmaci tradizionali o altri integratori alimentari. Materiali e metodi: dai database di 16 Cardiologi dell’ARCA (Associazioni Regionali Cardiologi Ambulatoriali), sono stati selezionati in maniera retrospettiva 312 soggetti adulti con ipercolesterolemia e rischio cardiovascolare da basso a moderato in accordo alle linee guida ESC 2019. Tutti i soggetti avevano iniziato una supplementazione alimentare con Liponamed®. Ai tempi 0 e 60° giorno dall’inizio dell’assunzione del nutraceutico sono stati confrontati i dati disponibili riguardanti i livelli plasmatici di C-LDL, C-HDL, trigliceridi, PCR, transaminasi, glicemia ed emoglobina glicosilata (Hb1Ac). Risultati: Al follow-up di 60 giorni, erano disponibili i dati di 269 soggetti su 312. In questi soggetti la somministrazione del nutraceutico è risultata associata a una riduzione significativa dei livelli di C-LDL (145.58 ± 24.86 vs. 118.84 ± 22.92 mg/dL, Δ 18.4%, p < 0.0001) e colesterolo totale (229.93 ± 27.94 vs. 198.32 ± 24.57, Δ 13.7%, p < 0.0001) senza alterazioni dei livelli plasmatici di transaminasi. Nessun effetto collaterale è stato segnalato durante il follow-up. Conclusioni: la nuova formulazione nutraceutica a base di berberina, bergamotto, vitamina K2, coenzima Q10 e monacoline in quantità inferiore a 3 mg/die, è un supplemento alimentare efficace per ottenere una riduzione significativa e precoce fino al 18% dei livelli plasmatici di C-LDL in soggetti a rischio cardiovascolare da basso a moderato.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"43 2","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-11-21","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"139253525","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-11-21DOI: 10.17473/1971-6818-2023-3-4
Denise Vergani, Alberto Montoli, C. Brunati, M. Cabibbe, E. Missaglia, E. Minetti
Cuore e reni si influenzano mediante meccanismi di feedback neurormonali, che spiegano l’insorgenza della cosiddetta sindrome cardiorenale. L’insufficienza cardiaca con congestione sistemica è caratterizzata da underfilling arterioso, che determina l’attivazione di neuroipofisi e sistema nervoso simpatico rispettivamente a produrre ADH e angiotensina II. Questi ultimi determinano aumentato riassorbimento di acqua e di sodio, che contribuiscono all’overload di volume, tipico dell’insufficienza cardiaca scompensata. Nei pazienti con scompenso cardiaco avanzato refrattario e contestuale insufficienza renale, persistentemente sintomatici nonostante la terapia medica complessa, la valutazione specialistica congiunta appare la giusta strategia per quanto sinora esposto. La terapia diuretica deve essere individualizzata e strettamente monitorata, sia per verificarne l’efficacia in termini di rimozione di acqua e di sodio, sia per ridurre il rischio di sbilanci elettrolitici. La resistenza al diuretico va affrontata rititolando dosaggi e utilizzando farmaci a diverso sito di azione. Nei casi, meno comuni, di scompenso cardiaco acuto in cui sussista una diuresi non efficace nonostante una terapia diuretica massimale, trova indicazione l’ultrafiltrazione con macchina da emodialisi. Tale metodica non ha dimostrato beneficio come strategia di decongestione precoce nei pazienti con funzione renale conservata. Nei pazienti con scompenso cardiaco cronico caratterizzati da classe NYHA avanzata e insufficienza renale cronica non terminale, può essere valutato l’avvio dell’ultrafiltrazione con la dialisi peritoneale, con l’obiettivo di migliorare la classe NYHA e di ridurre la necessità di visite urgenti per sovraccarico idrico ingravescente e le ospedalizzazioni.
{"title":"Il ruolo del nefrologo nello scompenso cardiaco. Terapia diuretica e metodi ultrafiltrativi","authors":"Denise Vergani, Alberto Montoli, C. Brunati, M. Cabibbe, E. Missaglia, E. Minetti","doi":"10.17473/1971-6818-2023-3-4","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-3-4","url":null,"abstract":"Cuore e reni si influenzano mediante meccanismi di feedback neurormonali, che spiegano l’insorgenza della cosiddetta sindrome cardiorenale. L’insufficienza cardiaca con congestione sistemica è caratterizzata da underfilling arterioso, che determina l’attivazione di neuroipofisi e sistema nervoso simpatico rispettivamente a produrre ADH e angiotensina II. Questi ultimi determinano aumentato riassorbimento di acqua e di sodio, che contribuiscono all’overload di volume, tipico dell’insufficienza cardiaca scompensata. Nei pazienti con scompenso cardiaco avanzato refrattario e contestuale insufficienza renale, persistentemente sintomatici nonostante la terapia medica complessa, la valutazione specialistica congiunta appare la giusta strategia per quanto sinora esposto. La terapia diuretica deve essere individualizzata e strettamente monitorata, sia per verificarne l’efficacia in termini di rimozione di acqua e di sodio, sia per ridurre il rischio di sbilanci elettrolitici. La resistenza al diuretico va affrontata rititolando dosaggi e utilizzando farmaci a diverso sito di azione. Nei casi, meno comuni, di scompenso cardiaco acuto in cui sussista una diuresi non efficace nonostante una terapia diuretica massimale, trova indicazione l’ultrafiltrazione con macchina da emodialisi. Tale metodica non ha dimostrato beneficio come strategia di decongestione precoce nei pazienti con funzione renale conservata. Nei pazienti con scompenso cardiaco cronico caratterizzati da classe NYHA avanzata e insufficienza renale cronica non terminale, può essere valutato l’avvio dell’ultrafiltrazione con la dialisi peritoneale, con l’obiettivo di migliorare la classe NYHA e di ridurre la necessità di visite urgenti per sovraccarico idrico ingravescente e le ospedalizzazioni.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"93 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-11-21","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"139252200","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-11-21DOI: 10.17473/1971-6818-2023-3-7
Fabio Lattanzi, Attilio Lepone, Alessandro Viselli, C. Romano
La terapia diuretica rappresenta un presidio insostituibile nel trattamento dello scompenso cardiaco con segni di ritenzione idrica e congestione. Le linee guida scientifiche sull’argomento classificano questo trattamento come indicazione di Classe I. La raccomandazione è trasversale, perché a differenza degli altri farmaci indicati nella cura dello scompenso, i diuretici sono indicati nella presentazione acuta e nella forma cronica, nello scompenso a frazione di eiezione ridotta, leggermente ridotta o preservata. La Classe di evidenza scientifica di tipo C e l’assenza di indicazioni per la riduzione della mortalità a lungo termine sono conseguenza della netta discrepanza tra il giustificato uso estensivo dei diuretici e la quasi totale assenza di studi prospettici controllati su larga scala che ne documentino l’efficienza clinica. I diuretici dell’ansa, ed in particolare la furosemide, sono utilizzati per risolvere quadri di scompenso cardiaco con sovraccarico idrico e congestione polmonare o periferica. La loro azione si esplica a livello del tubulo renale con un meccanismo di escrezione di sodio ed acqua ed il conseguente effetto decongestionante. Anche le dosi e le modalità di somministrazione dei diuretici sono derivati dalla pratica clinica piuttosto che da studi specifici. In condizioni di scompenso cardiaco con congestione è necessario utilizzare dosi relativamente elevate per raggiungere la soglia diuretica e mantenere la natriuresi di una entità e per tempi adeguati. Dosi elevate sono tuttavia spesso controproducenti perché gravate da effetti collaterali potenzialmente severi, consistenti prevalentemente in alterazioni elettrolitiche e ipotensione arteriosa, e da fenomeni di diuretico-resistenza. Studi di confronto non hanno documentato differenze significative in termini prognostici tra uso di dosi elevate o standard di diuretici, o tra la somministrazione orale od endovena. Dopo la dimissione ospedaliera od in un contesto cronico, la dose di diuretico deve essere adattata alla eventuale persistenza di congestione, verificabile periodicamente con semplici parametri clinici e di laboratorio. Generalmente, la minor dose di diuretico necessario dovrebbe essere prescritta al paziente, fino alla sospensione, nei casi rari di stabile euvolemia. La somministrazione di dosi elevate e ravvicinate, può essere correlata alla diuretico-resistenza, un fenomeno prognosticamente sfavorevole e di origine eterogenea, a cui possono contribuire diversi fattori che includono condizioni emodinamiche, aspetti farmacocinetici e farmacodinamici, attivazione neuro-ormonale e rimodellamento del nefrone. Un aumento delle dosi o l’associazione con altre classi di diuretici, come i diuretici tiazidici, con effetto sequenziale, sono approcci che possono contribuire a risolvere la diuretico-resistenza. In casi di scarsa natriuresi e sovraccarico idrico persistente, è possibile considerare la somministrazione periodica di diuretico endovena in regime ambulatoriale o
{"title":"Gestione ottimale della terapia diuretica nello scompenso cardiaco, dalla fase acuta al lungo termine","authors":"Fabio Lattanzi, Attilio Lepone, Alessandro Viselli, C. Romano","doi":"10.17473/1971-6818-2023-3-7","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-3-7","url":null,"abstract":"La terapia diuretica rappresenta un presidio insostituibile nel trattamento dello scompenso cardiaco con segni di ritenzione idrica e congestione. Le linee guida scientifiche sull’argomento classificano questo trattamento come indicazione di Classe I. La raccomandazione è trasversale, perché a differenza degli altri farmaci indicati nella cura dello scompenso, i diuretici sono indicati nella presentazione acuta e nella forma cronica, nello scompenso a frazione di eiezione ridotta, leggermente ridotta o preservata. La Classe di evidenza scientifica di tipo C e l’assenza di indicazioni per la riduzione della mortalità a lungo termine sono conseguenza della netta discrepanza tra il giustificato uso estensivo dei diuretici e la quasi totale assenza di studi prospettici controllati su larga scala che ne documentino l’efficienza clinica. I diuretici dell’ansa, ed in particolare la furosemide, sono utilizzati per risolvere quadri di scompenso cardiaco con sovraccarico idrico e congestione polmonare o periferica. La loro azione si esplica a livello del tubulo renale con un meccanismo di escrezione di sodio ed acqua ed il conseguente effetto decongestionante. Anche le dosi e le modalità di somministrazione dei diuretici sono derivati dalla pratica clinica piuttosto che da studi specifici. In condizioni di scompenso cardiaco con congestione è necessario utilizzare dosi relativamente elevate per raggiungere la soglia diuretica e mantenere la natriuresi di una entità e per tempi adeguati. Dosi elevate sono tuttavia spesso controproducenti perché gravate da effetti collaterali potenzialmente severi, consistenti prevalentemente in alterazioni elettrolitiche e ipotensione arteriosa, e da fenomeni di diuretico-resistenza. Studi di confronto non hanno documentato differenze significative in termini prognostici tra uso di dosi elevate o standard di diuretici, o tra la somministrazione orale od endovena. Dopo la dimissione ospedaliera od in un contesto cronico, la dose di diuretico deve essere adattata alla eventuale persistenza di congestione, verificabile periodicamente con semplici parametri clinici e di laboratorio. Generalmente, la minor dose di diuretico necessario dovrebbe essere prescritta al paziente, fino alla sospensione, nei casi rari di stabile euvolemia. La somministrazione di dosi elevate e ravvicinate, può essere correlata alla diuretico-resistenza, un fenomeno prognosticamente sfavorevole e di origine eterogenea, a cui possono contribuire diversi fattori che includono condizioni emodinamiche, aspetti farmacocinetici e farmacodinamici, attivazione neuro-ormonale e rimodellamento del nefrone. Un aumento delle dosi o l’associazione con altre classi di diuretici, come i diuretici tiazidici, con effetto sequenziale, sono approcci che possono contribuire a risolvere la diuretico-resistenza. In casi di scarsa natriuresi e sovraccarico idrico persistente, è possibile considerare la somministrazione periodica di diuretico endovena in regime ambulatoriale o ","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"178 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-11-21","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"139251224","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-11-21DOI: 10.17473/1971-6818-2023-3-9
Angelica Cersosimo, Riccardo Raddino
La miocardite acuta è una rara ma clinicamente significativa potenziale complicanza della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19), causata dal virus della sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2). La miocardite COVID-19 correlata sembra avere meccanismi fisiopatologici e caratteristiche infiammatorie peculiari. Recenti studi hanno significativamente contribuito alla comprensione di prevalenza, caratteristiche cliniche e significato prognostico della patologia, mediante utilizzo sistematico di risonanza magnetica nucleare cardiaca e l’analisi di ampie popolazioni di pazienti ospedalizzati per COVID-19. Sono inoltre disponibili i risultati di studi che hanno valutato la sicurezza del ritorno all’attività sportiva dopo COVID-19 e il rischio di miocardite correlata a vaccinazione COVID19. La nostra revisione si propone di riassumere le nuove evidenze a tal riguardo.
{"title":"Miocardite acuta COVID-19 correlata: una revisione della letteratura","authors":"Angelica Cersosimo, Riccardo Raddino","doi":"10.17473/1971-6818-2023-3-9","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-3-9","url":null,"abstract":"La miocardite acuta è una rara ma clinicamente significativa potenziale complicanza della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19), causata dal virus della sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2). La miocardite COVID-19 correlata sembra avere meccanismi fisiopatologici e caratteristiche infiammatorie peculiari. Recenti studi hanno significativamente contribuito alla comprensione di prevalenza, caratteristiche cliniche e significato prognostico della patologia, mediante utilizzo sistematico di risonanza magnetica nucleare cardiaca e l’analisi di ampie popolazioni di pazienti ospedalizzati per COVID-19. Sono inoltre disponibili i risultati di studi che hanno valutato la sicurezza del ritorno all’attività sportiva dopo COVID-19 e il rischio di miocardite correlata a vaccinazione COVID19. La nostra revisione si propone di riassumere le nuove evidenze a tal riguardo.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"35 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-11-21","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"139250812","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-11-21DOI: 10.17473/1971-6818-2023-3-5
F. L. Dini
Lo scompenso cardiaco è una condizione progressiva che conduce alla riduzione della portata cardiaca e/o all’elevazione delle pressioni di riempimento del ventricolo sinistro. Risulta tuttavia complesso valutare la gravità del quadro clinico solamente sulla base dei dati clinici. La classificazione originale Diamond-Forrester, basata sui parametri emodinamici del cateterismo destro, permette di ricavare informazioni sulla portata cardiaca e riconoscere la presenza di segni indiretti di congestione polmonare. Essa è stata introdotta per valutare la gravità e trattare i pazienti, classificandoli in categorie denominate: warm/dry, cold/dry, warm/wetecold/wet. Più recentemente la valutazione invasiva del profilo emodinamico è stata sostituita da valutazioni non invasive ottenute con l’ecocardiografia. È possibile ricavare così stime del flusso anterogrado (portata cardiaca) e della pressione di riempimento del ventricolo sinistro sia in casi acuti che cronici. Questa classificazione può essere utilizzata per identificare i pazienti ad alto rischio di eventi avversi, eventualmente in associazione alla valutazione dei peptidi natriuretici (PN), e per personalizzare la terapia per antagonizzare i sistemi neuroumorali, ridurre la congestione e preservare la perfusione tissutale e renale. I maggiori benefici della terapia medica condotta in accordo alle Linee Guida sono da attendersi nei pazienti con profilo warm-dry, che sono quelli che più frequentemente rispondono con il rimodellamento ventricolare inverso, mentre trattamenti più selettivi e personalizzati guidati dall’ecocardiografia e dai PN sono necessari in pazienti con congestione persistente e/o ipoperfusione tissutale e renale per raggiungere gli obiettivi terapeutici e per evitare la stimolazione ulteriore dei sistemi neuroumorali come effetto dell’uso inappropriato di farmaci vasodilatatori o inotropi negativi. Pertanto, il monitoraggio emodinamico attraverso indicatori clinici, strumentali e bioumorali permette l’implementazione della terapia attraverso la personalizzazione del trattamento farmacologico e degli interventi.
{"title":"L’ottimizzazione della terapia basata sull’integrazione dell’ecocardiografia e dei peptidi natriuretici in pazienti ambulatoriali con scompenso cardiaco","authors":"F. L. Dini","doi":"10.17473/1971-6818-2023-3-5","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-3-5","url":null,"abstract":"Lo scompenso cardiaco è una condizione progressiva che conduce alla riduzione della portata cardiaca e/o all’elevazione delle pressioni di riempimento del ventricolo sinistro. Risulta tuttavia complesso valutare la gravità del quadro clinico solamente sulla base dei dati clinici. La classificazione originale Diamond-Forrester, basata sui parametri emodinamici del cateterismo destro, permette di ricavare informazioni sulla portata cardiaca e riconoscere la presenza di segni indiretti di congestione polmonare. Essa è stata introdotta per valutare la gravità e trattare i pazienti, classificandoli in categorie denominate: warm/dry, cold/dry, warm/wetecold/wet. Più recentemente la valutazione invasiva del profilo emodinamico è stata sostituita da valutazioni non invasive ottenute con l’ecocardiografia. È possibile ricavare così stime del flusso anterogrado (portata cardiaca) e della pressione di riempimento del ventricolo sinistro sia in casi acuti che cronici. Questa classificazione può essere utilizzata per identificare i pazienti ad alto rischio di eventi avversi, eventualmente in associazione alla valutazione dei peptidi natriuretici (PN), e per personalizzare la terapia per antagonizzare i sistemi neuroumorali, ridurre la congestione e preservare la perfusione tissutale e renale. I maggiori benefici della terapia medica condotta in accordo alle Linee Guida sono da attendersi nei pazienti con profilo warm-dry, che sono quelli che più frequentemente rispondono con il rimodellamento ventricolare inverso, mentre trattamenti più selettivi e personalizzati guidati dall’ecocardiografia e dai PN sono necessari in pazienti con congestione persistente e/o ipoperfusione tissutale e renale per raggiungere gli obiettivi terapeutici e per evitare la stimolazione ulteriore dei sistemi neuroumorali come effetto dell’uso inappropriato di farmaci vasodilatatori o inotropi negativi. Pertanto, il monitoraggio emodinamico attraverso indicatori clinici, strumentali e bioumorali permette l’implementazione della terapia attraverso la personalizzazione del trattamento farmacologico e degli interventi.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"87 5","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-11-21","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"139251974","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-11-21DOI: 10.17473/1971-6818-2023-3-2
A. Boccanelli
La classificazione dello scompenso cardiaco (SC) secondo i livelli di frazione di eiezione (FE) non è sufficiente per un corretto inquadramento clinico e per le scelte terapeutiche. Nonostante questo, la suddivisione nelle diverse fasce di FE (FE ridotta, moderatamente ridotta, preservata – HFrEF, HFmrEF, HfpEF) è utile per un iniziale inquadramento fisiopatologico e in quanto le scelte terapeutiche dettate dalle Linee Guida sono nate dai trial basati su questo tipo di classificazione. Un migliore orientamento alle scelte terapeutiche si ottiene associando al valore di FE la stadiazione clinica e la sua evoluzione, nonché la considerazione della eziologia e fisiopatologia del caso individuale e delle comorbosità. È opportuno associare alla suddivisione in tre categorie quella della FE modificata dalla terapia o dalla storia naturale (FE migliorata o peggiorata), per considerare la necessità di adattare le cure alle condizioni variate nel tempo. Per quanto riguarda HFrEF le Linee Guida europee, canadesi e americane, pur riconoscendo in modo unanime le quattro categorie di farmaci essenziali (ARNI, BB, MRA, SGLT2i) differiscono leggermente sui tempi e modalità di titolazione alle dosi indicate come efficaci. La categoria più complessa, ed in aumento epidemiologico, è quella con FE preservata, nella quale confluiscono situazioni cliniche molto eterogenee, da individuare con attenzione per personalizzare la cura. La categoria dei farmaci SGLT2i si è dimostrata efficace in tutte le categorie di FE, per cui oggi è sufficiente la diagnosi di SC, indipendentemente dal valore di FE, per dover utilizzare questa terapia.
根据射血分数(FE)水平对心力衰竭(HF)进行分类并不足以确定正确的临床框架和治疗方案。尽管如此,将射血分数划分为不同的等级(射血分数降低、中度降低、保留 - HFrEF、HFmrEF、HfpEF)对于初步的生理病理框架还是很有用的,因为《指南》所规定的治疗选择是基于这种分类的试验得出的。将 FE 值与临床分期及其演变联系起来,并考虑个体病例的病因学和病理生理学以及合并症,可以更好地指导治疗选择。将 FE 值与治疗或自然病史(FE 值改善或恶化)改变的 FE 值分为三类是合适的,这样可以考虑到根据随时间变化的病情调整治疗的需要。关于 HFrEF,欧洲、加拿大和美国的指南虽然一致认可四种基本药物类别(ARNI、BB、MRA、SGLT2i),但在何时以及如何滴定到有效剂量的问题上略有不同。最复杂的一类药物,也是流行病学上越来越多的一类药物,是保留 FE 的药物,其中汇集了非常不同的临床情况,必须仔细鉴别,以便进行个性化治疗。事实证明,SGLT2i 类药物对所有类型的 FE 都有效,因此,如今只要诊断出 SC,无论 FE 值如何,都可以使用这种疗法。
{"title":"I fenotipi dello scompenso cardiaco: HFrEF, HFmrEF, HfpEF. Diagnosi, prognosi e terapie differenziali","authors":"A. Boccanelli","doi":"10.17473/1971-6818-2023-3-2","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-3-2","url":null,"abstract":"La classificazione dello scompenso cardiaco (SC) secondo i livelli di frazione di eiezione (FE) non è sufficiente per un corretto inquadramento clinico e per le scelte terapeutiche. Nonostante questo, la suddivisione nelle diverse fasce di FE (FE ridotta, moderatamente ridotta, preservata – HFrEF, HFmrEF, HfpEF) è utile per un iniziale inquadramento fisiopatologico e in quanto le scelte terapeutiche dettate dalle Linee Guida sono nate dai trial basati su questo tipo di classificazione. Un migliore orientamento alle scelte terapeutiche si ottiene associando al valore di FE la stadiazione clinica e la sua evoluzione, nonché la considerazione della eziologia e fisiopatologia del caso individuale e delle comorbosità. È opportuno associare alla suddivisione in tre categorie quella della FE modificata dalla terapia o dalla storia naturale (FE migliorata o peggiorata), per considerare la necessità di adattare le cure alle condizioni variate nel tempo. Per quanto riguarda HFrEF le Linee Guida europee, canadesi e americane, pur riconoscendo in modo unanime le quattro categorie di farmaci essenziali (ARNI, BB, MRA, SGLT2i) differiscono leggermente sui tempi e modalità di titolazione alle dosi indicate come efficaci. La categoria più complessa, ed in aumento epidemiologico, è quella con FE preservata, nella quale confluiscono situazioni cliniche molto eterogenee, da individuare con attenzione per personalizzare la cura. La categoria dei farmaci SGLT2i si è dimostrata efficace in tutte le categorie di FE, per cui oggi è sufficiente la diagnosi di SC, indipendentemente dal valore di FE, per dover utilizzare questa terapia.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"214 ","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-11-21","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"139250770","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-11-21DOI: 10.17473/1971-6818-2023-3-1
Gianfranco Sinagra, Maddalena Rossi, Carla Indennidate, Marco Cittar, Marco Masè, Carola Pio loco, M. Merlo
Negli ultimi dieci anni il numero di terapie farmacologiche per il trattamento dell’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta è quasi raddoppiato. Inoltre, e per la prima volta, una nuova classe di farmaci ha dimostrato di migliorare la prognosi in pazienti con insufficienza cardiaca a frazione d’eiezione lievemente ridotta o preservata, e sono state sviluppate nuove terapie per la cardiomiopatia ipertrofica e l’amiloidosi cardiaca. È quindi fondamentale che il Cardiologo clinico, muovendo dalle indicazioni delle linee-guida, “disegni” una strategia terapeutica personalizzata, adatta al profilo peculiare del paziente che ha di fronte, in termini di eziologia e traiettoria dell’insufficienza cardiaca, di profilo emodinamico e tollerabilità (in base a funzione renale, iperpotassiemia, eventuale presenza di fibrillazione atriale, comorbidità). In questo articolo riassumiamo le più recenti evidenze in questo ambito, con l’obiettivo di offrire una risposta ai dilemmi della pratica clinica quotidiana.
{"title":"Lo scompenso cardiaco negli ultimi anni: nuove frontiere","authors":"Gianfranco Sinagra, Maddalena Rossi, Carla Indennidate, Marco Cittar, Marco Masè, Carola Pio loco, M. Merlo","doi":"10.17473/1971-6818-2023-3-1","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-3-1","url":null,"abstract":"Negli ultimi dieci anni il numero di terapie farmacologiche per il trattamento dell’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta è quasi raddoppiato. Inoltre, e per la prima volta, una nuova classe di farmaci ha dimostrato di migliorare la prognosi in pazienti con insufficienza cardiaca a frazione d’eiezione lievemente ridotta o preservata, e sono state sviluppate nuove terapie per la cardiomiopatia ipertrofica e l’amiloidosi cardiaca. È quindi fondamentale che il Cardiologo clinico, muovendo dalle indicazioni delle linee-guida, “disegni” una strategia terapeutica personalizzata, adatta al profilo peculiare del paziente che ha di fronte, in termini di eziologia e traiettoria dell’insufficienza cardiaca, di profilo emodinamico e tollerabilità (in base a funzione renale, iperpotassiemia, eventuale presenza di fibrillazione atriale, comorbidità). In questo articolo riassumiamo le più recenti evidenze in questo ambito, con l’obiettivo di offrire una risposta ai dilemmi della pratica clinica quotidiana.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"10 3","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-11-21","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"139254387","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-11-21DOI: 10.17473/1971-6818-2023-3-3
Alberto Genovesi Ebert
La riduzione della funzione sistolica ventricolare sinistra per molti anni è stata il centro della sindrome scompenso cardiaco e, conseguentemente, l’obiettivo terapeutico è stato l’incremento della funzione di pompa. L’impatto prognostico negativo di quasi tutti i farmaci inotropi e l’osservazione che l’ipertono simpatico si associasse al peggioramento della prognosi hanno suggerito che il sistema neuroumorale avesse un ruolo chiave e che la sua modulazione potesse essere utile. L’uso dei betabloccanti, farmaci dotati di effetto inotropo negativo, seppur apparentemente paradossale, ha avuto successo nei grandi studi clinici che hanno reso questi farmaci una pietra angolare della terapia dello CHF. Carvedilolo, Metoprololo CR/XL e Bisoprololo sono i farmaci testati con successo negli studi. La terapia deve cominciare da bassi dosaggi con un aumento graduale delle dosi fino al raggiungimento di una frequenza cardiaca attorno a 50-60 battiti/minuto nei pazienti in ritmo sinusale. La fibrillazione atriale, l’età avanzata, il diabete mellito e la broncopneumopatia cronica ostruttiva non rappresentano una controindicazione. Anche l’insufficienza cardiaca acuta, la necessità di farmaci inotropi e la stenosi aortica non rappresentano controindicazioni assolute all’uso dei betabloccanti poiché dati osservazionali suggeriscono che i betabloccanti conferiscano vantaggi anche in queste condizioni cliniche che, tuttavia, meritano particolare attenzione e meditata valutazione clinica.
{"title":"L’apparente paradosso del betablocco nell’insufficienza cardiaca. Un tuffo nel passato … sempre attuale","authors":"Alberto Genovesi Ebert","doi":"10.17473/1971-6818-2023-3-3","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-3-3","url":null,"abstract":"La riduzione della funzione sistolica ventricolare sinistra per molti anni è stata il centro della sindrome scompenso cardiaco e, conseguentemente, l’obiettivo terapeutico è stato l’incremento della funzione di pompa. L’impatto prognostico negativo di quasi tutti i farmaci inotropi e l’osservazione che l’ipertono simpatico si associasse al peggioramento della prognosi hanno suggerito che il sistema neuroumorale avesse un ruolo chiave e che la sua modulazione potesse essere utile. L’uso dei betabloccanti, farmaci dotati di effetto inotropo negativo, seppur apparentemente paradossale, ha avuto successo nei grandi studi clinici che hanno reso questi farmaci una pietra angolare della terapia dello CHF. Carvedilolo, Metoprololo CR/XL e Bisoprololo sono i farmaci testati con successo negli studi. La terapia deve cominciare da bassi dosaggi con un aumento graduale delle dosi fino al raggiungimento di una frequenza cardiaca attorno a 50-60 battiti/minuto nei pazienti in ritmo sinusale. La fibrillazione atriale, l’età avanzata, il diabete mellito e la broncopneumopatia cronica ostruttiva non rappresentano una controindicazione. Anche l’insufficienza cardiaca acuta, la necessità di farmaci inotropi e la stenosi aortica non rappresentano controindicazioni assolute all’uso dei betabloccanti poiché dati osservazionali suggeriscono che i betabloccanti conferiscano vantaggi anche in queste condizioni cliniche che, tuttavia, meritano particolare attenzione e meditata valutazione clinica.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"91 2","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-11-21","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"139251433","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-09-04DOI: 10.17473/1971-6818-2023-2-1
Maria Grazia Delle Donne, Raffaele De Caterina
Il trattamento medico delle neoplasie prevede l’utilizzo di varie classi di farmaci oncologici in base alla tipologia del tumore. Questi trattamenti hanno permesso di curare o migliorare il quadro oncologico; tuttavia, sono associati a effetti avversi a livello di diversi distretti, e tra questi sta assumendo sempre più rilevanza la tossicità cardiovascolare. La tossicità cardiovascolare da chemioterapici può manifestarsi con presentazioni cliniche multiple e proteiformi, tra cui: aritmie, miocarditi e miocardiopatie con conseguente disfunzione ventricolare sinistra e insufficienza cardiaca, accelerazione dell’aterosclerosi coronarica con ischemia miocardica e sindromi coronariche acute, versamenti pericardici e pericarditi, ipertensione arteriosa. È oggi chiaro che la diagnosi precoce di tali condizioni, prima che possano comparire segni e sintomi clinici, è fondamentale per evitare la progressione e la cronicizzazione del quadro patologico, per impedire che il danno determinato risulti irreversibile e per trattare la condizione cardiologica in maniera adeguata, evitando, quando possibile, di sospendere le terapie oncologiche. Le tecniche di imaging cardiaco sono al primo posto tra le metodiche per la rilevazione della cardiotossicità da chemioterapici, e ampiamente utilizzate nei pazienti da sottoporre o sottoposti a tali terapie. Tuttavia, i parametri più comunemente usati, come la frazione di eiezione ventricolare sinistra, sono marcatori tardivi, e quando compromessi denotano un danno miocardico già in fase discretamente avanzata. Per una diagnosi precoce è importante la conoscenza e l’implementazione di analisi più raffinate, emerse di recente. Per la diagnosi precoce di cardiotossicità da chemioterapici e il monitoraggio della terapia sono inoltre utili sia biomarcatori già noti, come la troponina e i peptidi natriuretici, o emergenti, che vanno conosciuti, ancora indagati, e poi valorizzati. La valutazione dello stato funzionale riveste particolare importanza nel paziente anziano, allo scopo di garantire il migliore approccio diagnostico terapeutico e limitare il più possibile i danni derivanti da terapie eccessivamente invasive.
{"title":"Introduzione","authors":"Maria Grazia Delle Donne, Raffaele De Caterina","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-1","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-1","url":null,"abstract":"Il trattamento medico delle neoplasie prevede l’utilizzo di varie classi di farmaci oncologici in base alla tipologia del tumore. Questi trattamenti hanno permesso di curare o migliorare il quadro oncologico; tuttavia, sono associati a effetti avversi a livello di diversi distretti, e tra questi sta assumendo sempre più rilevanza la tossicità cardiovascolare. La tossicità cardiovascolare da chemioterapici può manifestarsi con presentazioni cliniche multiple e proteiformi, tra cui: aritmie, miocarditi e miocardiopatie con conseguente disfunzione ventricolare sinistra e insufficienza cardiaca, accelerazione dell’aterosclerosi coronarica con ischemia miocardica e sindromi coronariche acute, versamenti pericardici e pericarditi, ipertensione arteriosa. È oggi chiaro che la diagnosi precoce di tali condizioni, prima che possano comparire segni e sintomi clinici, è fondamentale per evitare la progressione e la cronicizzazione del quadro patologico, per impedire che il danno determinato risulti irreversibile e per trattare la condizione cardiologica in maniera adeguata, evitando, quando possibile, di sospendere le terapie oncologiche. Le tecniche di imaging cardiaco sono al primo posto tra le metodiche per la rilevazione della cardiotossicità da chemioterapici, e ampiamente utilizzate nei pazienti da sottoporre o sottoposti a tali terapie. Tuttavia, i parametri più comunemente usati, come la frazione di eiezione ventricolare sinistra, sono marcatori tardivi, e quando compromessi denotano un danno miocardico già in fase discretamente avanzata. Per una diagnosi precoce è importante la conoscenza e l’implementazione di analisi più raffinate, emerse di recente. Per la diagnosi precoce di cardiotossicità da chemioterapici e il monitoraggio della terapia sono inoltre utili sia biomarcatori già noti, come la troponina e i peptidi natriuretici, o emergenti, che vanno conosciuti, ancora indagati, e poi valorizzati. La valutazione dello stato funzionale riveste particolare importanza nel paziente anziano, allo scopo di garantire il migliore approccio diagnostico terapeutico e limitare il più possibile i danni derivanti da terapie eccessivamente invasive.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"38 1","pages":"0"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"135402712","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}