È ormai noto che i farmaci presentano una diversa efficacia e tossicità nei due sessi. Il “sessoma”, ovvero l’insieme degli effetti indotti dal sesso sul network genico e sui sistemi cellulari, è alla base delle principali differenze tra i sessi in termini di farmacocinetica e farmacodinamica e tali differenze sono in parte reversibili. In generale il sesso femminile presenta un minore assorbimento, metabolismo ed eliminazione dei farmaci, che provocano maggiori effetti collaterali e necessitano di dosaggi minori. Dal 2014 viene pertanto raccomandato di contemplare una pari presenza dei due generi negli studi clinici, dal momento che la partecipazione maschile è sempre stata prevalente. Lo scopo di questa survey è stato di esplorare il livello di conoscenza e consapevolezza dei diabetologi italiani sul diverso funzionamento dei farmaci di più comune utilizzo per la cura e prevenzione del diabete e delle sue complicanze nei due generi. Coerentemente al periodo storico è stato incluso anche un approfondimento sui vaccini anti Sars-Cov2. La survey, che includeva quindici quesiti a risposta multipla, è stata indirizzata via mail ai membri dell’Associazione medici diabetologi (AMD) nei mesi di maggio e giugno 2022. Centoventotto diabetologi operanti nelle strutture del sistema sanitario di tutto il territorio nazionale hanno risposto alla survey. Le risposte con maggiore incertezza riguardavano l’utilizzo di farmaci ‘cardiovascolari’, in particolare spironolattone ed anti-ipertensivi, mentre le conoscenze più sicure riguardavano gli ipoglicemizzanti, in particolare la metformina. Gli effetti del vaccino anti Sars-Cov2 nei due generi erano poco noti. Pur con i limiti della scarsa numerosità del campione (128 partecipanti, circa il 10% degli iscritti AMD), la survey “genere e farmaci” ha evidenziato la necessità di informare e formare i diabetologi sulla differente risposta ai farmaci nei due sessi, oltre al bisogno di avviare e sviluppare un processo di sensibilizzazione e ricerca che porti alla stesura di indicazioni rigorose e specifiche su dosaggi, efficacia ed effetti collaterali dei farmaci correlati al sesso. Questo approccio è alla base della promozione dell’equità di genere nella salute. PAROLE CHIAVE genere; farmaci; conoscenze; equità.
{"title":"What do we know about drug functioning according to gender? The results of the “Drugs and Gender” survey","authors":"None Brun, E.","doi":"10.36171/jamd23.26.2.10","DOIUrl":"https://doi.org/10.36171/jamd23.26.2.10","url":null,"abstract":"È ormai noto che i farmaci presentano una diversa efficacia e tossicità nei due sessi. Il “sessoma”, ovvero l’insieme degli effetti indotti dal sesso sul network genico e sui sistemi cellulari, è alla base delle principali differenze tra i sessi in termini di farmacocinetica e farmacodinamica e tali differenze sono in parte reversibili. In generale il sesso femminile presenta un minore assorbimento, metabolismo ed eliminazione dei farmaci, che provocano maggiori effetti collaterali e necessitano di dosaggi minori. Dal 2014 viene pertanto raccomandato di contemplare una pari presenza dei due generi negli studi clinici, dal momento che la partecipazione maschile è sempre stata prevalente. Lo scopo di questa survey è stato di esplorare il livello di conoscenza e consapevolezza dei diabetologi italiani sul diverso funzionamento dei farmaci di più comune utilizzo per la cura e prevenzione del diabete e delle sue complicanze nei due generi. Coerentemente al periodo storico è stato incluso anche un approfondimento sui vaccini anti Sars-Cov2. La survey, che includeva quindici quesiti a risposta multipla, è stata indirizzata via mail ai membri dell’Associazione medici diabetologi (AMD) nei mesi di maggio e giugno 2022. Centoventotto diabetologi operanti nelle strutture del sistema sanitario di tutto il territorio nazionale hanno risposto alla survey. Le risposte con maggiore incertezza riguardavano l’utilizzo di farmaci ‘cardiovascolari’, in particolare spironolattone ed anti-ipertensivi, mentre le conoscenze più sicure riguardavano gli ipoglicemizzanti, in particolare la metformina. Gli effetti del vaccino anti Sars-Cov2 nei due generi erano poco noti. Pur con i limiti della scarsa numerosità del campione (128 partecipanti, circa il 10% degli iscritti AMD), la survey “genere e farmaci” ha evidenziato la necessità di informare e formare i diabetologi sulla differente risposta ai farmaci nei due sessi, oltre al bisogno di avviare e sviluppare un processo di sensibilizzazione e ricerca che porti alla stesura di indicazioni rigorose e specifiche su dosaggi, efficacia ed effetti collaterali dei farmaci correlati al sesso. Questo approccio è alla base della promozione dell’equità di genere nella salute. PAROLE CHIAVE genere; farmaci; conoscenze; equità.","PeriodicalId":479929,"journal":{"name":"J. AMD","volume":"12 1","pages":"0"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"134994360","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
I pazienti con il diabete mellito ad eziologia autoimmune presentano una certa variabilità dal punto di vista epidemiologico, patogenetico e del decorso clinico. All’interno di questa varietà fenotipica è stato descritto il LADA, una forma di diabete autoimmune a decorso latente, con insorgenza nell’età adulta e progressione verso la terapia insulinica più lenta rispetto alla forma classica di diabete di tipo 1. I criteri diagnostici proposti per il LADA sono una età di insorgenza dopo i 30 anni, la positività anticorpale, la non necessità di insulina per almeno sei mesi dalla diagnosi. Tuttavia, nella pratica clinica è esperienza comune osservare come l’età di insorgenza presenti un’ampia sovrapposizione con altre forme di diabete, come nel corso della storia della malattia la positività degli anticorpi del diabete possa essere mutevole e come non esistano criteri condivisi che indichino la tempistica di inizio della terapia insulinica dopo la diagnosi di diabete. D’altro canto, identificare correttamente i pazienti con diabete autoimmune è fondamentale sia dal punto di vista clinico, per offrire loro il migliore approccio terapeutico, sia in fase pre-clinica per la disponibilità nel prossimo futuro di immunoterapie che possano ritardare l’insorgenza della fase disglicemica del diabete. Questa rassegna si focalizza pertanto sulle caratteristiche cliniche del LADA e sulle possibili strategie per identificare i pazienti con questo tipo di diabete, al fine di offrire loro le opzioni terapeutiche che, oltre all’ottenimento di un compenso glicemico adeguato, abbiano lo scopo di preservare la funzione beta cellulare nel corso della storia naturale del diabete autoimmune. PAROLE CHIAVE insulina; autoimmunità; adulto; anticorpi; latente.
{"title":"LADA, a type 1.5 diabetes?","authors":"None Patti, L.","doi":"10.36171/jamd23.26.2.7","DOIUrl":"https://doi.org/10.36171/jamd23.26.2.7","url":null,"abstract":"I pazienti con il diabete mellito ad eziologia autoimmune presentano una certa variabilità dal punto di vista epidemiologico, patogenetico e del decorso clinico. All’interno di questa varietà fenotipica è stato descritto il LADA, una forma di diabete autoimmune a decorso latente, con insorgenza nell’età adulta e progressione verso la terapia insulinica più lenta rispetto alla forma classica di diabete di tipo 1. I criteri diagnostici proposti per il LADA sono una età di insorgenza dopo i 30 anni, la positività anticorpale, la non necessità di insulina per almeno sei mesi dalla diagnosi. Tuttavia, nella pratica clinica è esperienza comune osservare come l’età di insorgenza presenti un’ampia sovrapposizione con altre forme di diabete, come nel corso della storia della malattia la positività degli anticorpi del diabete possa essere mutevole e come non esistano criteri condivisi che indichino la tempistica di inizio della terapia insulinica dopo la diagnosi di diabete. D’altro canto, identificare correttamente i pazienti con diabete autoimmune è fondamentale sia dal punto di vista clinico, per offrire loro il migliore approccio terapeutico, sia in fase pre-clinica per la disponibilità nel prossimo futuro di immunoterapie che possano ritardare l’insorgenza della fase disglicemica del diabete. Questa rassegna si focalizza pertanto sulle caratteristiche cliniche del LADA e sulle possibili strategie per identificare i pazienti con questo tipo di diabete, al fine di offrire loro le opzioni terapeutiche che, oltre all’ottenimento di un compenso glicemico adeguato, abbiano lo scopo di preservare la funzione beta cellulare nel corso della storia naturale del diabete autoimmune. PAROLE CHIAVE insulina; autoimmunità; adulto; anticorpi; latente.","PeriodicalId":479929,"journal":{"name":"J. AMD","volume":"27 1","pages":"0"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"134994369","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Con il crescente successo nel superare le sfide immunologiche e infettive che accompagnano il trapianto di organi solidi, la suscettibilità al PTDM (diabete mellito post-trapianto) ha assunto un’importanza sempre maggiore. Sia l’insulino-resistenza che la disfunzione delle cellule β sono generalmente ritenute in grado di contribuire allo sviluppo e alla manifestazione del diabete post-trapianto, ma continuano le controversie su quale sia la più importante. I fattori di rischio per il PTDM sono ben definiti e comprendono sia fattori generali che specifici del trapianto. L’importanza clinica del PTDM risiede nel suo impatto come fattore di rischio significativo per la malattia cardiovascolare e la malattia renale cronica dopo il trapianto di organi solidi. Considerati tutti questi fattori e i potenziali effetti cardio e nefroprotettivi dei nuovi agenti antidiabetici, è necessario valutare queste nuove strategie terapeutiche anche per il trattamento del PTDM. PAROLE CHIAVE diabete post-trapianto; immunosoppressione; trapianto d’organo.
{"title":"Post Transplantation Diabetes Mellitus","authors":"None Lamacchia, O.","doi":"10.36171/jamd23.26.2.6","DOIUrl":"https://doi.org/10.36171/jamd23.26.2.6","url":null,"abstract":"Con il crescente successo nel superare le sfide immunologiche e infettive che accompagnano il trapianto di organi solidi, la suscettibilità al PTDM (diabete mellito post-trapianto) ha assunto un’importanza sempre maggiore. Sia l’insulino-resistenza che la disfunzione delle cellule β sono generalmente ritenute in grado di contribuire allo sviluppo e alla manifestazione del diabete post-trapianto, ma continuano le controversie su quale sia la più importante. I fattori di rischio per il PTDM sono ben definiti e comprendono sia fattori generali che specifici del trapianto. L’importanza clinica del PTDM risiede nel suo impatto come fattore di rischio significativo per la malattia cardiovascolare e la malattia renale cronica dopo il trapianto di organi solidi. Considerati tutti questi fattori e i potenziali effetti cardio e nefroprotettivi dei nuovi agenti antidiabetici, è necessario valutare queste nuove strategie terapeutiche anche per il trattamento del PTDM. PAROLE CHIAVE diabete post-trapianto; immunosoppressione; trapianto d’organo.","PeriodicalId":479929,"journal":{"name":"J. AMD","volume":"48 1","pages":"0"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"134994528","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Il diabete monogenico è una forma di diabete su base genetica, determinata da mutazioni a carico di un singolo gene e/o locus cromosomico con conseguente deficit del numero o della funzione della beta cellula pancreatica. Nonostante gli innumerevoli passi avanti compiuti in ambito diagnostico-terapeutico, risulta talvolta ancora difficile giungere ad una diagnosi precoce di diabete monogenico. Per tale ragione è stata sviluppata l’idea di una medicina di precisione nel diabete, definendola come un approccio utile ad ottimizzare diagnosi, prevenzione, trattamento, prognosi e monitoraggio della malattia integrando dati multidimensionali, migliorando così la qualità di vita dei pazienti con diabete. Algoritmi e calcolatori che considerano storia familiare, caratteristiche cliniche e biochimiche, sono stati sviluppati per identificare i soggetti candidati per le analisi di Next-Generation Sequencing (NGS). La diagnosi di precisione e la precisione terapeutica hanno un impatto importante nella gestione delle varie forme di diabete monogenico, come nel caso di alcune forme di diabete neonatale (NDM) e Maturity Onset Diabetes of the Young (MODY) sensibili alle sulfaniluree, in cui è possibile sospendere la terapia insulinica. La diagnosi genetica permette inoltre di predire outcomes e complicanze correlate alla forma individuata al fine di effettuare un follow-up mirato, come nel caso della sindrome di Wolfram in cui i pazienti devono essere monitorati dal punto di vista epatico, renale e neurologico. La medicina di precisione nelle forme di diabete monogenico ad oggi rientra pertanto negli standard di cure visto il miglioramento nella qualità di vita che può garantire a questi pazienti, a differenza delle altre forme di diabete in cui, attualmente, non possiamo applicare analogo approccio di cure. Uno step successivo sarà raggiunto se, grazie a questo paradigma diagnostico, potremo prevenire l’insorgenza del diabete monogenico e non limitarci a identificare precocemente soggetti mutati ma ancora asintomatici. PAROLE CHIAVE medicina di precisione; diabete mellito; diabete neonatale; MODY; età pediatrica.
{"title":"Medicina di precisione: il diabete monogenico","authors":"None Rabbone, I.","doi":"10.36171/jamd23.26.2.9","DOIUrl":"https://doi.org/10.36171/jamd23.26.2.9","url":null,"abstract":"Il diabete monogenico è una forma di diabete su base genetica, determinata da mutazioni a carico di un singolo gene e/o locus cromosomico con conseguente deficit del numero o della funzione della beta cellula pancreatica. Nonostante gli innumerevoli passi avanti compiuti in ambito diagnostico-terapeutico, risulta talvolta ancora difficile giungere ad una diagnosi precoce di diabete monogenico. Per tale ragione è stata sviluppata l’idea di una medicina di precisione nel diabete, definendola come un approccio utile ad ottimizzare diagnosi, prevenzione, trattamento, prognosi e monitoraggio della malattia integrando dati multidimensionali, migliorando così la qualità di vita dei pazienti con diabete. Algoritmi e calcolatori che considerano storia familiare, caratteristiche cliniche e biochimiche, sono stati sviluppati per identificare i soggetti candidati per le analisi di Next-Generation Sequencing (NGS). La diagnosi di precisione e la precisione terapeutica hanno un impatto importante nella gestione delle varie forme di diabete monogenico, come nel caso di alcune forme di diabete neonatale (NDM) e Maturity Onset Diabetes of the Young (MODY) sensibili alle sulfaniluree, in cui è possibile sospendere la terapia insulinica. La diagnosi genetica permette inoltre di predire outcomes e complicanze correlate alla forma individuata al fine di effettuare un follow-up mirato, come nel caso della sindrome di Wolfram in cui i pazienti devono essere monitorati dal punto di vista epatico, renale e neurologico. La medicina di precisione nelle forme di diabete monogenico ad oggi rientra pertanto negli standard di cure visto il miglioramento nella qualità di vita che può garantire a questi pazienti, a differenza delle altre forme di diabete in cui, attualmente, non possiamo applicare analogo approccio di cure. Uno step successivo sarà raggiunto se, grazie a questo paradigma diagnostico, potremo prevenire l’insorgenza del diabete monogenico e non limitarci a identificare precocemente soggetti mutati ma ancora asintomatici. PAROLE CHIAVE medicina di precisione; diabete mellito; diabete neonatale; MODY; età pediatrica.","PeriodicalId":479929,"journal":{"name":"J. AMD","volume":"56 1","pages":"0"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"134994367","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Gli Annali AMD 2021 “Diabete nell’Anziano” hanno lo scopo di mostrare come si è evoluta l’assistenza ai soggetti anziani affetti da diabete mellito tipo 2, valutando i dati relativi agli indicatori AMD. DISEGNO E METODI Sono stati valutati 531.732 pazienti con T2DM, i dati divisi per classi di età (< 65 anni, tra 65 e 74, > a 75 anni) seguiti nell’anno 2019, riguardanti caratteristiche cliniche e di volume di attività. La selezione degli indicatori è basata su un numero consistente dell’attuale Lista Indicatori AMD (Giugno 2019). La valutazione della qualità di cura complessiva è stata effettuata attraverso lo score Q. RISULTATI Gli Annali AMD del 2021 hanno evidenziato che tra i 531.732 pazienti con diabete registrati nel 2019, il 33,4% presentava una età superiore ai 75 anni. Il 3,8% delle nuove diagnosi aveva più di 75 anni e il 5,2% aveva tra i 65 e i 74 anni. Sono stati considerati l’HbA1c, profilo lipidico, profilo pressorio, monitoraggio della microalbuminuria, ispezione del piede e controllo del fondo oculare. Complessivamente le aree relative al controllo glico-metabolico non hanno mostrato significative differenze nelle diverse fasce di età. L’attenzione al monitoraggio dell’HbA1c è risultata molto elevata (96.4%). Meno valutata la microalbuminuria dove la registrazione è risultata insufficiente in tutte le fasce d’età. Alta l’attenzione, invece, per la determinazione della creatinina, maggiormente registrata nei >75 anni di età. Poco meno del 50% della popolazione diabetica T2DM e soprattutto quella più anziana, non viene monitorata (o forse non registrata) nel profilo di rischio cardiovascolare comprensivo di profilo lipidi[1]co, HbA1c, microalbuminuria, creatinina e pressione arteriosa. La valutazione del piede rappresenta sempre una grave criticità dell’assistenza diabetologica: la registrazione del dato era presente solo nel 19,1% dei pazienti. Infine, L’analisi della retinopatia ha evidenziato un’altra criticità dell’assistenza, con il 65% dei pazienti > 65 anni non sottoposto (o il dato non è stato registrato) a screening specifico; la problematica emerge in modo ancora più evidente tra i >75 anni (69% dei pazienti). Gli Indicatori di qualità di cura complessiva espressi dallo Score Q, mostrano anche nella popolazione anziana, valori molto buoni, addirittura nella popolazione di età compresa tra 65 e 75 anni ben il 64,1% dei pazienti ha un valore di Score Q > 25, maggiore rispetto ai pazienti con età < 65 anni (60,7%). CONCLUSIONI L’analisi dei dati raccolti nell’ambito degli Annali AMD è sempre un momento di riflessione importante per l’assistenza in campo diabetologico. Si conferma il trend in crescita della popolazione anziana che afferisce ai servizi di diabetologia e la prevalenza di pazienti con età maggiore di 75 anni è significativamente maggiore a quella di dieci anni fa (Annali 2012). La cura del paziente anziano con diabete ed in modo particolare del grande anziano, spesso con lunga storia di malattia, complicanze e co
{"title":"Revisione critica dei dati Annali AMD 2021 sulla popolazione anziana con diabete di tipo 2","authors":"None Fiore, V.","doi":"10.36171/jamd23.26.2.3","DOIUrl":"https://doi.org/10.36171/jamd23.26.2.3","url":null,"abstract":"Gli Annali AMD 2021 “Diabete nell’Anziano” hanno lo scopo di mostrare come si è evoluta l’assistenza ai soggetti anziani affetti da diabete mellito tipo 2, valutando i dati relativi agli indicatori AMD. DISEGNO E METODI Sono stati valutati 531.732 pazienti con T2DM, i dati divisi per classi di età (< 65 anni, tra 65 e 74, > a 75 anni) seguiti nell’anno 2019, riguardanti caratteristiche cliniche e di volume di attività. La selezione degli indicatori è basata su un numero consistente dell’attuale Lista Indicatori AMD (Giugno 2019). La valutazione della qualità di cura complessiva è stata effettuata attraverso lo score Q. RISULTATI Gli Annali AMD del 2021 hanno evidenziato che tra i 531.732 pazienti con diabete registrati nel 2019, il 33,4% presentava una età superiore ai 75 anni. Il 3,8% delle nuove diagnosi aveva più di 75 anni e il 5,2% aveva tra i 65 e i 74 anni. Sono stati considerati l’HbA1c, profilo lipidico, profilo pressorio, monitoraggio della microalbuminuria, ispezione del piede e controllo del fondo oculare. Complessivamente le aree relative al controllo glico-metabolico non hanno mostrato significative differenze nelle diverse fasce di età. L’attenzione al monitoraggio dell’HbA1c è risultata molto elevata (96.4%). Meno valutata la microalbuminuria dove la registrazione è risultata insufficiente in tutte le fasce d’età. Alta l’attenzione, invece, per la determinazione della creatinina, maggiormente registrata nei >75 anni di età. Poco meno del 50% della popolazione diabetica T2DM e soprattutto quella più anziana, non viene monitorata (o forse non registrata) nel profilo di rischio cardiovascolare comprensivo di profilo lipidi[1]co, HbA1c, microalbuminuria, creatinina e pressione arteriosa. La valutazione del piede rappresenta sempre una grave criticità dell’assistenza diabetologica: la registrazione del dato era presente solo nel 19,1% dei pazienti. Infine, L’analisi della retinopatia ha evidenziato un’altra criticità dell’assistenza, con il 65% dei pazienti > 65 anni non sottoposto (o il dato non è stato registrato) a screening specifico; la problematica emerge in modo ancora più evidente tra i >75 anni (69% dei pazienti). Gli Indicatori di qualità di cura complessiva espressi dallo Score Q, mostrano anche nella popolazione anziana, valori molto buoni, addirittura nella popolazione di età compresa tra 65 e 75 anni ben il 64,1% dei pazienti ha un valore di Score Q > 25, maggiore rispetto ai pazienti con età < 65 anni (60,7%). CONCLUSIONI L’analisi dei dati raccolti nell’ambito degli Annali AMD è sempre un momento di riflessione importante per l’assistenza in campo diabetologico. Si conferma il trend in crescita della popolazione anziana che afferisce ai servizi di diabetologia e la prevalenza di pazienti con età maggiore di 75 anni è significativamente maggiore a quella di dieci anni fa (Annali 2012). La cura del paziente anziano con diabete ed in modo particolare del grande anziano, spesso con lunga storia di malattia, complicanze e co","PeriodicalId":479929,"journal":{"name":"J. AMD","volume":"88 1","pages":"0"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"134994530","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}