This article aims to verify the concept of "culture of vigilance" recently proposed by Arndt Brendecke and Paola Molino in Napoleonic Italy, a context traditionally interpreted in the light of surveillance paradigms. What emerges from the case study of the "capi contrada" established in Vicenza in 1806 is that the Napoleonic police were ultimately compelled to resort to requesting help from individuals belonging to the local communities they wanted to monitor. The "capi contrada" soon became one of the primary sources of information for urban law enforcement. Nevertheless, this collaboration remained strictly tied to the self-interest of the "capi". This kind of "inter-hierarchical"position was not limited to Vicenza, as analogous positions existed in several other cities of the Kingdom of Italy. Thanks to this case study, it is possible to recast the development of state-driven surveillance as one of the many cultures of vigilance that coexisted in Italy at the beginning of the nineteenth century.
{"title":"Surveillance as a culture of vigilance: the case of Napoleonic Italy","authors":"S. Poggi","doi":"10.3280/ss2022-177007","DOIUrl":"https://doi.org/10.3280/ss2022-177007","url":null,"abstract":"This article aims to verify the concept of \"culture of vigilance\" recently proposed by Arndt Brendecke and Paola Molino in Napoleonic Italy, a context traditionally interpreted in the light of surveillance paradigms. What emerges from the case study of the \"capi contrada\" established in Vicenza in 1806 is that the Napoleonic police were ultimately compelled to resort to requesting help from individuals belonging to the local communities they wanted to monitor. The \"capi contrada\" soon became one of the primary sources of information for urban law enforcement. Nevertheless, this collaboration remained strictly tied to the self-interest of the \"capi\". This kind of \"inter-hierarchical\"position was not limited to Vicenza, as analogous positions existed in several other cities of the Kingdom of Italy. Thanks to this case study, it is possible to recast the development of state-driven surveillance as one of the many cultures of vigilance that coexisted in Italy at the beginning of the nineteenth century.","PeriodicalId":39512,"journal":{"name":"Societa e storia","volume":"1 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-09-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"70151213","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
L'autore esamina alcuni aspetti del viceregno di Ettore Pignatelli di Monteleone in Sicilia. Tramite fonti archivistiche, cronachistiche e disposizioni parlamentari emerge la figura di un viceré abile politicamente, capace di pacificare l'isola dai disordini scoppiati alla morte di Ferdinando il Cattolico. Di particolare importanza è l'analisi delle azioni attuate dal viceré per difendere la Sicilia da un possibile attacco turco-barbaresco.
{"title":"«Per manuteniri loro Regni et Signorij in santa paci et tranquillitati ..et per la exaltactioni di la Santissima Fidi et Religioni Christiana». Il viceré Ettore Pignatelli in Sicilia e il pericolo turco (1517-1535)","authors":"G. Campagna","doi":"10.3280/ss2022-177002","DOIUrl":"https://doi.org/10.3280/ss2022-177002","url":null,"abstract":"L'autore esamina alcuni aspetti del viceregno di Ettore Pignatelli di Monteleone in Sicilia. Tramite fonti archivistiche, cronachistiche e disposizioni parlamentari emerge la figura di un viceré abile politicamente, capace di pacificare l'isola dai disordini scoppiati alla morte di Ferdinando il Cattolico. Di particolare importanza è l'analisi delle azioni attuate dal viceré per difendere la Sicilia da un possibile attacco turco-barbaresco.","PeriodicalId":39512,"journal":{"name":"Societa e storia","volume":"1 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-09-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"70151042","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
L'articolo si focalizza sullo sviluppo delle rendite vitalizie in antico regime, prendendo in considerazione i contratti stipulati da diverse istituzioni caritative nell'Italia settentrionale. Questi strumenti consentivano ai sottoscrittori di impiegare delle risorse (denaro, crediti, immobili) per costituire una pensione a proprio favore e/o a beneficio di terzi, includendo talvolta delle ulteriori prestazioni (esequie, messe pro anima, doti a favore di figlie o nipoti). Le rendite vitalizie costituirono, tra sei e settecento, un caso di studio e un campo di applicazione della nascente probabilità. Lo sviluppo di tali pratiche rappresentò dunque un punto di osservazione privilegiato sui processi di matematizzazione della realtà socio-economica, che consente di osservare la pervasività delle innovazioni, ma anche i fattori di resilienza ravvisabili nella prassi contrattuale. Le fonti suggeriscono che l'introduzione delle tavole di sopravvivenza, pur rendendo in una certa misura prevedibile l'aspettativa di vita dei beneficiari, non assorbiva tutte le loro esigenze e soprattutto non poteva controllare altre incognite, connesse, ad esempio, alla natura e alla qualità del capitale impiegato per costituire le rendite. La molteplicità di istanze sociali impediva, nella maggior parte dei casi, di incasellare i contratti in una griglia precostituita e richiedeva invece una più articolata valutazione contestuale.
{"title":"«Maneggiare dalla carità all'economia». Le rendite vitalizie tra previdenza e provvidenza (Italia settentrionale, secoli XVII-XVIII)","authors":"Marco Dotti","doi":"10.3280/ss2022-177003","DOIUrl":"https://doi.org/10.3280/ss2022-177003","url":null,"abstract":"L'articolo si focalizza sullo sviluppo delle rendite vitalizie in antico regime, prendendo in considerazione i contratti stipulati da diverse istituzioni caritative nell'Italia settentrionale. Questi strumenti consentivano ai sottoscrittori di impiegare delle risorse (denaro, crediti, immobili) per costituire una pensione a proprio favore e/o a beneficio di terzi, includendo talvolta delle ulteriori prestazioni (esequie, messe pro anima, doti a favore di figlie o nipoti). Le rendite vitalizie costituirono, tra sei e settecento, un caso di studio e un campo di applicazione della nascente probabilità. Lo sviluppo di tali pratiche rappresentò dunque un punto di osservazione privilegiato sui processi di matematizzazione della realtà socio-economica, che consente di osservare la pervasività delle innovazioni, ma anche i fattori di resilienza ravvisabili nella prassi contrattuale. Le fonti suggeriscono che l'introduzione delle tavole di sopravvivenza, pur rendendo in una certa misura prevedibile l'aspettativa di vita dei beneficiari, non assorbiva tutte le loro esigenze e soprattutto non poteva controllare altre incognite, connesse, ad esempio, alla natura e alla qualità del capitale impiegato per costituire le rendite. La molteplicità di istanze sociali impediva, nella maggior parte dei casi, di incasellare i contratti in una griglia precostituita e richiedeva invece una più articolata valutazione contestuale.","PeriodicalId":39512,"journal":{"name":"Societa e storia","volume":"1 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-09-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"70151089","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
La frattura prodotta dalla crisi politica del 1992 determinò una cesura che non poteva essere sottovalutata e sul piano storiografico ne sarebbe derivato uno stimolo interpretativo per comprenderne le cause e le ragioni. L'attenzione fu pertanto rivolta alla ricerca dei sintomi e delle contraddizioni che l'avevano preannunciata e che avevano prodotto una lenta sedimentazione di elementi degenerativi nelle fasi storiche antecedenti. Tuttavia, obiettivo del contributo è proporre una rilettura degli eventi del 1992 non esclusivamente come il prodotto di una progressiva adesione collettiva a degli ideali morali, ma più come effetto di una traumatica dinamica conflittuale che aveva le sue ragioni nelle lotte politiche del tempo e generata in primo luogo dalle forze e dagli attori direttamente impegnati nello spazio pubblico e mediatico.
{"title":"Indirizzi storiografici e proposte interpretative su Tangentopoli e la crisi politica italiana del 1992","authors":"Andreana Marino","doi":"10.3280/ss2022-0176004","DOIUrl":"https://doi.org/10.3280/ss2022-0176004","url":null,"abstract":"La frattura prodotta dalla crisi politica del 1992 determinò una cesura che non poteva essere sottovalutata e sul piano storiografico ne sarebbe derivato uno stimolo interpretativo per comprenderne le cause e le ragioni. L'attenzione fu pertanto rivolta alla ricerca dei sintomi e delle contraddizioni che l'avevano preannunciata e che avevano prodotto una lenta sedimentazione di elementi degenerativi nelle fasi storiche antecedenti. Tuttavia, obiettivo del contributo è proporre una rilettura degli eventi del 1992 non esclusivamente come il prodotto di una progressiva adesione collettiva a degli ideali morali, ma più come effetto di una traumatica dinamica conflittuale che aveva le sue ragioni nelle lotte politiche del tempo e generata in primo luogo dalle forze e dagli attori direttamente impegnati nello spazio pubblico e mediatico.","PeriodicalId":39512,"journal":{"name":"Societa e storia","volume":"117 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-08-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"70151238","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Nel corso della seconda metà del XII secolo il comune di Pisa definì la pirateria come un insieme di comportamenti illeciti, che potevano essere puniti dai tribunali cittadini. Il saggio analizza le implicazioni sociali e politiche di questa definizione, a partire dalla corretta contestualizzazione di un ben documentato assalto pisano al porto di Tunisi dell'estate del 1200. L'autore propone di considerare la definizione formale della pirateria come un fenomeno sociale. Questa definizione è al cuore del processo che portò il comune a diventare un'istituzione politica in grado di governare l'accresciuta complessità sociale della città.
{"title":"Pace di Corso e gli altri mercanti. Pirateria, società e istituzioni a Pisa nella seconda metà del XII secolo","authors":"A. Cotza","doi":"10.3280/ss2022-0176002","DOIUrl":"https://doi.org/10.3280/ss2022-0176002","url":null,"abstract":"Nel corso della seconda metà del XII secolo il comune di Pisa definì la pirateria come un insieme di comportamenti illeciti, che potevano essere puniti dai tribunali cittadini. Il saggio analizza le implicazioni sociali e politiche di questa definizione, a partire dalla corretta contestualizzazione di un ben documentato assalto pisano al porto di Tunisi dell'estate del 1200. L'autore propone di considerare la definizione formale della pirateria come un fenomeno sociale. Questa definizione è al cuore del processo che portò il comune a diventare un'istituzione politica in grado di governare l'accresciuta complessità sociale della città.","PeriodicalId":39512,"journal":{"name":"Societa e storia","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-08-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"49182993","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
{"title":"In ricordo di Giorgio Chittolini (1940-2022)","authors":"A. C. della Redazione","doi":"10.3280/ss2022-0176001","DOIUrl":"https://doi.org/10.3280/ss2022-0176001","url":null,"abstract":"","PeriodicalId":39512,"journal":{"name":"Societa e storia","volume":"1 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-08-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"70151229","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Il saggio si occupa di un'importante famiglia del patriziato fiorentino, estinta a fine Ottocento, i Rinuccini. Di essa si ricostruiscono le attività economiche nel Regno di Napoli e la gestione del piccolo feudo appenninico di Baselice, ora in provincia di Benevento, dalla prima metà del Seicento fino all'eversione della feudalità e alla dismissione del patrimonio immobiliare da parte di Pier Francesco Rinuccini. Attraverso una prima analisi della ricca documentazione presente nel fondo della famiglia, conservato nell'archivio Corsini, si ricostruisce, in particolare, l'attività imprenditoriale del marchese Alessandro Rinuccini, che anima a lungo un sodalizio intellettuale di cui è protagonista Bartolomeo Intieri, amministratore dei patrimoni di molte famiglie fiorentine nel Regno di Napoli nella prima metà del Settecento. Il contributo si sofferma, inoltre, sulle tensioni che, lungo tutto il XVIII secolo, caratterizzano la gestione del feudo.
{"title":"I Rinuccini nel Regno di Napoli. Prime linee di ricerca","authors":"S. Russo","doi":"10.3280/ss2022-0176003","DOIUrl":"https://doi.org/10.3280/ss2022-0176003","url":null,"abstract":"Il saggio si occupa di un'importante famiglia del patriziato fiorentino, estinta a fine Ottocento, i Rinuccini. Di essa si ricostruiscono le attività economiche nel Regno di Napoli e la gestione del piccolo feudo appenninico di Baselice, ora in provincia di Benevento, dalla prima metà del Seicento fino all'eversione della feudalità e alla dismissione del patrimonio immobiliare da parte di Pier Francesco Rinuccini. Attraverso una prima analisi della ricca documentazione presente nel fondo della famiglia, conservato nell'archivio Corsini, si ricostruisce, in particolare, l'attività imprenditoriale del marchese Alessandro Rinuccini, che anima a lungo un sodalizio intellettuale di cui è protagonista Bartolomeo Intieri, amministratore dei patrimoni di molte famiglie fiorentine nel Regno di Napoli nella prima metà del Settecento. Il contributo si sofferma, inoltre, sulle tensioni che, lungo tutto il XVIII secolo, caratterizzano la gestione del feudo.","PeriodicalId":39512,"journal":{"name":"Societa e storia","volume":"1 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-08-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"70151234","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
S. Mori, Laura Di Fiore, Chiara Lucrezio Monticelli, M. Meriggi
Il forum propone una riflessione a più mani sul tema della polizia politica nell'Italia post-napoleonica, che la maturità degli studi su quel comparto strategico dei governi legittimisti sembra ormai consentire. Questa prima messa a punto di taglio comparato vuole cogliere le molte risonanze esistenti fra i dispositivi di controllo politico che, muovendo dalla paradigmatica esperienza rivoluzionaria e napoleonica, gli stati della penisola misero in campo per contrastare le pulsioni eversive dilaganti nell'intero continente con strategie coordinate. L'esame dei casi evidenzia al contempo i profili comuni e le curvature che ciascun governo impresse alle politiche securitarie, tematizzandole in vario modo nel discorso pubblico. Si conferma così, accanto al portato repressivo di questa azione, la duttilità della funzione poliziesca e il ruolo ambivalente che essa giocò nei processi di politicizzazione delle società agli albori della contemporaneità. Per il Regno delle Due Sicilie il contributo di Laura Di Fiore guarda con particolare attenzione alla fase post-quarantottesca, rilevando per un verso l'intensa cooperazione instaurata dal governo borbonico con gli stati confinanti per il contrasto all'attività cospirativa degli esuli, per l'altro la strategia di degradazione del nemico, ovvero della militanza anti-sistema, adottata sul piano retorico. Chiara Lucrezio Monticelli mette a fuoco la peculiare interazione realizzata dallo Stato della Chiesa fra gli ordinamenti di polizia sperimentati nell'incisiva stagione francese e le più tradizionali strutture del controllo ecclesiastico, effetto di un'intensa dialettica interna fra conservazione e riforma. Il Regno Lombardo-Veneto esaminato da Simona Mori mette la polizia politica al servizio del suo progetto imperiale di temperata conservazione, sostanzialmente fallendo nell'intento di egemonizzare i servizi di sicurezza operanti nella penisola, mentre sul versante interno alterna fasi di tolleranza ad altre di rigore, senza riuscire ad arginare l'allargarsi del dissenso. Marco Meriggi conclude con un quadro d'insieme che attinge alla memorialistica, alla letteratura e alle fonti normative, per restituire una rappresentazione multiprospettica della polizia politica che, ridimensionata rispetto al titanismo evocato dalla narrazione risorgimentale, viene a configurarsi come strumento di un complessivo disegno di governo verticale della società, che accomuna i maggiori contesti politici dell'Italia restaurata.
{"title":"Un confronto sui sistemi di polizia politica nell'Italia preunitaria.","authors":"S. Mori, Laura Di Fiore, Chiara Lucrezio Monticelli, M. Meriggi","doi":"10.3280/ss2022-0176005","DOIUrl":"https://doi.org/10.3280/ss2022-0176005","url":null,"abstract":"Il forum propone una riflessione a più mani sul tema della polizia politica nell'Italia post-napoleonica, che la maturità degli studi su quel comparto strategico dei governi legittimisti sembra ormai consentire. Questa prima messa a punto di taglio comparato vuole cogliere le molte risonanze esistenti fra i dispositivi di controllo politico che, muovendo dalla paradigmatica esperienza rivoluzionaria e napoleonica, gli stati della penisola misero in campo per contrastare le pulsioni eversive dilaganti nell'intero continente con strategie coordinate. L'esame dei casi evidenzia al contempo i profili comuni e le curvature che ciascun governo impresse alle politiche securitarie, tematizzandole in vario modo nel discorso pubblico. Si conferma così, accanto al portato repressivo di questa azione, la duttilità della funzione poliziesca e il ruolo ambivalente che essa giocò nei processi di politicizzazione delle società agli albori della contemporaneità. Per il Regno delle Due Sicilie il contributo di Laura Di Fiore guarda con particolare attenzione alla fase post-quarantottesca, rilevando per un verso l'intensa cooperazione instaurata dal governo borbonico con gli stati confinanti per il contrasto all'attività cospirativa degli esuli, per l'altro la strategia di degradazione del nemico, ovvero della militanza anti-sistema, adottata sul piano retorico. Chiara Lucrezio Monticelli mette a fuoco la peculiare interazione realizzata dallo Stato della Chiesa fra gli ordinamenti di polizia sperimentati nell'incisiva stagione francese e le più tradizionali strutture del controllo ecclesiastico, effetto di un'intensa dialettica interna fra conservazione e riforma. Il Regno Lombardo-Veneto esaminato da Simona Mori mette la polizia politica al servizio del suo progetto imperiale di temperata conservazione, sostanzialmente fallendo nell'intento di egemonizzare i servizi di sicurezza operanti nella penisola, mentre sul versante interno alterna fasi di tolleranza ad altre di rigore, senza riuscire ad arginare l'allargarsi del dissenso. Marco Meriggi conclude con un quadro d'insieme che attinge alla memorialistica, alla letteratura e alle fonti normative, per restituire una rappresentazione multiprospettica della polizia politica che, ridimensionata rispetto al titanismo evocato dalla narrazione risorgimentale, viene a configurarsi come strumento di un complessivo disegno di governo verticale della società, che accomuna i maggiori contesti politici dell'Italia restaurata.","PeriodicalId":39512,"journal":{"name":"Societa e storia","volume":"1 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-08-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"70151276","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
{"title":"Democrazia senza rivoluzione: il caso del Mediterraneo nell'età delle rivoluzioni","authors":"Daniele Di Bartolomeo","doi":"10.3280/ss2022-175006","DOIUrl":"https://doi.org/10.3280/ss2022-175006","url":null,"abstract":"","PeriodicalId":39512,"journal":{"name":"Societa e storia","volume":"1 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-04-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"70151341","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
La pandemia di Covid 19 ha imposto tutta una nuova serie di sfide da un giorno all'altro per le biblioteche di ricerca, ma soprattutto per le biblioteche pubbliche. Entrambe le categorie, come tutte le altre istituzioni pubbliche, sono state colpite dalle dure procedure di chiusura in misura considerevole. La loro attività di servizio «classica», cioè soprattutto l'uso dei media nelle sale di lettura e il prestito locale e interbibliotecario, si è fermata quasi completamente. Solo i servizi senza contatti personali potevano continuare ad essere utilizzati. Pertanto, i servizi elettronici sono fioriti, nella misura in cui erano già offerti dalle biblioteche. E non solo. È giusto dire che la pandemia ha fatto da «acceleratore» per molte funzioni nel settore bibliotecario, portando in primo piano quelle che in vari casi erano già in fase di crescita - come i servizi digitali - e d'altra parte ha suggerito che altri servizi analogici dovessero essere abbandonati o almeno temporaneamente messi da parte.
{"title":"Il sistema bibliotecario di ricerca tedesco tra trasformazione digitale e \"Covid lockdown\"","authors":"Klaus Kempf","doi":"10.3280/ss2022-175010","DOIUrl":"https://doi.org/10.3280/ss2022-175010","url":null,"abstract":"La pandemia di Covid 19 ha imposto tutta una nuova serie di sfide da un giorno all'altro per le biblioteche di ricerca, ma soprattutto per le biblioteche pubbliche. Entrambe le categorie, come tutte le altre istituzioni pubbliche, sono state colpite dalle dure procedure di chiusura in misura considerevole. La loro attività di servizio «classica», cioè soprattutto l'uso dei media nelle sale di lettura e il prestito locale e interbibliotecario, si è fermata quasi completamente. Solo i servizi senza contatti personali potevano continuare ad essere utilizzati. Pertanto, i servizi elettronici sono fioriti, nella misura in cui erano già offerti dalle biblioteche. E non solo. È giusto dire che la pandemia ha fatto da «acceleratore» per molte funzioni nel settore bibliotecario, portando in primo piano quelle che in vari casi erano già in fase di crescita - come i servizi digitali - e d'altra parte ha suggerito che altri servizi analogici dovessero essere abbandonati o almeno temporaneamente messi da parte.","PeriodicalId":39512,"journal":{"name":"Societa e storia","volume":"1 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-04-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"70151400","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}