Pub Date : 2022-09-14DOI: 10.54103/2282-0035/18660
Marco Vespa
Volgendo l’attenzione alla problematica traduzione del cosiddetto basilicus iactus menzionato nella commedia Curculio di Plauto questo articolo cerca di fornire un nuovo contributo allo studio della cultura ludica latina. Sulla scorta di evidenze interne al testo, in particolare a proposito dell’identità drammatica dei suoi protagonisti e delle isotopie narrative presenti, e grazie a testimonianze esterne alla commedia, nello specifico alcune tradizioni cultuali greche e magno-greche, questa ricerca propone di intendere l’espressione basilicus iactus non come “colpo del re” bensì come “colpo della regina”, con un rinvio implicito alla dea Venus e al colpo degli astragali che dalla divinità prendeva il nome.
{"title":"Venere e gli astragali. Una nuova interpretazione del basilicus iactus in Plauto, Curculio, 349-361","authors":"Marco Vespa","doi":"10.54103/2282-0035/18660","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/18660","url":null,"abstract":"Volgendo l’attenzione alla problematica traduzione del cosiddetto basilicus iactus menzionato nella commedia Curculio di Plauto questo articolo cerca di fornire un nuovo contributo allo studio della cultura ludica latina. Sulla scorta di evidenze interne al testo, in particolare a proposito dell’identità drammatica dei suoi protagonisti e delle isotopie narrative presenti, e grazie a testimonianze esterne alla commedia, nello specifico alcune tradizioni cultuali greche e magno-greche, questa ricerca propone di intendere l’espressione basilicus iactus non come “colpo del re” bensì come “colpo della regina”, con un rinvio implicito alla dea Venus e al colpo degli astragali che dalla divinità prendeva il nome.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-09-14","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"49467234","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-14DOI: 10.54103/2282-0035/18662
Fabio Donnici
Ad oggi non esistono in letteratura studi specificatamente dedicati al collezionismo privato di antichità in Basilicata, al contrario di quanto avvenuto in altre regioni limitrofe del Meridione d’Italia. Eppure, ad un’attenta disamina delle fonti bibliografiche e archivistiche – queste ultime per lo più inedite – disponibili, appare evidente come questo territorio molto ricco sotto il profilo archeologico abbia in realtà conosciuto, tra il XVIII e gli inizi del XX secolo, numerose ed importanti esperienze collezionistiche a livello locale. Nel presente contributo si cercherà per la prima volta non solo di enuclearne sistematicamente episodi e protagonisti principali, ma anche di delinearne alcune linee di tendenza generali e seguirne l’evoluzione di forme e contenuti nel corso del tempo. L’intento che si vuole perseguire, in altre parole, è quello di giungere ad una messa a fuoco della “cultura collezionistica” lucana, la quale pare perfettamente inserirsi e trovare ragion d’essere nella più ampia cultura antiquaria italiana e europea del periodo considerato, offrendo al contempo nuovi dati per la conoscenza di una delle sue espressioni più peculiari: la pratica di ricercare e raccogliere testimonianze materiali del passato al fine di elaborare nuove costruzioni identitarie nel presente.
{"title":"Collezioni e collezionisti di reperti archeologici in Basilicata tra il XVIII e gli inizi del XX secolo","authors":"Fabio Donnici","doi":"10.54103/2282-0035/18662","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/18662","url":null,"abstract":"Ad oggi non esistono in letteratura studi specificatamente dedicati al collezionismo privato di antichità in Basilicata, al contrario di quanto avvenuto in altre regioni limitrofe del Meridione d’Italia. Eppure, ad un’attenta disamina delle fonti bibliografiche e archivistiche – queste ultime per lo più inedite – disponibili, appare evidente come questo territorio molto ricco sotto il profilo archeologico abbia in realtà conosciuto, tra il XVIII e gli inizi del XX secolo, numerose ed importanti esperienze collezionistiche a livello locale. Nel presente contributo si cercherà per la prima volta non solo di enuclearne sistematicamente episodi e protagonisti principali, ma anche di delinearne alcune linee di tendenza generali e seguirne l’evoluzione di forme e contenuti nel corso del tempo. L’intento che si vuole perseguire, in altre parole, è quello di giungere ad una messa a fuoco della “cultura collezionistica” lucana, la quale pare perfettamente inserirsi e trovare ragion d’essere nella più ampia cultura antiquaria italiana e europea del periodo considerato, offrendo al contempo nuovi dati per la conoscenza di una delle sue espressioni più peculiari: la pratica di ricercare e raccogliere testimonianze materiali del passato al fine di elaborare nuove costruzioni identitarie nel presente.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-09-14","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"47678202","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2021-11-26DOI: 10.54103/2282-0035/16797
Federico Prina
Il saggio si pone come obiettivo l’analisi della rievocazione storica, il pageant, e del suo significato all’interno di due romanzi inglesi dell’interwar period: Between the Acts (1941) di Virginia Woolf e Wigs on the Green (1935) di Nancy Mitford. Il pageant ha rivestito un ruolo di primo piano nell’Inghilterra degli anni compresi fra le due guerre, assurgendo a simbolo della tradizione inglese e della Englishness,e trovando, inoltre, un forte riscontro nella letteratura di quel periodo. In Between the Acts, la rievocazione storica messa in scena da Miss La Trobe nel cuore della campagna inglese, sul prato di Pointz Hall, è il riflesso del caos ineluttabile che contraddistingue la condizione umana nel mondo moderno e del profondo senso di solitudine e di isolamento della società inglese sull’orlo della Seconda Guerra Mondiale. Mitford utilizza invece il pageant come strumento per smascherare l’inconsistente ideologia nazionalista del fascismo inglese di quegli anni, considerata dalla scrittrice solo vuota retorica priva di uno scopo concreto, e rappresentata, in Wigs on the Green, dal personaggio di Eugenia Malmains, la più ricca ereditiera inglese – versione romanzesca della sorella della scrittrice, la fascista Unity Valkyrie – fervente sostenitrice di Captain Jack e delle Union Jackshirts, partito fascista immaginario basato sulla British Union of Fascists di Sir Oswald Mosley. Partendo da una breve introduzione del pageant e del ruolo che riveste nella letteratura inglese degli anni ’30, si passa poi alla sua contestualizzazione all’interno delle opere di queste due scrittrici, focalizzandosi, in particolare, sul significato che assume in relazione al quadro storico-politico, culturale e sociale.
{"title":"«Amnesia in Fancy Dress»: il pageant in Between The Acts di Virginia Woolf e in Wigs on the Green di Nancy Mitford","authors":"Federico Prina","doi":"10.54103/2282-0035/16797","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/16797","url":null,"abstract":"Il saggio si pone come obiettivo l’analisi della rievocazione storica, il pageant, e del suo significato all’interno di due romanzi inglesi dell’interwar period: Between the Acts (1941) di Virginia Woolf e Wigs on the Green (1935) di Nancy Mitford. Il pageant ha rivestito un ruolo di primo piano nell’Inghilterra degli anni compresi fra le due guerre, assurgendo a simbolo della tradizione inglese e della Englishness,e trovando, inoltre, un forte riscontro nella letteratura di quel periodo. In Between the Acts, la rievocazione storica messa in scena da Miss La Trobe nel cuore della campagna inglese, sul prato di Pointz Hall, è il riflesso del caos ineluttabile che contraddistingue la condizione umana nel mondo moderno e del profondo senso di solitudine e di isolamento della società inglese sull’orlo della Seconda Guerra Mondiale. Mitford utilizza invece il pageant come strumento per smascherare l’inconsistente ideologia nazionalista del fascismo inglese di quegli anni, considerata dalla scrittrice solo vuota retorica priva di uno scopo concreto, e rappresentata, in Wigs on the Green, dal personaggio di Eugenia Malmains, la più ricca ereditiera inglese – versione romanzesca della sorella della scrittrice, la fascista Unity Valkyrie – fervente sostenitrice di Captain Jack e delle Union Jackshirts, partito fascista immaginario basato sulla British Union of Fascists di Sir Oswald Mosley. Partendo da una breve introduzione del pageant e del ruolo che riveste nella letteratura inglese degli anni ’30, si passa poi alla sua contestualizzazione all’interno delle opere di queste due scrittrici, focalizzandosi, in particolare, sul significato che assume in relazione al quadro storico-politico, culturale e sociale.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2021-11-26","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"44630946","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2021-11-26DOI: 10.54103/2282-0035/16794
Calogero Farinella
Storico dai molteplici interessi, bibliotecario, musicista, uomo di cultura e grande modernista, studioso, in particolare, dell’Italia settecentesca, Calogero Farinella ci ha prematuramente lasciati nel giugno del 2019, a poco più di sessanta anni. Le sue pubblicazioni sulla Genova del Settecento e sulla scienza illuminista (veronese specialmente: Francesco Bianchini, Anton Mario Lorgna e l’Accademia dei Quaranta) fanno e faranno sempre data negli studi di storia della cultura. Allievo tra i più brillanti di Salvatore Rotta (1926-2001), dal quale mutuò la passione per il XVIII secolo in particolare, Farinella si laureò sotto la sua guida su William Godwin (1756-1836), padre di Mary Shelley, filosofo e scrittore politico di area libertaria, che, con la sua fondamentale opera, marchia a fuoco il passaggio, in Gran Bretagna, dai Lumi al Romanticismo. Sulla figura e gli scritti di Godwin, ricavandoli dalla propria dissertazione di laurea, Farinella estrasse e pubblicò, negli anni Ottanta del secolo scorso, due articoli, apparsi nel volume della «Miscellanea storica ligure» contenente gli Studi in onore di Francesco Cataluccio (William Godwin ed il suo Journal all’epoca della Rivoluzione Francese, xv, 1984), e poi su Studi settecenteschi (Il governo più semplice. Il mito democratico-repubblicano in William Godwin, viii, 1987). Un terzo ampio articolo, che contiene spunti davvero interessanti sul romanzo utopistico di Godwin, rimase inedito, sino a oggi, malgrado l’oggettivo e rilevante valore del contributo di Farinella. Crediamo, pertanto, di fare cosa gradita alla memoria dell’amico e dello studioso pubblicandolo per la prima volta, in questa sede.
{"title":"Caleb Williams, o l’umamanità divisa: letteratura e politica in William Godwin","authors":"Calogero Farinella","doi":"10.54103/2282-0035/16794","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/16794","url":null,"abstract":"Storico dai molteplici interessi, bibliotecario, musicista, uomo di cultura e grande modernista, studioso, in particolare, dell’Italia settecentesca, Calogero Farinella ci ha prematuramente lasciati nel giugno del 2019, a poco più di sessanta anni. Le sue pubblicazioni sulla Genova del Settecento e sulla scienza illuminista (veronese specialmente: Francesco Bianchini, Anton Mario Lorgna e l’Accademia dei Quaranta) fanno e faranno sempre data negli studi di storia della cultura. Allievo tra i più brillanti di Salvatore Rotta (1926-2001), dal quale mutuò la passione per il XVIII secolo in particolare, Farinella si laureò sotto la sua guida su William Godwin (1756-1836), padre di Mary Shelley, filosofo e scrittore politico di area libertaria, che, con la sua fondamentale opera, marchia a fuoco il passaggio, in Gran Bretagna, dai Lumi al Romanticismo. Sulla figura e gli scritti di Godwin, ricavandoli dalla propria dissertazione di laurea, Farinella estrasse e pubblicò, negli anni Ottanta del secolo scorso, due articoli, apparsi nel volume della «Miscellanea storica ligure» contenente gli Studi in onore di Francesco Cataluccio (William Godwin ed il suo Journal all’epoca della Rivoluzione Francese, xv, 1984), e poi su Studi settecenteschi (Il governo più semplice. Il mito democratico-repubblicano in William Godwin, viii, 1987). Un terzo ampio articolo, che contiene spunti davvero interessanti sul romanzo utopistico di Godwin, rimase inedito, sino a oggi, malgrado l’oggettivo e rilevante valore del contributo di Farinella. Crediamo, pertanto, di fare cosa gradita alla memoria dell’amico e dello studioso pubblicandolo per la prima volta, in questa sede.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2021-11-26","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"45809117","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2021-11-26DOI: 10.54103/2282-0035/16793
Antonio Dell’Acqua
The city of Ashqelon lies on the southern part of the Israeli coast, 50 km south of Jaffa, and 13 km north of Gaza. It was a relevant port city during Antiquity, until the Crusaders and the Arab conquest in the 13th century when it was destroyed and abandoned. The continuity of the settlement resulted in a rich archaeological deposit, spanning from the Bronze Age to the Medieval period. Still, at the same time, it also caused the dismantling of several buildings and the reuse of architectural debris in the city itself or elsewhere, mostly in other sites along the coast. This paper deals with the spolia of the Roman town, and aims to evaluate the management of the dismantling process in the post-Classical era, the purposes and dynamics of the reuse as well as its geographical spread.
{"title":"Ascalona spoliata. The dismantling of the Roman city and the reuse in Late and post-classical eras through archaeological and literary evidence","authors":"Antonio Dell’Acqua","doi":"10.54103/2282-0035/16793","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/16793","url":null,"abstract":"The city of Ashqelon lies on the southern part of the Israeli coast, 50 km south of Jaffa, and 13 km north of Gaza. It was a relevant port city during Antiquity, until the Crusaders and the Arab conquest in the 13th century when it was destroyed and abandoned. The continuity of the settlement resulted in a rich archaeological deposit, spanning from the Bronze Age to the Medieval period. Still, at the same time, it also caused the dismantling of several buildings and the reuse of architectural debris in the city itself or elsewhere, mostly in other sites along the coast. This paper deals with the spolia of the Roman town, and aims to evaluate the management of the dismantling process in the post-Classical era, the purposes and dynamics of the reuse as well as its geographical spread.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2021-11-26","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"45925563","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2021-11-26DOI: 10.54103/2282-0035/16791
Cristiana Pasetto
Il contributo si propone di indagare la presenza della figura di Domizio Marso all’interno dell’opera di Marziale, avanzando delle ipotesi in merito al ruolo di mediazione esercitato dal poeta augusteo nella storia dell’epigramma latino. Le frequenti e significative menzioni nel corpus marzialiano, che evidenziano una progressiva identificazione di Marziale con il suo antecedente, suggeriscono che Marso, prendendo le mosse dal modello catulliano, non abbia esitato a ricercare soluzioni poetiche nuove e originali, facendosi autore di una poesia improntata a un forte sperimentalismo, nelle forme e nei contenuti: fu ora poeta leggero e ora impegnato, rappresentando per Marziale un esplicito punto di riferimento, sia nell’interpretazione fluida e aperta del genere epigrammatico, sia per la capacità di comporre un epigramma degno, non meno della poesia “maggiore”, di adempiere alla celebrazione del potere. È possibile ipotizzare, inoltre, che Marso abbia offerto un rilevante contributo, in particolare, nello sviluppo dell’epigramma longum, discostandosi dal principio callimacheo della brevitas ma pur sempre mantenendosi fedele alla sua “Musa minore”.
{"title":"«Vergilius non ero, Marsus ero»: la figura di Domizio Marso nell’opera di Marziale","authors":"Cristiana Pasetto","doi":"10.54103/2282-0035/16791","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/16791","url":null,"abstract":"Il contributo si propone di indagare la presenza della figura di Domizio Marso all’interno dell’opera di Marziale, avanzando delle ipotesi in merito al ruolo di mediazione esercitato dal poeta augusteo nella storia dell’epigramma latino. Le frequenti e significative menzioni nel corpus marzialiano, che evidenziano una progressiva identificazione di Marziale con il suo antecedente, suggeriscono che Marso, prendendo le mosse dal modello catulliano, non abbia esitato a ricercare soluzioni poetiche nuove e originali, facendosi autore di una poesia improntata a un forte sperimentalismo, nelle forme e nei contenuti: fu ora poeta leggero e ora impegnato, rappresentando per Marziale un esplicito punto di riferimento, sia nell’interpretazione fluida e aperta del genere epigrammatico, sia per la capacità di comporre un epigramma degno, non meno della poesia “maggiore”, di adempiere alla celebrazione del potere. È possibile ipotizzare, inoltre, che Marso abbia offerto un rilevante contributo, in particolare, nello sviluppo dell’epigramma longum, discostandosi dal principio callimacheo della brevitas ma pur sempre mantenendosi fedele alla sua “Musa minore”.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2021-11-26","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"49362899","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2021-11-26DOI: 10.54103/2282-0035/16795
Daniel Da Silva Toledo
The main purpose of this article is to present a critique of the Nietzschean reading of the evaluative status of Euripides’ poetry within the historical-genealogical process that the philosopher understands as constituting the decline of the Greek tragedy. The negative character – supposedly radicalizing, potentializing and consuming this hypothetical trajectory of decline – of Euripidian poetry will here be imputed to the very theoretical conditioning of the Nietzschean conception of the tragic. To do this, we will explore three fundamental guidelines: (1) the subordination of Nietzsche to a traditional interpretative line; (2) his tendentious disregard for the concrete content of the whole Euripidian work; (3) the unfounded identification between Socrates and Euripides.
{"title":"Nietzsche’s Idiosyncrasy Against Euripides","authors":"Daniel Da Silva Toledo","doi":"10.54103/2282-0035/16795","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/16795","url":null,"abstract":"The main purpose of this article is to present a critique of the Nietzschean reading of the evaluative status of Euripides’ poetry within the historical-genealogical process that the philosopher understands as constituting the decline of the Greek tragedy. The negative character – supposedly radicalizing, potentializing and consuming this hypothetical trajectory of decline – of Euripidian poetry will here be imputed to the very theoretical conditioning of the Nietzschean conception of the tragic. To do this, we will explore three fundamental guidelines: (1) the subordination of Nietzsche to a traditional interpretative line; (2) his tendentious disregard for the concrete content of the whole Euripidian work; (3) the unfounded identification between Socrates and Euripides.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2021-11-26","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"47599666","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2021-11-26DOI: 10.54103/2282-0035/16790
Paola Rossi
This article aims to explore how Pāṇini’s model of the bahuvrīhi compound may be diachronically correlated to the bahuvrīhi compound as attested in the Vedic Sanskrit language, thus accounting for the two Pāṇinian requisites: zero-ending for all the constituents and accentuation on the first constituent, contrastively employed in relation to the determinative compounds. Since Pāṇini’s work is based on the Brahmanical scholarly tradition, the sources of his bahuvrīhi model are also to be found in the Brahmanical scholarly milieux. The locus classicus is the case of índraśatru, which starts off the process of uniformation and regulation of bahuvrīhi compound stressed on the first constituent. The same scholarly-discussed índraśatru compound is mentioned in the late Rigvedic textual layer (R̥V 1.32.6; 1.32.10), as an expressive poetic device. Therefore, the two Pāṇinian characteristic traits of the bahuvrīhi compound are inherited from a peculiar blend of poetic language and linguistic exegesis.
本文旨在探讨Pāṇini的bahuvrv hi化合物模型如何与吠陀梵语中证实的bahuvrv hi化合物历时相关,从而说明两个Pāṇinian必要条件:所有成分的零结尾和第一个成分的重音,与决定性化合物对比使用。由于Pāṇini的工作是基于婆罗门的学术传统,他的bahuvri模型的来源也可以在婆罗门的学术环境中找到。以índraśatru为典型位点,它开启了以第一组分为重点的bahuvri化合物的统一和调控过程。在梨俱吠陀文本层的后期也提到了同样的学者讨论过的índraśatru化合物(R ' V 1.32.6;1.32.10),作为一种富有表现力的诗歌手段。因此,bahuvrj - hi复合物的两个Pāṇinian特征是继承自诗歌语言和语言训诂的特殊混合。
{"title":"The bahuvrīhi Compound Between Zeroing and Contrastive Accentuation: Vedic Sanskrit Model and Pāṇini’s Model","authors":"Paola Rossi","doi":"10.54103/2282-0035/16790","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/16790","url":null,"abstract":"This article aims to explore how Pāṇini’s model of the bahuvrīhi compound may be diachronically correlated to the bahuvrīhi compound as attested in the Vedic Sanskrit language, thus accounting for the two Pāṇinian requisites: zero-ending for all the constituents and accentuation on the first constituent, contrastively employed in relation to the determinative compounds. Since Pāṇini’s work is based on the Brahmanical scholarly tradition, the sources of his bahuvrīhi model are also to be found in the Brahmanical scholarly milieux. The locus classicus is the case of índraśatru, which starts off the process of uniformation and regulation of bahuvrīhi compound stressed on the first constituent. The same scholarly-discussed índraśatru compound is mentioned in the late Rigvedic textual layer (R̥V 1.32.6; 1.32.10), as an expressive poetic device. Therefore, the two Pāṇinian characteristic traits of the bahuvrīhi compound are inherited from a peculiar blend of poetic language and linguistic exegesis.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2021-11-26","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"45025586","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2021-11-26DOI: 10.54103/2282-0035/16796
Davide Ciprandi
La tesi di dottorato di Erin M. Brooks, oggi Assistant Professor di Storia della musica presso la Crane School of Music della State University of New York at Potsdam, indaga il rapporto tra Sarah Bernhardt, prima interprete del ruolo di Floria in La Tosca, e la musica del suo tempo, compresa quella scritta appositamente per il teatro. All’interno di questo testo viene citata una rilevante scoperta dell’autrice, ossia un manoscritto delle musiche di scena composte da un certo Louis Pister per la pièce di Sardou, conservate oggi presso la National Library of Australia. Scopo di questo contributo è quello di proporre un’edizione critica delle musiche di scena composte da Pister, documento imprescindibile per l’analisi dell’opera di Sardou. Inoltre, si tenterà di ricostruire, attraverso lo spoglio dei periodici contemporanei, la ricezione del dramma La Tosca e il profilo biografico dello sconosciuto compositore della musica incidentale.
Erin M。布鲁克斯的博士论文,今天的历史的音乐助理教授Crane State University of New York at School of Music)的波茨坦之前,Sarah Bernhardt之间的关系,探讨了翻译的Floria Tosca,作用和书面音乐的时间,包括专为剧院。这篇文章引用了作者的一项重要发现,即由路易斯·皮斯托(Louis Pister)为《萨都的戏剧》创作的舞台音乐手稿,该手稿目前保存在澳大利亚国家图书馆。这篇文章的目的是提出一个关键的场景音乐版本的皮斯托,这是分析Sardou作品的必要文件。此外,还将通过对当代期刊的分析,努力重建对拉·托斯卡戏剧的理解,以及对这位不知名的音乐作曲家的传记简介。
{"title":"Le musiche di scena di Louis Pister per La Tosca di Sardou: edizione critica della partitura","authors":"Davide Ciprandi","doi":"10.54103/2282-0035/16796","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/16796","url":null,"abstract":"La tesi di dottorato di Erin M. Brooks, oggi Assistant Professor di Storia della musica presso la Crane School of Music della State University of New York at Potsdam, indaga il rapporto tra Sarah Bernhardt, prima interprete del ruolo di Floria in La Tosca, e la musica del suo tempo, compresa quella scritta appositamente per il teatro. All’interno di questo testo viene citata una rilevante scoperta dell’autrice, ossia un manoscritto delle musiche di scena composte da un certo Louis Pister per la pièce di Sardou, conservate oggi presso la National Library of Australia. Scopo di questo contributo è quello di proporre un’edizione critica delle musiche di scena composte da Pister, documento imprescindibile per l’analisi dell’opera di Sardou. Inoltre, si tenterà di ricostruire, attraverso lo spoglio dei periodici contemporanei, la ricezione del dramma La Tosca e il profilo biografico dello sconosciuto compositore della musica incidentale.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2021-11-26","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"70898080","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Roberto Cano-Zárate, Erick K. Hernández-Barajas, Helios H. Hernández-Barajas, A. Meave-González, N. Espinola-Zavaleta
{"title":"Impact of three-dimensional printing in surgical planning of congenital heart disease","authors":"Roberto Cano-Zárate, Erick K. Hernández-Barajas, Helios H. Hernández-Barajas, A. Meave-González, N. Espinola-Zavaleta","doi":"10.24875/ACME.M21000170","DOIUrl":"https://doi.org/10.24875/ACME.M21000170","url":null,"abstract":"","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2021-05-31","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"42973057","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}