Cesare Di Feliciantonio, Nina Ferrante, C. Giubilaro, Valeria Pecorelli
{"title":"Produzione Accademica, Linguaggi e Posizionamenti: Riflessioni a Partire da Decolonialità e Privilegio di Rachele Borghi","authors":"Cesare Di Feliciantonio, Nina Ferrante, C. Giubilaro, Valeria Pecorelli","doi":"10.7202/1098039ar","DOIUrl":"https://doi.org/10.7202/1098039ar","url":null,"abstract":"<jats:p />","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-03-28","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"44192848","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-03-16DOI: 10.54103/2282-0035/19883
A. Raschieri
La Dictio 17 (= 239 Vogel) di Ennodio è una controuersia in cui il declamatore si scaglia contro un figlio che non ha provveduto al mantenimento del padre anziano tanto da provocarne la morte. L’argomentazione è rafforzata da esempi di animali, aquile e lupi, che, a differenza dell’accusato, si prendono cura dei genitori. Nell’esempio delle aquile è sfruttato un tema ampiamente diffuso nella tradizione esegetica biblica; in particolare, Ennodio dimostra strette consonanze con la versione di questo motivo che si legge in Paolino di Nola (Carm. 24 Hartel). Più oscuro rimane l’esempio dei lupi che in genere sono contraddistinti da ferocia e rapacità, mentre in Ennodio dimostrano una singolare benevolenza verso i genitori. Anche in questo caso si propongono alcuni precedenti biblici che possono aver influenzato la loro caratterizzazione positiva nella controuersia ennodiana. Una lettura della Dictio 17 in chiave soltanto allegorica è da evitare, ma la scelta di questi esempi animali, connotati in modo fortemente cristiano, permette di pensare a un’interpretazione su più livelli, retorico, morale e spirituale.
{"title":"Esempi animali e pietas filiale nella Dictio 17 di Ennodio","authors":"A. Raschieri","doi":"10.54103/2282-0035/19883","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/19883","url":null,"abstract":"La Dictio 17 (= 239 Vogel) di Ennodio è una controuersia in cui il declamatore si scaglia contro un figlio che non ha provveduto al mantenimento del padre anziano tanto da provocarne la morte. L’argomentazione è rafforzata da esempi di animali, aquile e lupi, che, a differenza dell’accusato, si prendono cura dei genitori. Nell’esempio delle aquile è sfruttato un tema ampiamente diffuso nella tradizione esegetica biblica; in particolare, Ennodio dimostra strette consonanze con la versione di questo motivo che si legge in Paolino di Nola (Carm. 24 Hartel). Più oscuro rimane l’esempio dei lupi che in genere sono contraddistinti da ferocia e rapacità, mentre in Ennodio dimostrano una singolare benevolenza verso i genitori. Anche in questo caso si propongono alcuni precedenti biblici che possono aver influenzato la loro caratterizzazione positiva nella controuersia ennodiana. Una lettura della Dictio 17 in chiave soltanto allegorica è da evitare, ma la scelta di questi esempi animali, connotati in modo fortemente cristiano, permette di pensare a un’interpretazione su più livelli, retorico, morale e spirituale.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-03-16","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"49663019","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-03-16DOI: 10.54103/2282-0035/19881
Elena Castelnuovo
In this paper two poetological passages from Prudentius’ Cathemerinon liber are analysed from the perspective of the idea of “presence in the distance”; in other words, Prudentius’ lyrical forebears, who belong to both the Biblical and the classical tradition, harmonise in those poetical claims of the Christian hymnodist; Prudentius speaks with their voice and even proclaims to fulfil them. In Cath. 5 he recalls the Song of Moses from Exodus 15 by almost paraphrasing it and, at the same time, he reuses fragments from Horace’s ode 4,5, while alluding to its main themes. In the opening stanzas of Cath. 9, Prudentius reveals his models by referring first to Horace’s Odes, then by openly mentioning David the psalmist, and he portrays himself as the heir and at the same time as the fulfilment of both literary forerunners. Further examples from Cath. 6 and from the Contra Symmachum illustrate how Prudentius does not present the act of reusing ancient fragments as contradictory, although they originally conveyed a pagan message. Thanks to the Christian poet, the past finds a new vitality.
{"title":"Presence in the distance: the classical and the Biblical tradition in Prudentius’s Cathemerinon 5 and 9","authors":"Elena Castelnuovo","doi":"10.54103/2282-0035/19881","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/19881","url":null,"abstract":"In this paper two poetological passages from Prudentius’ Cathemerinon liber are analysed from the perspective of the idea of “presence in the distance”; in other words, Prudentius’ lyrical forebears, who belong to both the Biblical and the classical tradition, harmonise in those poetical claims of the Christian hymnodist; Prudentius speaks with their voice and even proclaims to fulfil them. In Cath. 5 he recalls the Song of Moses from Exodus 15 by almost paraphrasing it and, at the same time, he reuses fragments from Horace’s ode 4,5, while alluding to its main themes. In the opening stanzas of Cath. 9, Prudentius reveals his models by referring first to Horace’s Odes, then by openly mentioning David the psalmist, and he portrays himself as the heir and at the same time as the fulfilment of both literary forerunners. Further examples from Cath. 6 and from the Contra Symmachum illustrate how Prudentius does not present the act of reusing ancient fragments as contradictory, although they originally conveyed a pagan message. Thanks to the Christian poet, the past finds a new vitality.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-03-16","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"48074518","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-03-16DOI: 10.54103/2282-0035/19882
Francesco Vanoni
Il presente contributo vuole prendere in esame l’omelia Quod frequenter conveniendum sit (CPG 4441.03) del vescovo di Costantinopoli Giovanni Crisostomo (ca. 350-407). In particolare, scopo del lavoro è quello di pubblicare per la prima volta il testo, criticamente edito, di una porzione dell’omelia mancante nel codice Ott. gr. 431 – utilizzato da Bernard de Montfaucon per la prima edizione delle Undecim novae homiliae che esso trasmette – a causa della caduta del f. 171. Grazie alla scoperta del codice Stavronikita 6, avvenuta a metà degli anni ’50 del XX secolo, è ora possibile colmare la mutilazione del codice ottoboniano, dal momento che il manoscritto atonita trasmette la medesima serie di omelie, offrendo però il testo integrale laddove quello del ms. vaticano è lacunoso. Tale lavoro si compone dunque, oltre che del testo critico del passo finora ignoto, anche della relativa traduzione italiana e di alcune brevi note di commento.
本文考察了君士坦丁堡主教约翰·克里索斯托姆(约350-407年)的布道《经常光顾的人》(CPG 4441.03)。特别是,这部作品的目的是首次出版Ott代码中缺失的一部分布道的经过严格编辑的文本。gr.431–Bernard de Montfaucon用于其传播的Uncim novae homiliae的第一版–由于f.171的衰落。由于20世纪50年代中期发现了Stavronikita Code 6,现在可以填补Ottobonian Code的残缺,因为Atonite手稿传递了同样的一系列布道,但提供了梵蒂冈女士所缺乏的全文。因此,这部作品不仅包括迄今为止不为人知的段落的批评性文本,还包括相关的意大利语翻译和一些简短的评论注释。
{"title":"Una nuova pagina inedita dell’omelia crisostomica Quod frequenter conveniendum sit: testo critico, traduzione italiana e note di commento","authors":"Francesco Vanoni","doi":"10.54103/2282-0035/19882","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/19882","url":null,"abstract":"Il presente contributo vuole prendere in esame l’omelia Quod frequenter conveniendum sit (CPG 4441.03) del vescovo di Costantinopoli Giovanni Crisostomo (ca. 350-407). In particolare, scopo del lavoro è quello di pubblicare per la prima volta il testo, criticamente edito, di una porzione dell’omelia mancante nel codice Ott. gr. 431 – utilizzato da Bernard de Montfaucon per la prima edizione delle Undecim novae homiliae che esso trasmette – a causa della caduta del f. 171. Grazie alla scoperta del codice Stavronikita 6, avvenuta a metà degli anni ’50 del XX secolo, è ora possibile colmare la mutilazione del codice ottoboniano, dal momento che il manoscritto atonita trasmette la medesima serie di omelie, offrendo però il testo integrale laddove quello del ms. vaticano è lacunoso. Tale lavoro si compone dunque, oltre che del testo critico del passo finora ignoto, anche della relativa traduzione italiana e di alcune brevi note di commento.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-03-16","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"43476984","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-03-16DOI: 10.54103/2282-0035/19889
B. Turri
The increasing prominence of men’s studies in the academic panorama has allowed for further investigation not only on women’s, but also on men’s literary identities. The Ibis Trilogy by Amitav Ghosh offers new insights on the subject by staging several queer masculinities. The present essay analyses the non-conforming identity of Kesri Singh from the perspective of men’s studies. Firstly, the essay compares and contrasts the socially imposed masculinity with Kesri’s divergent one. Secondly, it highlights the strategy deployed by the warrior in order to protect his psychological and physical integrity in a toxic environment. Given the strong historical background of the novels, references are provided to account for the patriarchal context in which Kesri develops. Further sources of discrimination such as race and class are also explored, according to an intersectional feminist approach. Thus, it will be proved that a male gender related discourse covers ample narrative space in the Trilogy; it also reflects the critical opposition by Ghosh to the Western colonialism and Indian caste division. Moreover, it will be exposed the manipulative use of the male gender as an instrument to enforce colonialism and classism. Therefore, the Trilogy presents masculinity as a highly debatable, multifaceted notion which undergoes a negotiation in meaning throughout the novels. This premise leads to a broader definition of the concept, which provides a new, significant viewpoint on the subject.
{"title":"Kesri Singh: the fight for identity between divergent and hegemonic warrior masculinities in Amitav Ghosh’s Flood of Fire","authors":"B. Turri","doi":"10.54103/2282-0035/19889","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/19889","url":null,"abstract":"The increasing prominence of men’s studies in the academic panorama has allowed for further investigation not only on women’s, but also on men’s literary identities. The Ibis Trilogy by Amitav Ghosh offers new insights on the subject by staging several queer masculinities. The present essay analyses the non-conforming identity of Kesri Singh from the perspective of men’s studies. Firstly, the essay compares and contrasts the socially imposed masculinity with Kesri’s divergent one. Secondly, it highlights the strategy deployed by the warrior in order to protect his psychological and physical integrity in a toxic environment. Given the strong historical background of the novels, references are provided to account for the patriarchal context in which Kesri develops. Further sources of discrimination such as race and class are also explored, according to an intersectional feminist approach. Thus, it will be proved that a male gender related discourse covers ample narrative space in the Trilogy; it also reflects the critical opposition by Ghosh to the Western colonialism and Indian caste division. Moreover, it will be exposed the manipulative use of the male gender as an instrument to enforce colonialism and classism. Therefore, the Trilogy presents masculinity as a highly debatable, multifaceted notion which undergoes a negotiation in meaning throughout the novels. This premise leads to a broader definition of the concept, which provides a new, significant viewpoint on the subject.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-03-16","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"42442768","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-03-16DOI: 10.54103/2282-0035/19887
Lorenzo Napodano
Dopo aver svelato parte della storia e dell’attività di Giulio Sambon (1837-1921) con la sua «Impresa di Vendite in Italia» a Milano, Firenze, Roma e Napoli,1 si propone un approfondimento sul suo incontro con il mercante d’arte Francesco Molinari (1813-1866). Quest’ultimo, attivo in Italia e probabilmente anche in Europa, si colloca nel panorama del collezionismo milanese della seconda metà dell’Ottocento con una particolare attenzione alle opere d’arte lombarda, configurandosi un crocevia ancora non indagato del secolo dei conoscitori. L’occasione che ha portato i due mercanti ad avvicinarsi è stata la chiusura del negozio che Molinari aveva a Milano, per la cui occasione questi chiama Sambon per allestire un’asta con quanto ancora in esposizione. L’episodio diventa l’inizio della dispersione di una raccolta che conta più di 350 opere, documentata attraverso cataloghi d’asta e certificati d’esportazione che mischiano informazioni di carattere storico-artistico e di gusto.
{"title":"Un catalogo per la collezione di Francesco Molinari","authors":"Lorenzo Napodano","doi":"10.54103/2282-0035/19887","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/19887","url":null,"abstract":"Dopo aver svelato parte della storia e dell’attività di Giulio Sambon (1837-1921) con la sua «Impresa di Vendite in Italia» a Milano, Firenze, Roma e Napoli,1 si propone un approfondimento sul suo incontro con il mercante d’arte Francesco Molinari (1813-1866). Quest’ultimo, attivo in Italia e probabilmente anche in Europa, si colloca nel panorama del collezionismo milanese della seconda metà dell’Ottocento con una particolare attenzione alle opere d’arte lombarda, configurandosi un crocevia ancora non indagato del secolo dei conoscitori. L’occasione che ha portato i due mercanti ad avvicinarsi è stata la chiusura del negozio che Molinari aveva a Milano, per la cui occasione questi chiama Sambon per allestire un’asta con quanto ancora in esposizione. L’episodio diventa l’inizio della dispersione di una raccolta che conta più di 350 opere, documentata attraverso cataloghi d’asta e certificati d’esportazione che mischiano informazioni di carattere storico-artistico e di gusto.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-03-16","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"43984737","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-03-16DOI: 10.54103/2282-0035/19885
C. Fertonani
La Suonata a 4 al Santo Sepolcro RV 130 e la Sinfonia al Santo Sepolcro RV 169, due composizioni gemelle risalenti con ogni probabilità agli anni Trenta del Settecento, occupano un posto singolare nella produzione strumentale di Antonio Vivaldi. L’indicazione del titolo «al Santo Sepolcro» non lascia dubbi sul fatto che le due partiture siano connesse con la Passione di Cristo e che dunque siano state composte per la settimana di Pasqua; restano tuttavia problematiche da individuare l’occasione e la destinazione e per cui esse sono state scritte. Se da una parte appare chiaro il riferimento delle due composizioni al modello formale e stilistico rappresentato dalla sinfonia introduttiva del «sepolcro», il particolare tipo di oratorio coltivato dagli anni Sessanta del Seicento nella cappella imperiale di Vienna, dall’altra rimangono aperte le ipotesi di un adattamento di questo modello compositivo in funzione di un contesto diverso da quello viennese – o comunque centroeuropeo – e segnatamente di alcune possibili destinazioni in ambito veneziano.
{"title":"Vivaldi e il Santo Sepolcro: nuove riflessioni e ipotesi","authors":"C. Fertonani","doi":"10.54103/2282-0035/19885","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/19885","url":null,"abstract":"La Suonata a 4 al Santo Sepolcro RV 130 e la Sinfonia al Santo Sepolcro RV 169, due composizioni gemelle risalenti con ogni probabilità agli anni Trenta del Settecento, occupano un posto singolare nella produzione strumentale di Antonio Vivaldi. L’indicazione del titolo «al Santo Sepolcro» non lascia dubbi sul fatto che le due partiture siano connesse con la Passione di Cristo e che dunque siano state composte per la settimana di Pasqua; restano tuttavia problematiche da individuare l’occasione e la destinazione e per cui esse sono state scritte. Se da una parte appare chiaro il riferimento delle due composizioni al modello formale e stilistico rappresentato dalla sinfonia introduttiva del «sepolcro», il particolare tipo di oratorio coltivato dagli anni Sessanta del Seicento nella cappella imperiale di Vienna, dall’altra rimangono aperte le ipotesi di un adattamento di questo modello compositivo in funzione di un contesto diverso da quello viennese – o comunque centroeuropeo – e segnatamente di alcune possibili destinazioni in ambito veneziano.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-03-16","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"46289666","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-03-16DOI: 10.54103/2282-0035/19884
Andrea Murace
Questo articolo è dedicato al De Aucupio di Pietro degli Angeli da Barga, altrimenti conosciuto come ‘il Bargeo’ (1517-1596), e alla trama di corrispondenze tematiche che questo poema intreccia con la parafrasi degli Ixeutica di Dionisio (III-V sec.), presumibilmente nota al poeta tramite la mediazione di Conrad Gessner. Dopo un’introduzione sui protagonisti della questione, ci si concentrerà su un caso esemplare, corredato di apparato critico, tratto dal De Aucupio, e sulle possibili fonti impiegate dal Bargeo.
{"title":"Per le fonti del De Aucupio di Pietro degli Angeli da Barga","authors":"Andrea Murace","doi":"10.54103/2282-0035/19884","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/19884","url":null,"abstract":"Questo articolo è dedicato al De Aucupio di Pietro degli Angeli da Barga, altrimenti conosciuto come ‘il Bargeo’ (1517-1596), e alla trama di corrispondenze tematiche che questo poema intreccia con la parafrasi degli Ixeutica di Dionisio (III-V sec.), presumibilmente nota al poeta tramite la mediazione di Conrad Gessner. Dopo un’introduzione sui protagonisti della questione, ci si concentrerà su un caso esemplare, corredato di apparato critico, tratto dal De Aucupio, e sulle possibili fonti impiegate dal Bargeo.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-03-16","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"44296093","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-03-16DOI: 10.54103/2282-0035/19888
Christian Frigerio
Questo articolo si propone come contributo alla teoria della rêverie degli elementi naturali sviluppata da Gaston Bachelard. Si argomenterà che la contemplazione del mare sollecita una visione particolare del mondo che può affettare le nostre idee del tempo e della memoria. Sulla scia del famoso detto di Eraclito, quella del fiume è sempre stata l’immagine principale per descrivere la natura inafferrabile del tempo; ma il mare, il luogo dove finiscono tutti i fiumi, fornisce una perfetta analogia naturale per la conservazione del «passato in sé» attorno cui Henri Bergson ha costruito la sua teoria della durata e della memoria: niente scompare davvero, e così il passato viene dotato della consistenza e della vivida eternità che la filosofia tradizionale attribuiva all’essere. Intercessori dal panorama letterario, uniti alla considerazione filosofica di alcune immagini ricorrenti – specialmente quelle del relitto e della città sommersa – aiuteranno ad approssimare la rêverie marina al pensiero di Bergson, approssimazione che si compirà nella conclusione.
{"title":"Bergson sulla spiaggia: rêverie marina e ontologia della memoria","authors":"Christian Frigerio","doi":"10.54103/2282-0035/19888","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/19888","url":null,"abstract":"Questo articolo si propone come contributo alla teoria della rêverie degli elementi naturali sviluppata da Gaston Bachelard. Si argomenterà che la contemplazione del mare sollecita una visione particolare del mondo che può affettare le nostre idee del tempo e della memoria. Sulla scia del famoso detto di Eraclito, quella del fiume è sempre stata l’immagine principale per descrivere la natura inafferrabile del tempo; ma il mare, il luogo dove finiscono tutti i fiumi, fornisce una perfetta analogia naturale per la conservazione del «passato in sé» attorno cui Henri Bergson ha costruito la sua teoria della durata e della memoria: niente scompare davvero, e così il passato viene dotato della consistenza e della vivida eternità che la filosofia tradizionale attribuiva all’essere. Intercessori dal panorama letterario, uniti alla considerazione filosofica di alcune immagini ricorrenti – specialmente quelle del relitto e della città sommersa – aiuteranno ad approssimare la rêverie marina al pensiero di Bergson, approssimazione che si compirà nella conclusione.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-03-16","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"45840095","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-03-16DOI: 10.54103/2282-0035/19880
D. Fermi
L’esame di un passo della Vita di Platone laerziana (III 2) – e di luoghi paralleli riferibili alla medesima tradizione – permette di mettere a fuoco un motivo mitico cruciale nei racconti sulla concorrenza tra essere umano e divinità nel gamos con una mortale: il divieto, che il nume impone al ‘rivale’ di inferiore natura, di congiungersi con la donna che reca in grembo il suo seme, finché l’eroina non abbia portato a termine la gravidanza. Le storie di personaggi femminili colpevoli di duplice gamos – prima con il dio e poi, a breve distanza di tempo, con il mortale – si focalizzano sulle conseguenze nefaste del secondo contaminante connubio: uno per tutti il caso di Coronide madre di Asclepio (e forse il motivo era associato anche ad altre note madri mitiche, come Arianna, Semele e Alcmena). In questi esempi, tuttavia, in genere non è esplicitato il tema della proibizione divina, come invece accade nel bios di Diogene Laerzio. Qui infatti Apollo, dopo aver concepito Platone con Perictione, appare ad Aristone per vietargli il rapporto sessuale con la parthenos.
{"title":"Il gamos proibito. Persistenza di un modello culturale in Diogene Laerzio (III 2)","authors":"D. Fermi","doi":"10.54103/2282-0035/19880","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2282-0035/19880","url":null,"abstract":"L’esame di un passo della Vita di Platone laerziana (III 2) – e di luoghi paralleli riferibili alla medesima tradizione – permette di mettere a fuoco un motivo mitico cruciale nei racconti sulla concorrenza tra essere umano e divinità nel gamos con una mortale: il divieto, che il nume impone al ‘rivale’ di inferiore natura, di congiungersi con la donna che reca in grembo il suo seme, finché l’eroina non abbia portato a termine la gravidanza. Le storie di personaggi femminili colpevoli di duplice gamos – prima con il dio e poi, a breve distanza di tempo, con il mortale – si focalizzano sulle conseguenze nefaste del secondo contaminante connubio: uno per tutti il caso di Coronide madre di Asclepio (e forse il motivo era associato anche ad altre note madri mitiche, come Arianna, Semele e Alcmena). In questi esempi, tuttavia, in genere non è esplicitato il tema della proibizione divina, come invece accade nel bios di Diogene Laerzio. Qui infatti Apollo, dopo aver concepito Platone con Perictione, appare ad Aristone per vietargli il rapporto sessuale con la parthenos.","PeriodicalId":40153,"journal":{"name":"ACME-Annali della Facolta di Studi Umanistici dell Universita degli Studi di Milano","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-03-16","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"42757329","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}