Il volume raccoglie gli atti del 45° ciclo delle tradizionali Letture Classensi, tenutesi a Ravenna tra il settembre e il novembre del 2015. Presentato da Michele de Pascale, sindaco della città, introdotto e curato da Johannes Bartuschat, esso comprende cinque contributi sulla ricezione e rielaborazione del tema dell’esilio di Dante tra Otto e Novecento, e un saggio di Lino Pertile, che sviluppa la lettura del canto XXXI del Paradiso offerta dallo studioso di Harvard presso la Sala Dantesca della Biblioteca Classense il 13 settembre di quell’anno, anniversario della morte del poeta. Come sottolineato tanto nella Presentazione di de Pascale quanto nella Premessa di Bartuschat, il motivo approfondito nei diversi interventi fa emergere la ricchezza del magistero dantesco, nella misura in cui la sua figura storica e la sua opera hanno potuto costituire, alle più diverse latitudini, uno stimolo e un termine di confronto ideali per permettere agli scrittori moderni e contemporanei di interrogarsi sul significato propriamente politico del proprio ruolo, e sulla forza, critica e profetica insieme, della parola letteraria. L’esule Dante testimonia infatti come la distanza, l’allontanamento, l’esclusione (spesso imposti e forzati) circoscrivano la condizione (reale e metaforica) della parola poetica, che è chiamata da un lato a denunciare l’ingiustizia, l’oppressione, l’orrore della storia in atto (e di ogni storia, presente e passata), dall’altro a formulare ipotesi e prospettive per un possibile risarcimento e superamento del dramma. Fu il Romanticismo – come viene dichiarato da Bartuschat in apertura del suo saggio (L’esilio di Dante nella cultura francese dell’Ottocento, pp. 9–36) – a eleggere Dante a emblema di una nuova sensibilità, estetica e civile, e a procedere dunque espressamente alla sua mitizzazione, spesso a discapito di una reale, effettiva conoscenza della sua opera, specie al di fuori dell’Italia. La parabola di Dante, scacciato dalla patria ed esule nelle regioni centro-settentrionali della penisola, è assunta a icona di quella marginalità dell’artista che, alle soglie della modernità, si sarebbe imposta quale requisito essenziale della sua autenticità e libertà. Esemplare risulta, al riguardo, l’evoluzione del pensiero di Chateaubriand, tra Le génie du christianisme e i più tardi scritti degli anni Trenta. Se in un primo tempo il suo giudizio resta ancorato ai paradigmi del classicismo settecentesco, e dunque circospetto e diffidente, all’altezza delle Mémoires d’outre-tombe – secondo una linea d’evoluzione tipica della cultura europea – Dante, per un verso malinconicamente estraneo al suo mondo e per l’altro profeta di pace in un’epoca di guerre e dissidi, viene elevato a modello della propria sensibilità.
{"title":"Johannes Bartuschat (ed.), L’esilio di Dante nella letteratura moderna e contemporanea, Ravenna, Longo 2016 (Letture Classensi, 45), 155 pp.","authors":"U. Motta","doi":"10.1515/dante-2019-0012","DOIUrl":"https://doi.org/10.1515/dante-2019-0012","url":null,"abstract":"Il volume raccoglie gli atti del 45° ciclo delle tradizionali Letture Classensi, tenutesi a Ravenna tra il settembre e il novembre del 2015. Presentato da Michele de Pascale, sindaco della città, introdotto e curato da Johannes Bartuschat, esso comprende cinque contributi sulla ricezione e rielaborazione del tema dell’esilio di Dante tra Otto e Novecento, e un saggio di Lino Pertile, che sviluppa la lettura del canto XXXI del Paradiso offerta dallo studioso di Harvard presso la Sala Dantesca della Biblioteca Classense il 13 settembre di quell’anno, anniversario della morte del poeta. Come sottolineato tanto nella Presentazione di de Pascale quanto nella Premessa di Bartuschat, il motivo approfondito nei diversi interventi fa emergere la ricchezza del magistero dantesco, nella misura in cui la sua figura storica e la sua opera hanno potuto costituire, alle più diverse latitudini, uno stimolo e un termine di confronto ideali per permettere agli scrittori moderni e contemporanei di interrogarsi sul significato propriamente politico del proprio ruolo, e sulla forza, critica e profetica insieme, della parola letteraria. L’esule Dante testimonia infatti come la distanza, l’allontanamento, l’esclusione (spesso imposti e forzati) circoscrivano la condizione (reale e metaforica) della parola poetica, che è chiamata da un lato a denunciare l’ingiustizia, l’oppressione, l’orrore della storia in atto (e di ogni storia, presente e passata), dall’altro a formulare ipotesi e prospettive per un possibile risarcimento e superamento del dramma. Fu il Romanticismo – come viene dichiarato da Bartuschat in apertura del suo saggio (L’esilio di Dante nella cultura francese dell’Ottocento, pp. 9–36) – a eleggere Dante a emblema di una nuova sensibilità, estetica e civile, e a procedere dunque espressamente alla sua mitizzazione, spesso a discapito di una reale, effettiva conoscenza della sua opera, specie al di fuori dell’Italia. La parabola di Dante, scacciato dalla patria ed esule nelle regioni centro-settentrionali della penisola, è assunta a icona di quella marginalità dell’artista che, alle soglie della modernità, si sarebbe imposta quale requisito essenziale della sua autenticità e libertà. Esemplare risulta, al riguardo, l’evoluzione del pensiero di Chateaubriand, tra Le génie du christianisme e i più tardi scritti degli anni Trenta. Se in un primo tempo il suo giudizio resta ancorato ai paradigmi del classicismo settecentesco, e dunque circospetto e diffidente, all’altezza delle Mémoires d’outre-tombe – secondo una linea d’evoluzione tipica della cultura europea – Dante, per un verso malinconicamente estraneo al suo mondo e per l’altro profeta di pace in un’epoca di guerre e dissidi, viene elevato a modello della propria sensibilità.","PeriodicalId":11276,"journal":{"name":"Deutsches Dante-Jahrbuch","volume":"2 1","pages":"199 - 203"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2019-09-23","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"85622589","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Riassunto Il fumetto Dante’s Inferno è uscito nel 2010 per la casa editrice Panini. Questo Inferno, ispirandosi alla struttura del testo originale dantesco, non segue tuttavia la tradizione dell’illustrazione ›classica‹ della Divina Commedia, ma offre una nuova interpretazione transmediale: Dante è rappresentato come crociato e guerriero, colpevole e peccatore. Beatrice in confronto sembra ambigua: è illustrata tanto come donna fedele quanto come regina mostruosa dell’inferno. Dall’analisi condotta secondo il modello di Juliane Blank emerge che l’Inferno dantesco non è soltanto una fonte di ispirazione tematica per gli autori, ma serve da modello per la struttura che sta alla base del fumetto. L’azione è costruita sull’organizzazione dei cerchi infernali e dei rispettivi peccati. Simultaneamente, sia i personaggi che i motivi danteschi subiscono una conversione transmediale adattata al genere del fumetto.
{"title":"Transmediale Übertragungsstrategien im Comic Dante’s Inferno (Gage/Latorre)","authors":"Viola Stiefel","doi":"10.1515/dante-2019-0007","DOIUrl":"https://doi.org/10.1515/dante-2019-0007","url":null,"abstract":"Riassunto Il fumetto Dante’s Inferno è uscito nel 2010 per la casa editrice Panini. Questo Inferno, ispirandosi alla struttura del testo originale dantesco, non segue tuttavia la tradizione dell’illustrazione ›classica‹ della Divina Commedia, ma offre una nuova interpretazione transmediale: Dante è rappresentato come crociato e guerriero, colpevole e peccatore. Beatrice in confronto sembra ambigua: è illustrata tanto come donna fedele quanto come regina mostruosa dell’inferno. Dall’analisi condotta secondo il modello di Juliane Blank emerge che l’Inferno dantesco non è soltanto una fonte di ispirazione tematica per gli autori, ma serve da modello per la struttura che sta alla base del fumetto. L’azione è costruita sull’organizzazione dei cerchi infernali e dei rispettivi peccati. Simultaneamente, sia i personaggi che i motivi danteschi subiscono una conversione transmediale adattata al genere del fumetto.","PeriodicalId":11276,"journal":{"name":"Deutsches Dante-Jahrbuch","volume":"1 1","pages":"143 - 153"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2019-09-23","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"78713423","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Riassunto Due testi dell’immediato contesto della congiura dei Pazzi del 1478 dimostrano che la popolarità della Commedia, testimoniata da Franco Sacchetti e Leonardo Bruni, potrebbe essere stata strumentalizzata nella Firenze del Quattrocento, nel momento in cui si trattava di discreditare gli oppositori politici in una situazioni di crisi. Il Coniurationis commentarium di Angelo Poliziano e la poesia in terzine »Questo è il tradimento della morte di Giuliano« utilizzano entrambi il tema del traditore degli ultimi due canti dell’Inferno. Entrambi i testi presentano così i Pazzi come i nuovi Bruto, Cassio e Giuda e fanno uso del ›Dante popolare‹ per convincere il popolo fiorentino della legittimità del potere mediceo. La raffinatezza del Commentarium di Poliziano, in contrasto con la poesia in terzine più popolare, sta però nella combinazione di due discorsi sui traditori che si intensificano a vicenda, quello della Commedia e quello del De Coniuratione Catilinae di Sallustio, attraverso il quale egli non solo combina la condanna metafisico-dantesca con un verdetto di stampo intramondano ed umanistico, ma può anche mettere in scena l’unità indissolubile del popolo e dell’élite fiorentina contro i cospiratori e i loro sostenitori.
{"title":"Dante pfeifen","authors":"Marc Föcking","doi":"10.1515/dante-2019-0003","DOIUrl":"https://doi.org/10.1515/dante-2019-0003","url":null,"abstract":"Riassunto Due testi dell’immediato contesto della congiura dei Pazzi del 1478 dimostrano che la popolarità della Commedia, testimoniata da Franco Sacchetti e Leonardo Bruni, potrebbe essere stata strumentalizzata nella Firenze del Quattrocento, nel momento in cui si trattava di discreditare gli oppositori politici in una situazioni di crisi. Il Coniurationis commentarium di Angelo Poliziano e la poesia in terzine »Questo è il tradimento della morte di Giuliano« utilizzano entrambi il tema del traditore degli ultimi due canti dell’Inferno. Entrambi i testi presentano così i Pazzi come i nuovi Bruto, Cassio e Giuda e fanno uso del ›Dante popolare‹ per convincere il popolo fiorentino della legittimità del potere mediceo. La raffinatezza del Commentarium di Poliziano, in contrasto con la poesia in terzine più popolare, sta però nella combinazione di due discorsi sui traditori che si intensificano a vicenda, quello della Commedia e quello del De Coniuratione Catilinae di Sallustio, attraverso il quale egli non solo combina la condanna metafisico-dantesca con un verdetto di stampo intramondano ed umanistico, ma può anche mettere in scena l’unità indissolubile del popolo e dell’élite fiorentina contro i cospiratori e i loro sostenitori.","PeriodicalId":11276,"journal":{"name":"Deutsches Dante-Jahrbuch","volume":"10 1","pages":"37 - 56"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2019-09-23","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"86450863","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Einleitend bietet die Herausgeberin einen prägnanten Überblick über die Convivio-Forschung der letzten Jahrzehnte und arbeitet zugleich das Ziel des vorliegenden Bandes heraus: anstelle eines teleologischen Narrativs, das das Convivio einer mittleren, philosophischen Phase in Dantes kontinuierlicher Entwicklung hin zum sacrato poema zuschreibt, will der Band sich auf einen klar eingegrenzten Zeitraum fokussieren (1304–1308) und dabei die Frage stellen, ob und in welchem Ausmaß Dante mit dem Convivio einen Neubeginn in seinem bisherigen Denken und Schaffen wagen wollte – und inwiefern ihn gar äußere Umstände dazu gezwungen haben könnten (1). Sie betont den Eindruck, dass dem Convivio weder mit einer rein philosophiegeschichtlichen noch einer rein literaturwissenschaftlichen – und allgemeiner einer rein textimmanenten – Perspektive beizukommen sei. Entsprechend stellen sich die Beiträge des Bandes der angesichts der Quellenlage großen Herausforderung einer präzise(re)n historischen Kontextualisierung des Convivio. Der Beitrag von Zygmunt G. Barański fungiert gleichsam als Einführung. Mit Blick auf die neuesten Forschungen zum Convivio geht der Autor hier auf die Definitionsschwierigkeiten ein, die sich durch die stilistische und gattungstypologische Hybridität des Werkes notwendig einstellen und durch Dante – wie Barański mit Verweis auf die einschlägigen metatextuellen Passagen zeigt – durchaus reflektiert werden. Das Convivio kann weder als rein philosophischer Traktat noch als Kommentar oder aber als Satura betrachtet werden: drei Typologien, die im Mittelalter üblicherweise nicht im Verbund auftreten (11). Da die Vorstellung von textuellen Ordnungen und Hierarchien aber auch für dieses Dante’sche Werk bestimmend seien, dürfe man seinen eklektizistischen Charakter nicht überbetonen (12). Andererseits dürfe man das Convivio nicht als rein rational-philosophischen Traktat mit Aristoteles als Gewährsmann betrachten, träten doch neben diesen auch christliche Konzepte von Offenbarung, Weisheit und eines »emotionalen Verstehens« (13). Das Bewusstsein eines hierarchisch strukturierten, zugleich aber auch in verschiedene Wissensbereiche fragmentierten Wissens drücke sich in Dantes Hohelied-Zitat über die zahllosen Dienerinnen der Theologie aus (14) – aber auch in der Qualifikation des Werkes als »quasi comento« (15). Anders als mittelalterliche Kommentare oder compilationes verstehe sich das Convivio aber – Barański beruft sich auf Russell Ascoli – wiederum nicht als ein dienendes, fremde Autoritäten kommentarlos wiedergebendes Werk, sondern als eines, das durch die Auseinandersetzung mit anderen Ansichten
这本书的主题是:一个除teleologischen Narrativs, Convivio中中等,哲学阶段神曲持续发展提供通往sacrato poema乐队的强国,要形成一个明确细致专注期间(1304-1308)问题、是否以及在多大程度与但丁Convivio有一个新的开始在其以往的思维和创造车想和怎样对他根本外在强制的因素有可能:(1).她强调的印象,既不是单纯的哲学或是纯粹的文学学者也不是纯粹纺织的观点因此,作者的著作——从参考情形看——面临着精准(re)与convero历史背景的挑战。本文从Zygmunt g Barań滑雪机构,作为.简介豪华的最新研究,作者去Convivio Definitionsschwierigkeiten上,旨在通过行事的风格和gattungstypologische Hybridität工需要停止通过但丁- Barań滑雪援引相关metatextuellen经文告诉我们,完全时会.convero不能被看作纯粹的哲学轨迹,也不能被看作是思想家,或者是心理学家,这是三个典型(11)在中世纪是共有的。从一开始,君士坦丁的统治就建立在罗马帝国中,当时的法国人就是这样认为的。另一方面可以解开Convivio纯属rational-philosophischen单张用亚里士多德视为策略、träten但除了这些基督徒启示的概念也»的智慧和情感Verstehens«(13).建立hierarchisch意识也不同,要Wissensbereiche四分五裂的知识按在神曲Hohelied-Zitat关于神学的仆人(14)上,但也在源于技能几乎是comento»«(15).不像中世纪的注释或compilationes对Convivio舒服但Barań滑雪的降罗素Ascoli——而不是作为一个dienendes陌生人权威都会wiedergebendes作品,而是一笔是通过处理问题有不同看法
{"title":"Meier, Franziska (Hrsg.), Dante’s Convivio. Or how to restart a career in exile, Bern, Peter Lang 2018 (Leeds Studies on Dante), 286 S.","authors":"C. Ott","doi":"10.1515/dante-2019-0011","DOIUrl":"https://doi.org/10.1515/dante-2019-0011","url":null,"abstract":"Einleitend bietet die Herausgeberin einen prägnanten Überblick über die Convivio-Forschung der letzten Jahrzehnte und arbeitet zugleich das Ziel des vorliegenden Bandes heraus: anstelle eines teleologischen Narrativs, das das Convivio einer mittleren, philosophischen Phase in Dantes kontinuierlicher Entwicklung hin zum sacrato poema zuschreibt, will der Band sich auf einen klar eingegrenzten Zeitraum fokussieren (1304–1308) und dabei die Frage stellen, ob und in welchem Ausmaß Dante mit dem Convivio einen Neubeginn in seinem bisherigen Denken und Schaffen wagen wollte – und inwiefern ihn gar äußere Umstände dazu gezwungen haben könnten (1). Sie betont den Eindruck, dass dem Convivio weder mit einer rein philosophiegeschichtlichen noch einer rein literaturwissenschaftlichen – und allgemeiner einer rein textimmanenten – Perspektive beizukommen sei. Entsprechend stellen sich die Beiträge des Bandes der angesichts der Quellenlage großen Herausforderung einer präzise(re)n historischen Kontextualisierung des Convivio. Der Beitrag von Zygmunt G. Barański fungiert gleichsam als Einführung. Mit Blick auf die neuesten Forschungen zum Convivio geht der Autor hier auf die Definitionsschwierigkeiten ein, die sich durch die stilistische und gattungstypologische Hybridität des Werkes notwendig einstellen und durch Dante – wie Barański mit Verweis auf die einschlägigen metatextuellen Passagen zeigt – durchaus reflektiert werden. Das Convivio kann weder als rein philosophischer Traktat noch als Kommentar oder aber als Satura betrachtet werden: drei Typologien, die im Mittelalter üblicherweise nicht im Verbund auftreten (11). Da die Vorstellung von textuellen Ordnungen und Hierarchien aber auch für dieses Dante’sche Werk bestimmend seien, dürfe man seinen eklektizistischen Charakter nicht überbetonen (12). Andererseits dürfe man das Convivio nicht als rein rational-philosophischen Traktat mit Aristoteles als Gewährsmann betrachten, träten doch neben diesen auch christliche Konzepte von Offenbarung, Weisheit und eines »emotionalen Verstehens« (13). Das Bewusstsein eines hierarchisch strukturierten, zugleich aber auch in verschiedene Wissensbereiche fragmentierten Wissens drücke sich in Dantes Hohelied-Zitat über die zahllosen Dienerinnen der Theologie aus (14) – aber auch in der Qualifikation des Werkes als »quasi comento« (15). Anders als mittelalterliche Kommentare oder compilationes verstehe sich das Convivio aber – Barański beruft sich auf Russell Ascoli – wiederum nicht als ein dienendes, fremde Autoritäten kommentarlos wiedergebendes Werk, sondern als eines, das durch die Auseinandersetzung mit anderen Ansichten","PeriodicalId":11276,"journal":{"name":"Deutsches Dante-Jahrbuch","volume":"8 1","pages":"190 - 198"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2019-09-23","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"73912596","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Zusammenfassung Der vorliegende Beitrag revidiert die bisherige Forschung zu den Bezügen zwischen Dantes Brief an Malaspina und der sogenannten »canzone Montanina«, um zu klären, zu welchem Zeitpunkt Dante sie vom Casentino aus nach Lunigiana hatte schicken können. Die vorgeschlagene Datierungshypothese (im fortgeschrittenen Jahr 1307) führt zu neuen Erkenntnissen bezüglich Dantes Biographie und seinem Abbruch des Convivio-Projekts.
{"title":"Osservazioni semantiche e cronologiche","authors":"A. Casadei","doi":"10.1515/dante-2019-0006","DOIUrl":"https://doi.org/10.1515/dante-2019-0006","url":null,"abstract":"Zusammenfassung Der vorliegende Beitrag revidiert die bisherige Forschung zu den Bezügen zwischen Dantes Brief an Malaspina und der sogenannten »canzone Montanina«, um zu klären, zu welchem Zeitpunkt Dante sie vom Casentino aus nach Lunigiana hatte schicken können. Die vorgeschlagene Datierungshypothese (im fortgeschrittenen Jahr 1307) führt zu neuen Erkenntnissen bezüglich Dantes Biographie und seinem Abbruch des Convivio-Projekts.","PeriodicalId":11276,"journal":{"name":"Deutsches Dante-Jahrbuch","volume":"46 1","pages":"125 - 139"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2019-09-23","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"84128126","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Zusammenfassung Der Aufsatz beschäftigt sich mit drei in den Vereinigten Staaten zwischen 1924 und 1944 produzierten Filmen und mit weiteren zwei Filmen aus den Jahren 1997–1998. Gemeinsame Charakteristik der ersten drei Filme ist die Wahrnehmung von Dantes Inferno als Träger einer für die heutige Gesellschaft gültigen moralischen Botschaft. Insbesondere die beiden Dante’s Inferno von 1924 und 1935 (der zweite Film stellt ein Remake des ersten dar) wollen uns davor warnen, auf Grund unserer Gier eine eigene ›Hölle auf Erden‹ zu schaffen. Es geht dabei um eine humanistische, soziale Botschaft, die darauf abzielt, die Bestien des Kapitalismus anzuprangern. Der Film, dessen erstes Vorbild der Apolog A Christmas Carol von Charles Dickens ist, gehört zum amerikanischen Dantismus à la Ralph Waldo Emerson. Das Remake ist im Einklang mit Roosevelts New Deal. Der dritte Film, Go Down Death! (1944), ist eine afroamerikanische Produktion, die in einer Zeit, in der Segregationismus auch im Kino herrschte, für das schwarze Publikum bestimmt war. Er dokumentiert, wie Dante zu einem Referenzautor des Kampfs für die Emanzipation der Schwarzen in Amerika wurde. Deconstructing Harry von Woody Allen (1997) und What Dreams May Come von Vincent Ward (1998) sind Neuschreibungen des Abstiegs in die Unterwelt. Beide Filme machen von Dantes Bildern Gebrauch, um die Rettung einer modernen Eurydike zu beschreiben. Der erste Film liefert einen parodistischen, materialistischen und komischen Interpretationsschlüssel, der zweite dagegen vermittelt einen New Age-artigen Ton. Trotz ihrer Polarität weisen die beiden Filme eigenartige Gemeinsamkeiten auf.
{"title":"L’Inferno di Dante nel cinema americano prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale","authors":"M. Tavoni","doi":"10.1515/dante-2019-0005","DOIUrl":"https://doi.org/10.1515/dante-2019-0005","url":null,"abstract":"Zusammenfassung Der Aufsatz beschäftigt sich mit drei in den Vereinigten Staaten zwischen 1924 und 1944 produzierten Filmen und mit weiteren zwei Filmen aus den Jahren 1997–1998. Gemeinsame Charakteristik der ersten drei Filme ist die Wahrnehmung von Dantes Inferno als Träger einer für die heutige Gesellschaft gültigen moralischen Botschaft. Insbesondere die beiden Dante’s Inferno von 1924 und 1935 (der zweite Film stellt ein Remake des ersten dar) wollen uns davor warnen, auf Grund unserer Gier eine eigene ›Hölle auf Erden‹ zu schaffen. Es geht dabei um eine humanistische, soziale Botschaft, die darauf abzielt, die Bestien des Kapitalismus anzuprangern. Der Film, dessen erstes Vorbild der Apolog A Christmas Carol von Charles Dickens ist, gehört zum amerikanischen Dantismus à la Ralph Waldo Emerson. Das Remake ist im Einklang mit Roosevelts New Deal. Der dritte Film, Go Down Death! (1944), ist eine afroamerikanische Produktion, die in einer Zeit, in der Segregationismus auch im Kino herrschte, für das schwarze Publikum bestimmt war. Er dokumentiert, wie Dante zu einem Referenzautor des Kampfs für die Emanzipation der Schwarzen in Amerika wurde. Deconstructing Harry von Woody Allen (1997) und What Dreams May Come von Vincent Ward (1998) sind Neuschreibungen des Abstiegs in die Unterwelt. Beide Filme machen von Dantes Bildern Gebrauch, um die Rettung einer modernen Eurydike zu beschreiben. Der erste Film liefert einen parodistischen, materialistischen und komischen Interpretationsschlüssel, der zweite dagegen vermittelt einen New Age-artigen Ton. Trotz ihrer Polarität weisen die beiden Filme eigenartige Gemeinsamkeiten auf.","PeriodicalId":11276,"journal":{"name":"Deutsches Dante-Jahrbuch","volume":"28 1","pages":"89 - 121"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2019-09-23","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"84272510","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Riassunto Se Wolf Biermann dice che i cantautori sono quelle persone »[...] che non sanno suonare la chitarra, ma in compenso... non sanno neppure cantare«1, si tratta di una riduzione polemica del concetto del cantautore. I cantautori stessi si vedono non solo come una nuova generazione di cantanti, ma anche di scrittori e storiografi, che attraverso l’impegno politico vogliono essere la voce di una nuova generazione di giovani negli anni ’60. Questo contributo esamina come il fenomeno dei cantautori sia legato alla ricezione di Dante in questi anni. Prima viene presentata una definizione del termine ›cantautore‹, poi si posiziona il movimento dei cantautori nella discussione della intertestualità nella letteratura, che nasce proprio negli stessi anni, e in ultimo si analizza l’esempio Odysseus dall’album Ritratti (2004) di Francesco Guccini.
{"title":"Dante und die cantautori","authors":"J. Viehweg","doi":"10.1515/dante-2019-0008","DOIUrl":"https://doi.org/10.1515/dante-2019-0008","url":null,"abstract":"Riassunto Se Wolf Biermann dice che i cantautori sono quelle persone »[...] che non sanno suonare la chitarra, ma in compenso... non sanno neppure cantare«1, si tratta di una riduzione polemica del concetto del cantautore. I cantautori stessi si vedono non solo come una nuova generazione di cantanti, ma anche di scrittori e storiografi, che attraverso l’impegno politico vogliono essere la voce di una nuova generazione di giovani negli anni ’60. Questo contributo esamina come il fenomeno dei cantautori sia legato alla ricezione di Dante in questi anni. Prima viene presentata una definizione del termine ›cantautore‹, poi si posiziona il movimento dei cantautori nella discussione della intertestualità nella letteratura, che nasce proprio negli stessi anni, e in ultimo si analizza l’esempio Odysseus dall’album Ritratti (2004) di Francesco Guccini.","PeriodicalId":11276,"journal":{"name":"Deutsches Dante-Jahrbuch","volume":"8 1","pages":"154 - 168"},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2019-09-23","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"75351447","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}