Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18773
Martina Guzzetti
The global spread of English has resulted in new varieties and cultures being associated with it; Cultural Linguistics studies these by emphasising the relationship between language and culturally-constructed conceptualisations. English is often seen as negative for local languages, especially in post-colonial contexts; however, speech communities can develop new varieties by localising it through ‘glocalisation’ or ‘nativisation’. The purpose of this paper is to investigate these notions by considering Singlish, the colloquial variety of Singapore English. Here, the adoption of English words has contributed to the creation of a localised variety, though this hybridisation is often seen as a corruption. The long-lasting debate around it has seen direct intervention of the Government and reactions of linguistic resistance or “chutzpah” coming from Singlish speakers, in an attempt to reclaim Singlish as the true expression of Singaporean identity. The analysis examines English words in two online Singlish dictionaries (A Dictionary of Singlish and Singapore English and The Coxford Singlish Dictionary), in order to understand the cultural conceptualisations they represent. A cross-checking with the Oxford English Dictionary further highlights differences with the standard: this helps demonstrate that English expressions can become the keywords of a culture of non-native speakers and contribute to a redefinition of its linguistic identity, rather than cancelling it.
{"title":"Exploring cultural conceptualisations in two online Singlish dictionaries","authors":"Martina Guzzetti","doi":"10.54103/2035-7680/18773","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18773","url":null,"abstract":"The global spread of English has resulted in new varieties and cultures being associated with it; Cultural Linguistics studies these by emphasising the relationship between language and culturally-constructed conceptualisations. English is often seen as negative for local languages, especially in post-colonial contexts; however, speech communities can develop new varieties by localising it through ‘glocalisation’ or ‘nativisation’. The purpose of this paper is to investigate these notions by considering Singlish, the colloquial variety of Singapore English. Here, the adoption of English words has contributed to the creation of a localised variety, though this hybridisation is often seen as a corruption. The long-lasting debate around it has seen direct intervention of the Government and reactions of linguistic resistance or “chutzpah” coming from Singlish speakers, in an attempt to reclaim Singlish as the true expression of Singaporean identity. The analysis examines English words in two online Singlish dictionaries (A Dictionary of Singlish and Singapore English and The Coxford Singlish Dictionary), in order to understand the cultural conceptualisations they represent. A cross-checking with the Oxford English Dictionary further highlights differences with the standard: this helps demonstrate that English expressions can become the keywords of a culture of non-native speakers and contribute to a redefinition of its linguistic identity, rather than cancelling it.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"47203498","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18695
Beatrice Montorfano
Viene proposta l’analisi di un caso specifico di contatto con Shakespeare, avvenuto all’interno della produzione teatrale carceraria. Un’isola. Dalla mia finestra si vedono le montagne (2018) è un’opera teatrale che si rapporta a The Tempest sulla base della riscrittura drammaturgica elaborata dalla regista Alessia Gennari, in collaborazione con un cast multinazionale, composto da alcuni detenuti del carcere di Vigevano (PV). Nel copione, si evidenzia un utilizzo frammentario e selezionato della versione italiana del testo shakespeariano. A questo si accompagnano brevi sezioni composte direttamente dai detenuti ed elementi linguistici e culturali di provenienza variegata. In un’istituzione totale, all’interno della quale il ruolo dei detenuti è appiattito su quello convenzionale del criminale, l’attività creativa in ambito teatrale permette di sviluppare forme di resilienza nella costruzione di identità stratificate, nonché di scoprire una condizione come la vulnerabilità, propria e altrui, in apparenza molto lontana da quella della colpevolezza. In questa dimensione, Shakespeare diventa il filtro attraverso cui liberare la propria voce, nello stesso momento in cui il testo di The Tempest, nelle parole di Gennari, assume la funzione di ‘pre-testo’, a servizio del carcere e dei detenuti. Tra autorità shakespeariana e agency dei soggetti marginalizzati si stabilisce dunque un rapporto articolato, sulle cui declinazioni nella pratica drammaturgica e performativa è qui puntata l’attenzione.
{"title":"Una Tempesta plurale. L’esperienza di Alessia Gennari con gli attori-detenuti del carcere di Vigevano","authors":"Beatrice Montorfano","doi":"10.54103/2035-7680/18695","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18695","url":null,"abstract":"Viene proposta l’analisi di un caso specifico di contatto con Shakespeare, avvenuto all’interno della produzione teatrale carceraria. Un’isola. Dalla mia finestra si vedono le montagne (2018) è un’opera teatrale che si rapporta a The Tempest sulla base della riscrittura drammaturgica elaborata dalla regista Alessia Gennari, in collaborazione con un cast multinazionale, composto da alcuni detenuti del carcere di Vigevano (PV). Nel copione, si evidenzia un utilizzo frammentario e selezionato della versione italiana del testo shakespeariano. A questo si accompagnano brevi sezioni composte direttamente dai detenuti ed elementi linguistici e culturali di provenienza variegata. In un’istituzione totale, all’interno della quale il ruolo dei detenuti è appiattito su quello convenzionale del criminale, l’attività creativa in ambito teatrale permette di sviluppare forme di resilienza nella costruzione di identità stratificate, nonché di scoprire una condizione come la vulnerabilità, propria e altrui, in apparenza molto lontana da quella della colpevolezza. In questa dimensione, Shakespeare diventa il filtro attraverso cui liberare la propria voce, nello stesso momento in cui il testo di The Tempest, nelle parole di Gennari, assume la funzione di ‘pre-testo’, a servizio del carcere e dei detenuti. Tra autorità shakespeariana e agency dei soggetti marginalizzati si stabilisce dunque un rapporto articolato, sulle cui declinazioni nella pratica drammaturgica e performativa è qui puntata l’attenzione.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"49589968","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18696
Edoardo Checcucci
L’articolo si concentra su due romanzi norvegesi contemporanei, Alle utlendinger har lukka gardiner di Maria Navarro Skaranger (2015) e Tante Ulrikkes vei di Zeshan Shakar (2017), e approfondisce il concetto di glocalità, qui inteso come la compresenza tra un forte attaccamento al quartiere di residenza e l’identificazione nella sottocultura giovanile globale del rap e dell’hip hop. Successivamente è presa in esame la figura del gangster “wannabe”, cioè una persona che agisce o si veste come un gangster senza però infrangere la legge. Entrambi sono comportamenti che gli studi di sociolinguistica hanno associato alla comunità di parlanti kebabnorsk.
这篇文章聚焦于两部当代挪威小说，玛丽亚·纳瓦罗·斯卡兰格的《Alle utleninger har lukka窗帘》（2015）和泽山·夏卡尔的《Tante Ulrikkes vei》（2017），并深化了全球性的概念，在这里被理解为在说唱和嘻哈的全球青年亚文化中，对居住地的强烈依恋和认同之间的共存。随后，对歹徒“wannabe”的形象进行了审查，即在不违反法律的情况下表现或穿着像歹徒的人。这两种行为都是社会语言学研究中与Kebabnorsk语社区有关的行为。
{"title":"Rappresentazioni di realtà ai margini di Oslo in Alle utlendinger har lukka gardiner di Maria Navarro Skaranger e Tante Ulrikkes vei di Zeshan Shakar: kebabnorsk, glocalità e gangster ‘wannabe’","authors":"Edoardo Checcucci","doi":"10.54103/2035-7680/18696","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18696","url":null,"abstract":"L’articolo si concentra su due romanzi norvegesi contemporanei, Alle utlendinger har lukka gardiner di Maria Navarro Skaranger (2015) e Tante Ulrikkes vei di Zeshan Shakar (2017), e approfondisce il concetto di glocalità, qui inteso come la compresenza tra un forte attaccamento al quartiere di residenza e l’identificazione nella sottocultura giovanile globale del rap e dell’hip hop. Successivamente è presa in esame la figura del gangster “wannabe”, cioè una persona che agisce o si veste come un gangster senza però infrangere la legge. Entrambi sono comportamenti che gli studi di sociolinguistica hanno associato alla comunità di parlanti kebabnorsk.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"45357480","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18681
Giulia Baquè
The March 2011 Tōhoku triple disaster reinforced an already liminal space inside Japan. The region of Tōhoku, historically considered at the margins, was once again framed as a marginal space separated from the Japanese ‘centre’. However, the physical area of the disaster acquired new figurative dimensions allowing for an artistic and cultural response to the events of March 2011 and to the national narrative of fast recovery. In the novel In the Zone (2016) by Taguchi Randy, the abandoned and marginal landscape of the exclusion zone assumes the characteristics of a space for survival and renovation. The human and nonhuman characters challenge their social and physical marginality through the continuous movement in the exclusion zone and across several physical and figurative boundaries. Furthermore, in this liminal space, bodily acts—such as laughing, dancing, or singing—become a way to build resilience and recover from previous traumas. This paper concludes that the novel In the Zone constructs the disaster as a positive trope engendering recovery from past traumas and confronting national discourses on the environment, women, and marginal communities.
2011年3月的Tōhoku三重灾难加强了日本国内本已有限的空间。历史上被认为处于边缘的Tōhoku地区，再次被视为与日本“中心”分离的边缘空间。然而，灾难的物理区域获得了新的形象维度，允许对2011年3月的事件和国家快速恢复的叙述作出艺术和文化反应。在田口兰迪(Taguchi Randy)的小说《In the Zone》(2016)中，禁区被遗弃的边缘景观呈现出生存和改造空间的特征。人类和非人类角色通过在禁区内和跨越几个物理和形象边界的持续运动来挑战他们的社会和物理边缘地位。此外，在这个有限的空间里，身体的行为——比如笑、跳舞或唱歌——成为一种建立弹性和从以前的创伤中恢复的方式。本文的结论是，小说《在地带》将灾难构建为一个积极的比喻，使人们从过去的创伤中恢复过来，并与有关环境、妇女和边缘社区的国家话语相对抗。
{"title":"Confronting Marginality: human and nonhuman resilience in the landscape of disaster","authors":"Giulia Baquè","doi":"10.54103/2035-7680/18681","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18681","url":null,"abstract":"The March 2011 Tōhoku triple disaster reinforced an already liminal space inside Japan. The region of Tōhoku, historically considered at the margins, was once again framed as a marginal space separated from the Japanese ‘centre’. However, the physical area of the disaster acquired new figurative dimensions allowing for an artistic and cultural response to the events of March 2011 and to the national narrative of fast recovery. In the novel In the Zone (2016) by Taguchi Randy, the abandoned and marginal landscape of the exclusion zone assumes the characteristics of a space for survival and renovation. The human and nonhuman characters challenge their social and physical marginality through the continuous movement in the exclusion zone and across several physical and figurative boundaries. Furthermore, in this liminal space, bodily acts—such as laughing, dancing, or singing—become a way to build resilience and recover from previous traumas. This paper concludes that the novel In the Zone constructs the disaster as a positive trope engendering recovery from past traumas and confronting national discourses on the environment, women, and marginal communities.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"42717332","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18774
Michela Avellis
Nel 1991, la conquista dell’indipendenza da parte dell’Ucraina ha portato alla (ri)scoperta di un’identità nazionale e ha posto in primo piano la questione della lingua. Da allora, la lingua ucraina ha visto crescere il proprio status e ha iniziato ad essere utilizzata in sempre più domini comunicativi, mentre, parallelamente, la nuova Costituzione dichiarava il russo lingua di una minoranza nazionale. Tuttavia, il censimento del 2001 e altri sondaggi più recenti mostrano l’esistenza di un cospicuo gruppo di madrelingua russi, e rilevano che l’uso del russo come principale lingua di comunicazione riguarda un numero di persone che eccede la comunità madrelingua. Il presente articolo contribuisce a verificare la situazione sociolinguistica della lingua russa, presentando i risultati principali della ricerca sul campo che ho condotto in Ucraina nel 2018. Dall’analisi quantitativa e qualitativa dei dati raccolti emergono la complessità del contesto linguistico e culturale ucraino e il conflitto interiore che accompagna il problema della scelta linguistica: essa è, infatti, legata all’interrogativo riguardo alla propria identità e alla difficoltà diffusa a determinare un confine tra ciò che è ‘proprio’ e ciò che è ‘altro’.
{"title":"Scelta linguistica e identità nella popolazione bilingue ucraina","authors":"Michela Avellis","doi":"10.54103/2035-7680/18774","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18774","url":null,"abstract":"Nel 1991, la conquista dell’indipendenza da parte dell’Ucraina ha portato alla (ri)scoperta di un’identità nazionale e ha posto in primo piano la questione della lingua. Da allora, la lingua ucraina ha visto crescere il proprio status e ha iniziato ad essere utilizzata in sempre più domini comunicativi, mentre, parallelamente, la nuova Costituzione dichiarava il russo lingua di una minoranza nazionale. Tuttavia, il censimento del 2001 e altri sondaggi più recenti mostrano l’esistenza di un cospicuo gruppo di madrelingua russi, e rilevano che l’uso del russo come principale lingua di comunicazione riguarda un numero di persone che eccede la comunità madrelingua. Il presente articolo contribuisce a verificare la situazione sociolinguistica della lingua russa, presentando i risultati principali della ricerca sul campo che ho condotto in Ucraina nel 2018. Dall’analisi quantitativa e qualitativa dei dati raccolti emergono la complessità del contesto linguistico e culturale ucraino e il conflitto interiore che accompagna il problema della scelta linguistica: essa è, infatti, legata all’interrogativo riguardo alla propria identità e alla difficoltà diffusa a determinare un confine tra ciò che è ‘proprio’ e ciò che è ‘altro’. \u0000 ","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"45121631","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18687
E. Ogliari
Prisons play a prominent role in Irish imagination and collective memory, because their wings and cells bore witness to many turning points in the country’s recent history. Kilmainham Gaol, often called ‘the Bastille of Ireland’, is no exception: from 1796 to its closure in 1924, it held the leaders of nineteenth-century agrarian and nationalist revolts as well as the Easter Rising rebels in 1916. Given the Gaol’s importance in nationalist history, it has been argued that a specific narrative came to be constructed around it by its restorers: one aimed at elevating the Gaol to a symbol of the separatist struggle, and which deliberately downplayed the fact that the prison had been a place of detention also for non-political prisoners and the opponents of the Free State. Scholars contend that this narrative long dominated over stories of ordinary penal history, and, only recently, brief mentions of ‘ordinary’ prisoners and the Civil War have entered the dominant narrative. My article questions these assumptions and is divided into two parts to outline such ‘reframing’ of Kilmainham Gaol: first, drawing on archival documents, I discuss the intention of the authorities to redesign Ireland’s past as a monolithic history of struggle against the enemies of the nation in their narrative of the Gaol, and I argue for the need to consider their reasons to do so; second, I resort to Witcomb’s methodological approach to highlight how today’s curators respond to the representational challenges posed by the Gaol and aim at incorporating into the narrative of the site the dissonant voices of those who had been previously neglected.
{"title":"Reframing “the most holy spot in Ireland”: an analysis of the narratives from and around Kilmainham Gaol","authors":"E. Ogliari","doi":"10.54103/2035-7680/18687","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18687","url":null,"abstract":"Prisons play a prominent role in Irish imagination and collective memory, because their wings and cells bore witness to many turning points in the country’s recent history. Kilmainham Gaol, often called ‘the Bastille of Ireland’, is no exception: from 1796 to its closure in 1924, it held the leaders of nineteenth-century agrarian and nationalist revolts as well as the Easter Rising rebels in 1916. Given the Gaol’s importance in nationalist history, it has been argued that a specific narrative came to be constructed around it by its restorers: one aimed at elevating the Gaol to a symbol of the separatist struggle, and which deliberately downplayed the fact that the prison had been a place of detention also for non-political prisoners and the opponents of the Free State. Scholars contend that this narrative long dominated over stories of ordinary penal history, and, only recently, brief mentions of ‘ordinary’ prisoners and the Civil War have entered the dominant narrative. My article questions these assumptions and is divided into two parts to outline such ‘reframing’ of Kilmainham Gaol: first, drawing on archival documents, I discuss the intention of the authorities to redesign Ireland’s past as a monolithic history of struggle against the enemies of the nation in their narrative of the Gaol, and I argue for the need to consider their reasons to do so; second, I resort to Witcomb’s methodological approach to highlight how today’s curators respond to the representational challenges posed by the Gaol and aim at incorporating into the narrative of the site the dissonant voices of those who had been previously neglected.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"47401134","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18691
Maria Giulia Laddago
Kae Tempest (Londra, 1985) è poeta, musicista e performer di spoken word poetry e lavora nello spazio ibrido tra poesia e musica, facendo della performance il suo tratto distintivo e il trait d’union tra le due forme. In questo contributo si analizzeranno i poemi Brand New Ancients (2013) e Let Them Eat Chaos (2016), ambientati nella Londra di oggi, dove le grandi problematiche del mondo globale – lo sfruttamento delle risorse, la gentrificazione, le diseguaglianze sociali – fanno da sfondo alle storie ordinarie di persone avvolte dal torpore e l’indifferenza causati da una vita infelice. Nel recente saggio On Connection (2020), composto durante la prima fase della pandemia da Covid-19, Tempest riflette sulla funzione sociale e politica della letteratura e sulla necessità di ritrovare un senso di comunità attraverso l’empatia.
{"title":"Kae Tempest e il potere dell’arte nella società dell’indifferenza","authors":"Maria Giulia Laddago","doi":"10.54103/2035-7680/18691","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18691","url":null,"abstract":"Kae Tempest (Londra, 1985) è poeta, musicista e performer di spoken word poetry e lavora nello spazio ibrido tra poesia e musica, facendo della performance il suo tratto distintivo e il trait d’union tra le due forme. In questo contributo si analizzeranno i poemi Brand New Ancients (2013) e Let Them Eat Chaos (2016), ambientati nella Londra di oggi, dove le grandi problematiche del mondo globale – lo sfruttamento delle risorse, la gentrificazione, le diseguaglianze sociali – fanno da sfondo alle storie ordinarie di persone avvolte dal torpore e l’indifferenza causati da una vita infelice. Nel recente saggio On Connection (2020), composto durante la prima fase della pandemia da Covid-19, Tempest riflette sulla funzione sociale e politica della letteratura e sulla necessità di ritrovare un senso di comunità attraverso l’empatia.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"41697705","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18690
Erika Capovilla
This article provides a reading of Stefan Zweig’s auto/biography Erasmus of Rotterdam (1934) as the writer’s counteraction to a situation of vulnerability and conflict. Erasmus does not just fall within the genre of the historical biography, but it also represents a “veiled autobiography” in that, by depicting a kindred soul of his, Zweig exposes himself unreservedly to the world. In contrast to most of the studies conducted so farmainly focused on the author’s implicit confession of faintheartedness through his literary alter-egothis contribution aims to demonstrate that it is not the idea of escapism, but rather that of resistance/resilience, that underpins the text. To this end, the affinities between Zweig and Erasmus in terms of their common marginality and vulnerability will be explored, in order to better understand their personal response to this status, that is, a peaceful fight carried out by means of poetic acts. According to this perspective, Zweig’s Erasmus-biography will be presented as a re-action in two different ways: on the one hand the autobiographical references disclose the writer’s concerns about National Socialism, turning his work into an artistic form of dissidence, i.e., a practice of resistance; on the other hand, the therapeutic function ascribed by Zweig to the text composition unveils it as a testimony of resilience.
{"title":"Between in- and re-action: Resistance and resilience in Stefan Zweig’s Erasmus of Rotterdam","authors":"Erika Capovilla","doi":"10.54103/2035-7680/18690","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18690","url":null,"abstract":"This article provides a reading of Stefan Zweig’s auto/biography Erasmus of Rotterdam (1934) as the writer’s counteraction to a situation of vulnerability and conflict. Erasmus does not just fall within the genre of the historical biography, but it also represents a “veiled autobiography” in that, by depicting a kindred soul of his, Zweig exposes himself unreservedly to the world. In contrast to most of the studies conducted so farmainly focused on the author’s implicit confession of faintheartedness through his literary alter-egothis contribution aims to demonstrate that it is not the idea of escapism, but rather that of resistance/resilience, that underpins the text. To this end, the affinities between Zweig and Erasmus in terms of their common marginality and vulnerability will be explored, in order to better understand their personal response to this status, that is, a peaceful fight carried out by means of poetic acts. According to this perspective, Zweig’s Erasmus-biography will be presented as a re-action in two different ways: on the one hand the autobiographical references disclose the writer’s concerns about National Socialism, turning his work into an artistic form of dissidence, i.e., a practice of resistance; on the other hand, the therapeutic function ascribed by Zweig to the text composition unveils it as a testimony of resilience.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"43137514","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-05-30DOI: 10.54103/2035-7680/17907
Marianna Montanaro
La generación de los hijos en Chile. El sistema del tacto de Alejandra Costamagna (Alejandra Costamagna, El sistema del tacto, Barcelona, Anagrama, 2018, 182 pp. ISBN 978-84-339-9865-1) por Marianna Montanaro
{"title":"La generación de los hijos en Chile. El sistema del tacto de Alejandra Costamagna","authors":"Marianna Montanaro","doi":"10.54103/2035-7680/17907","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/17907","url":null,"abstract":"La generación de los hijos en Chile. El sistema del tacto de Alejandra Costamagna (Alejandra Costamagna, El sistema del tacto, Barcelona, Anagrama, 2018, 182 pp. ISBN 978-84-339-9865-1) \u0000por Marianna Montanaro","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-05-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"42549623","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-05-30DOI: 10.54103/2035-7680/17894
Marianna Montanaro
por Marianna Montanaro
Marianna Montanaro
{"title":"Nota sobre educación lingüística y pandemia: retos y oportunidades de la didáctica a distancia en Italia","authors":"Marianna Montanaro","doi":"10.54103/2035-7680/17894","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/17894","url":null,"abstract":"por Marianna Montanaro","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-05-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"42705230","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
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