Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18689
Alessandra Di Pietro
Contemporary works of African literature often engage in the depiction of a geographical and cultural dislocation inscribed in today’s pattern of global migration. NoViolet Bulawayo’s We Need New Names (2013) fits within this framework as a female coming-of-age novel that follows the story of Darling, from the character’s childhood in post-2000 Zimbabwe to the alienating experience of life as a migrant in the United States of America. The peculiarity of the novel lays in Bulawayo’s linguistic choices, in particular the use of irony and the practice of (re)naming, which come to represent the feelings of un-belonging and political disillusionment that define the characters’ geo-cultural displacement. Using the normative theory of literature (Cheah 2016) as a theoretical framework, this paper further analyses the use of such literary devices as tools through which the narrative opens up to alternative worlds of representation. In this sense, this paper argues that Bulawayo’s We Need New Names can be considered as a world-making narrative of cultural and linguistic resistance against the disruption of Zimbabwe’s socio-political situation.
{"title":"Irony, Names and Linguistic Resistance: NoViolet Bulawayo’s We Need New Names as a World-Making Narrative","authors":"Alessandra Di Pietro","doi":"10.54103/2035-7680/18689","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18689","url":null,"abstract":"Contemporary works of African literature often engage in the depiction of a geographical and cultural dislocation inscribed in today’s pattern of global migration. NoViolet Bulawayo’s We Need New Names (2013) fits within this framework as a female coming-of-age novel that follows the story of Darling, from the character’s childhood in post-2000 Zimbabwe to the alienating experience of life as a migrant in the United States of America. The peculiarity of the novel lays in Bulawayo’s linguistic choices, in particular the use of irony and the practice of (re)naming, which come to represent the feelings of un-belonging and political disillusionment that define the characters’ geo-cultural displacement. Using the normative theory of literature (Cheah 2016) as a theoretical framework, this paper further analyses the use of such literary devices as tools through which the narrative opens up to alternative worlds of representation. In this sense, this paper argues that Bulawayo’s We Need New Names can be considered as a world-making narrative of cultural and linguistic resistance against the disruption of Zimbabwe’s socio-political situation.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"42948579","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18699
Silvia Inserra
L’autoritarismo di Stato appare profondamente radicato nella società brasiliana ed è parte di uno scenario paradossale in cui all’espansione dei diritti politici si accompagna una sostanziale delegittimazione dei diritti civili. Questa eredità autoritaria ripudia il subalterno e ne perpetua l’umiliazione, prendendo di mira le fasce più povere della popolazione, che subiscono incessantemente varie forme di violenza da parte della polizia e, in generale, da parte del sistema giudiziario. La letteratura brasiliana, o almeno parte di essa, può essere, però, considerata un grande archivio di contronarrazioni non egemoniche, che si pongono come coscienza critica di una modernizzazione iniqua e della violenza dei processi di dominazione che la caratterizzano. In questa prospettiva, l’articolo analizza alcuni racconti presenti nella raccolta O sol na cabeça (2018) di Geovani Martins, scrittore emergente che traccia nell’opera un ritratto meticoloso della vita dei morros, raccontando la tirannia del crimine organizzato, ma soprattutto la violenza poliziesca, in una prospettiva che evidenzia, nella tutela dell’ordine da parte dello Stato brasiliano, un “eccesso di negatività” (Han) fondato su una logica del “supplizio” (Foucault).
{"title":"Letteratura e diritti umani: dissidenza e testimonialità nell’opera O sol na cabeça di Geovani Martins","authors":"Silvia Inserra","doi":"10.54103/2035-7680/18699","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18699","url":null,"abstract":"L’autoritarismo di Stato appare profondamente radicato nella società brasiliana ed è parte di uno scenario paradossale in cui all’espansione dei diritti politici si accompagna una sostanziale delegittimazione dei diritti civili. Questa eredità autoritaria ripudia il subalterno e ne perpetua l’umiliazione, prendendo di mira le fasce più povere della popolazione, che subiscono incessantemente varie forme di violenza da parte della polizia e, in generale, da parte del sistema giudiziario. La letteratura brasiliana, o almeno parte di essa, può essere, però, considerata un grande archivio di contronarrazioni non egemoniche, che si pongono come coscienza critica di una modernizzazione iniqua e della violenza dei processi di dominazione che la caratterizzano. In questa prospettiva, l’articolo analizza alcuni racconti presenti nella raccolta O sol na cabeça (2018) di Geovani Martins, scrittore emergente che traccia nell’opera un ritratto meticoloso della vita dei morros, raccontando la tirannia del crimine organizzato, ma soprattutto la violenza poliziesca, in una prospettiva che evidenzia, nella tutela dell’ordine da parte dello Stato brasiliano, un “eccesso di negatività” (Han) fondato su una logica del “supplizio” (Foucault).","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"41896476","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18775
Olja Perišić
Il presente contributo è dedicato all’analisi degli strumenti digitali utilizzati nell’ambito dell’insegnamento e della lessicografia del serbo come LS. Considerate le particolari caratteristiche di questa lingua, soprattutto in relazione alla sua ricca morfologia, tra gli strumenti indispensabili nelle prime fasi di studio si annoverano i dizionari morfologici, mentre ai livelli intermedio e avanzato si rendono necessari i dizionari digitali e i corpora linguistici. A differenza dell’inglese, che in tema di tecnologie digitali conosce un aggiornamento e uno sviluppo pressoché continui, le lingue con meno risorse, come il serbo, fanno prevalentemente ricorso a strumenti tradizionali, e solo negli ultimi anni si è affermata la tendenza a orientarsi verso il digitale. La pandemia globale, esplosa all’inizio del 2020, ha accelerato questo processo sollecitando gli insegnanti nella ricerca di percorsi innovativi che si prestino alla didattica virtuale. Le questioni qui enucleate e per le quali in questa sede si cercherà di trovare una risposta riguardano: gli strumenti digitali per la lingua serba come LS, i loro vantaggi rispetto al materiale didattico tradizionale, le possibili strade da seguire nella sperimentazione della metodologia Data-driven learning.
{"title":"La diversità linguistica nell’era digitale: le sfide della lingua serba","authors":"Olja Perišić","doi":"10.54103/2035-7680/18775","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18775","url":null,"abstract":"Il presente contributo è dedicato all’analisi degli strumenti digitali utilizzati nell’ambito dell’insegnamento e della lessicografia del serbo come LS. Considerate le particolari caratteristiche di questa lingua, soprattutto in relazione alla sua ricca morfologia, tra gli strumenti indispensabili nelle prime fasi di studio si annoverano i dizionari morfologici, mentre ai livelli intermedio e avanzato si rendono necessari i dizionari digitali e i corpora linguistici. A differenza dell’inglese, che in tema di tecnologie digitali conosce un aggiornamento e uno sviluppo pressoché continui, le lingue con meno risorse, come il serbo, fanno prevalentemente ricorso a strumenti tradizionali, e solo negli ultimi anni si è affermata la tendenza a orientarsi verso il digitale. La pandemia globale, esplosa all’inizio del 2020, ha accelerato questo processo sollecitando gli insegnanti nella ricerca di percorsi innovativi che si prestino alla didattica virtuale. Le questioni qui enucleate e per le quali in questa sede si cercherà di trovare una risposta riguardano: gli strumenti digitali per la lingua serba come LS, i loro vantaggi rispetto al materiale didattico tradizionale, le possibili strade da seguire nella sperimentazione della metodologia Data-driven learning.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"46583553","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18680
Giovanna Micarelli
Based on prolonged apprenticeship with the indigenous Gente de Centro from Colombian Amazonia, this article discusses their research methodologies and the challenges they pose to ethnographic knowledge. Indigenous methodologies suggest that the modern disenchanted method, with its semi-structured interviews, focus groups, and data collection design, is inadequate to account for a world in which everything speaks and does so unexpectedly. Moreover, indigenous people’s warning to watch over the effects of knowledge means assuming responsibility towards the world that the act of knowing produces or could produce. In doing so, they underline the inseparability of epistemological, ethical, and political dimensions of research. Anthropology must respond adequately to such challenges if it is to contribute to indigenous cultural and political struggles and remain a credible approach to understanding the world. To do so, it must work against method as a data-gathering technique, and let itself be occupied by the cognitive practices of others.
基于与哥伦比亚亚马逊土著Gente de Centro的长期学徒生涯,本文讨论了他们的研究方法及其对民族志知识构成的挑战。土著方法论表明,现代的祛魅方法,包括半结构化的访谈、焦点小组和数据收集设计,不足以解释一个一切都出乎意料地说话和做事的世界。此外,土著人民警告要注意知识的影响,这意味着要对世界承担责任,因为知识的行为会产生或可能产生知识。在这样做的过程中,他们强调了研究的认识论、伦理和政治层面的不可分割性。人类学要为土著文化和政治斗争做出贡献,并继续成为了解世界的可靠方法,就必须充分应对这些挑战。要做到这一点,它必须反对作为数据收集技术的方法,并让自己被他人的认知实践所占据。
{"title":"Doing Research in an Enchanted World: Lessons from Indigenous Methodologies","authors":"Giovanna Micarelli","doi":"10.54103/2035-7680/18680","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18680","url":null,"abstract":"Based on prolonged apprenticeship with the indigenous Gente de Centro from Colombian Amazonia, this article discusses their research methodologies and the challenges they pose to ethnographic knowledge. Indigenous methodologies suggest that the modern disenchanted method, with its semi-structured interviews, focus groups, and data collection design, is inadequate to account for a world in which everything speaks and does so unexpectedly. Moreover, indigenous people’s warning to watch over the effects of knowledge means assuming responsibility towards the world that the act of knowing produces or could produce. In doing so, they underline the inseparability of epistemological, ethical, and political dimensions of research. Anthropology must respond adequately to such challenges if it is to contribute to indigenous cultural and political struggles and remain a credible approach to understanding the world. To do so, it must work against method as a data-gathering technique, and let itself be occupied by the cognitive practices of others.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"49120987","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18688
Francesca Ottavio
Le dinamiche che regolano la convivenza tra persone e gruppi culturali dimostrano come la società contemporanea rimanga ancora legata ai pregiudizi del passato. Particolarmente problematico diventa lo scarto tra chi, nato e cresciuto in Europa, non viene accettato come parte della comunità per via di tratti somatici dissimili rispetto al modello nazionale. La questione è analizzata a partire dal volume autobiografico di Theodor Wonja Michael, giornalista e attore vissuto all’insegna della resilienza. Il suo corpo, reso vulnerabile dal colore della pelle e dall’eredità camerunense, ha saputo reagire ogni volta al rifiuto di una Germania che, per anni, ha preteso di parlare al suo posto, imponendogli di figurare nelle vesti del selvaggio nei celebri zoo umani (Völkerschauen), nonostante il suo forte sentimento di appartenenza tedesco. Le vicende della storia permettono di riflettere sui principi che regolano la costruzione dell’immagine stereotipata del ‘noi’ e dell’‘altro’ e sugli strumenti pratici, impiegati a sostegno di tali idee. Deutsch sein und schwarz dazu (“Essere tedesco e in più nero“, 2015) racconta la storia di un uomo e, al tempo stesso, di un gruppo di individui defraudati delle loro identità per incarnare i pregiudizi dei tempi.
调节人与文化群体之间共存的动态表明,当代社会仍然与过去的偏见联系在一起。特别有问题的是,在欧洲出生和长大的人之间的差距,他们由于与国家模式不同的身体特征而不被接受为社区的一部分。这个问题是从Theodor Wonja Michael的自传开始分析的,他是一位生活在坚韧旗帜下的记者和演员。由于他的皮肤颜色和喀麦隆血统,他的身体变得脆弱,他每次都能对德国的拒绝做出反应,多年来,德国一直声称自己在说话,迫使他在著名的人类动物园(Völkershauen)中以野蛮人的身份出现,尽管他有强烈的德国归属感。历史事件使我们能够反思构建“我们”和“他人”刻板形象的原则,以及用于支持这些想法的实用工具。Deutsch sein und schwarz dazu(《身为德国人和黑人》,2015)告诉了一个男人的故事,同时也讲述了一群人被欺骗身份以体现时代偏见的故事。
{"title":"Tra stereotipo e identità: lo sguardo di Theodor Wonja Michael sulla Germania del Novecento","authors":"Francesca Ottavio","doi":"10.54103/2035-7680/18688","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18688","url":null,"abstract":"Le dinamiche che regolano la convivenza tra persone e gruppi culturali dimostrano come la società contemporanea rimanga ancora legata ai pregiudizi del passato. Particolarmente problematico diventa lo scarto tra chi, nato e cresciuto in Europa, non viene accettato come parte della comunità per via di tratti somatici dissimili rispetto al modello nazionale. La questione è analizzata a partire dal volume autobiografico di Theodor Wonja Michael, giornalista e attore vissuto all’insegna della resilienza. Il suo corpo, reso vulnerabile dal colore della pelle e dall’eredità camerunense, ha saputo reagire ogni volta al rifiuto di una Germania che, per anni, ha preteso di parlare al suo posto, imponendogli di figurare nelle vesti del selvaggio nei celebri zoo umani (Völkerschauen), nonostante il suo forte sentimento di appartenenza tedesco. Le vicende della storia permettono di riflettere sui principi che regolano la costruzione dell’immagine stereotipata del ‘noi’ e dell’‘altro’ e sugli strumenti pratici, impiegati a sostegno di tali idee. Deutsch sein und schwarz dazu (“Essere tedesco e in più nero“, 2015) racconta la storia di un uomo e, al tempo stesso, di un gruppo di individui defraudati delle loro identità per incarnare i pregiudizi dei tempi.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"46449837","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18686
B. Moja
I giocattoli con tratti fisici non antropomorfizzati in letteratura, specie quando rivolta a un pubblico infantile, si rivelano come un utile strumento per riflettere sulla distinzione tra ‘umano’ e ‘non umano’. Il corpo artificiale del giocattolo e la caratterizzazione animale incarnano, infatti, in modo evidente il concetto di alterità rispetto all’idea stereotipica di umanità. Ispirati dalle vicende narrate, i giovani lettori possono trarre degli essenziali insegnamenti, quali le capacità di empatia e di resilienza ai traumi di piccola o grande entità che ciascuno può incontrare nel corso della vita. L’introduzione critica a queste riflessioni è completata dall’analisi letteraria circa la caratterizzazione dei giocattoli in alcuni testi per l’infanzia: il giocattolo-coniglio in The Velveteen Rabbit (1922) di Margery Williams, i giocattoli-topi in The Mouse and His Child (1967) di Russell Hoban e il giocattolo-orso in Winnie-the-Pooh (1926) di A. A. Milne.
事实证明,具有文学作品中未拟人化的身体特征的玩具,尤其是面向儿童观众的玩具,是反思“人类”和“非人类”之间区别的有用工具。玩具的人造身体和动物特征清楚地体现了相对于人类刻板观念的另类概念。受所讲述故事的启发,年轻读者可以学到重要的一课,比如对每个人在生活过程中可能遇到的小规模或大规模创伤的同理心和应变能力。对这些反思的批判性介绍得到了对一些童年文本中玩具特征的文学分析的补充:玛格丽·威廉姆斯(Margery Williams)的《天鹅绒兔子》(The Velveteen rabbit)(1922年)中的兔子玩具,罗素·霍班(Russell Hoban)的《老鼠和他的孩子》(1967年)的老鼠玩具,以及a.a.米尔恩(a.a.Milne)的《小熊维尼》(Winnie The Pooh)(1926)中的熊玩具。
{"title":"Una sensibilità umana nel giocattolo animale: Riflessioni tra postumanismo, resilienza e children’s literature","authors":"B. Moja","doi":"10.54103/2035-7680/18686","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18686","url":null,"abstract":"I giocattoli con tratti fisici non antropomorfizzati in letteratura, specie quando rivolta a un pubblico infantile, si rivelano come un utile strumento per riflettere sulla distinzione tra ‘umano’ e ‘non umano’. Il corpo artificiale del giocattolo e la caratterizzazione animale incarnano, infatti, in modo evidente il concetto di alterità rispetto all’idea stereotipica di umanità. Ispirati dalle vicende narrate, i giovani lettori possono trarre degli essenziali insegnamenti, quali le capacità di empatia e di resilienza ai traumi di piccola o grande entità che ciascuno può incontrare nel corso della vita. L’introduzione critica a queste riflessioni è completata dall’analisi letteraria circa la caratterizzazione dei giocattoli in alcuni testi per l’infanzia: il giocattolo-coniglio in The Velveteen Rabbit (1922) di Margery Williams, i giocattoli-topi in The Mouse and His Child (1967) di Russell Hoban e il giocattolo-orso in Winnie-the-Pooh (1926) di A. A. Milne. \u0000 ","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"41956470","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18685
Gaia Ferro
Nel 1707, in seguito alla promulgazione dell’Act of Union, l’Inghilterra dovette confrontarsi con l’esistenza di un’altra distinta identità socioculturale. Come far rientrare la Scozia all’interno di un comune contenitore chiamato Gran Bretagna, e nel quale l’ideologia predominante era quella inglese? La non assimilazione della Scozia all’interno della cultura della Anglo-Britishness è, ad oggi, un argomento della storiografia britannica in corso di discussione. Lo scopo di questo lavoro sarà di porsi su questa scia e indagare, tramite l’ausilio della stampa periodica londinese, la percezione che gli inglesi avevano della Scozia e le principali interpretazioni storiografiche dell’assimilazione del paese all’interno del neonato impero britannico. In particolare, verrà mostrata la forte correlazione tra Scottishness e stampa periodica nella seconda metà del secolo XVIII, sottolineando come il problema dell’integrazione scozzese, e la resistenza che la Scozia stessa oppose a quest’assimilazione, fu in primo luogo un fatto culturale prima che politico e come, in secondo luogo, esso sia stato esplorato nello Universal Magazine. Per fare ciò, saranno analizzati quattro brevi articoli che la redazione dello Universal dedicò alla questione scozzese, tra il 1747 e il 1778. Le conclusioni illustrate al termine di questa riflessione saranno principalmente due: in primo luogo, sarà mostrato come nello Universal Magazine convivessero sia un filone di riflessione marcato da un profondo sentimento anti-scozzese sia uno maggiormente propenso a difendere l’alterità culturale della Scozia. In secondo luogo, sarà illustrato come l’assimilazione culturale della Scozia non fu un processo fluido, ma soggetto a numerose resistenze durante tutto il percorso.
{"title":"“A melancholy country called Scotland”: assimilazione culturale e resistenza nel contesto della strutturazione della Britishness","authors":"Gaia Ferro","doi":"10.54103/2035-7680/18685","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18685","url":null,"abstract":"Nel 1707, in seguito alla promulgazione dell’Act of Union, l’Inghilterra dovette confrontarsi con l’esistenza di un’altra distinta identità socioculturale. Come far rientrare la Scozia all’interno di un comune contenitore chiamato Gran Bretagna, e nel quale l’ideologia predominante era quella inglese? La non assimilazione della Scozia all’interno della cultura della Anglo-Britishness è, ad oggi, un argomento della storiografia britannica in corso di discussione. Lo scopo di questo lavoro sarà di porsi su questa scia e indagare, tramite l’ausilio della stampa periodica londinese, la percezione che gli inglesi avevano della Scozia e le principali interpretazioni storiografiche dell’assimilazione del paese all’interno del neonato impero britannico. In particolare, verrà mostrata la forte correlazione tra Scottishness e stampa periodica nella seconda metà del secolo XVIII, sottolineando come il problema dell’integrazione scozzese, e la resistenza che la Scozia stessa oppose a quest’assimilazione, fu in primo luogo un fatto culturale prima che politico e come, in secondo luogo, esso sia stato esplorato nello Universal Magazine. Per fare ciò, saranno analizzati quattro brevi articoli che la redazione dello Universal dedicò alla questione scozzese, tra il 1747 e il 1778. Le conclusioni illustrate al termine di questa riflessione saranno principalmente due: in primo luogo, sarà mostrato come nello Universal Magazine convivessero sia un filone di riflessione marcato da un profondo sentimento anti-scozzese sia uno maggiormente propenso a difendere l’alterità culturale della Scozia. In secondo luogo, sarà illustrato come l’assimilazione culturale della Scozia non fu un processo fluido, ma soggetto a numerose resistenze durante tutto il percorso.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"45421307","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18694
Valérie Tosi
This article investigates Alexis Wright’s novel Carpentaria (2006) through the lens of the mimetic theory developed by René Girard, which I combined with Jean Price-Mars’ definition of “collective bovarism” and Umberto Eco’s narrative semiotics. In my close reading of the novel, I explore how the author exposes the detrimental mimetic mechanisms hidden behind characters’ behaviours and relationships to articulate a discourse on the risks of assimilation and the necessity for Aboriginal resistance to neocolonialism. I argue that in Carpentaria the emulation of the dominant society’s values and beliefs by assimilated Indigenous characters results in the social disintegration and vulnerability of the Indigenous communities. Not only do mimetic mechanisms negatively affect the epistemic systems of Aboriginal characters in terms of preparedness to climate change, but they also undermine their social cohesion and physical survival. Furthermore, investigating the text at a semiotic level, I identified some thematic isotopies that Wright uses to emphasise the racial bias and dehumanising attitudes towards black people embedded in the neocolonial gaze. Prioritising the textual dimension of the novel, my approach focuses on how the sociocultural and physical vulnerability of the Indigenous characters is depicted at a philosophical, rhetorical and narratological level. My investigation focuses on four narrative places: the dump, the city, the Pricklebush and the ocean.
{"title":"Mimetic Mechanisms and Indigenous Vulnerability in Alexis Wright’s Carpentaria","authors":"Valérie Tosi","doi":"10.54103/2035-7680/18694","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18694","url":null,"abstract":"This article investigates Alexis Wright’s novel Carpentaria (2006) through the lens of the mimetic theory developed by René Girard, which I combined with Jean Price-Mars’ definition of “collective bovarism” and Umberto Eco’s narrative semiotics. In my close reading of the novel, I explore how the author exposes the detrimental mimetic mechanisms hidden behind characters’ behaviours and relationships to articulate a discourse on the risks of assimilation and the necessity for Aboriginal resistance to neocolonialism. I argue that in Carpentaria the emulation of the dominant society’s values and beliefs by assimilated Indigenous characters results in the social disintegration and vulnerability of the Indigenous communities. Not only do mimetic mechanisms negatively affect the epistemic systems of Aboriginal characters in terms of preparedness to climate change, but they also undermine their social cohesion and physical survival. Furthermore, investigating the text at a semiotic level, I identified some thematic isotopies that Wright uses to emphasise the racial bias and dehumanising attitudes towards black people embedded in the neocolonial gaze. Prioritising the textual dimension of the novel, my approach focuses on how the sociocultural and physical vulnerability of the Indigenous characters is depicted at a philosophical, rhetorical and narratological level. My investigation focuses on four narrative places: the dump, the city, the Pricklebush and the ocean.","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"47935516","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
{"title":"Vulnerabilità e resilienza: Voci e pratiche dai margini","authors":"(a cura di) Albana Muco, (a cura di) Giorgia Testa, (a cura di) Francesca Volpi","doi":"10.54103/2035-7680/18776","DOIUrl":"https://doi.org/10.54103/2035-7680/18776","url":null,"abstract":"Vulnerabilità e resilienza: \u0000Voci e pratiche dai margini \u0000a cura di Albana Muco, Giorgia Testa e Francesca Volpi","PeriodicalId":42544,"journal":{"name":"Altre Modernita-Rivista di Studi Letterari e Culturali","volume":"1 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.1,"publicationDate":"2022-09-30","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"70897675","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2022-09-30DOI: 10.54103/2035-7680/18682
Riccardo Mini
Il presente articolo si propone di illustrare il sorgere e lo sviluppo della realtà di Ploščad’ Peremen a Minsk nel contesto delle proteste bielorusse, iniziate nell’agosto 2020. Ploščad’ Peremen è spazio di resistenza, luogo di aggregazione e di protesta alternativa. Situato in un cortile di ulica Červjakova, sorge in seguito al gesto sovversivo dei dj Kirill Galanov e Vladislav Sokolovskij, che in occasione di un concerto governativo suonano Peremen dei Kino, inno al cambiamento, venendo poi arrestati. In Ploščad’ Peremen la protesta si esprime attraverso serate danzanti, spettacoli teatrali, dipinti, murales e soprattutto concerti. Si vuole analizzare il valore e il significato di quattro canzoni ricorrenti: Peremen dei Kino, scritta da Viktor Coj nel 1989, Steny ruchnut, versione russa dell’inno della Solidarność, composto da Jacek Kaczmarski nel 1980, Vychodi guljat’ del gruppo hip hop russo Kasta, uscita a gennaio 2020, e infine My ne narodec del gruppo rock bielorusso Tor Band, rilasciata nel giugno di quest’anno. Si evidenzia il significato originario delle canzoni sopracitate, e come e perché le stesse abbiano acquisito importanza e valore all’interno del movimento di protesta bielorusso. Accanto all’analisi delle canzoni verrà evidenziato il ruolo di Telegram come nuovo canale di comunicazione e organizzazione delle proteste.
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