Come minimo, ci vogliono 20 anni per giudicare i meriti di un protocollo di trattamento delle schisi labiopalatine; una chirurgia secondaria prolunga ulteriormente questo tempo. Ma la prova del tempo, da sola, non dà corpo a un nuovo concetto. È necessaria una reale coerenza. Una generazione di pazienti diventati adulti conferma il fatto che la qualità del restauro morfologico e funzionale della loro malformazione dipende dall’intelligenza della loro anatomia neonatale. Si impone una conclusione: il trattamento delle schisi labiopalatine è un continuum. Sono presenti le strutture normali, solamente deformate dalla schisi; se persistono deformità e disfunzioni, è sufficiente rifare meglio la chirurgia primaria per raggiungere l’obiettivo. La schisi, prima del trattamento, non è una mutilazione; è una malformazione dove le strutture, inimitabili, sono là, in disordine, un disordine compreso meglio ma complicato dalle cicatrici e dall’inadeguatezza dei trattamenti precedenti. Che si tratti delle sequele labionasali o dell’insufficienza velofaringea, i metodi corretti sono gli stessi della chirurgia primaria e secondaria. Questi rispettano gelosamente le strutture normali e le proteggono dalla retrazione cicatriziale senza sostituzione con cosiddetti equivalenti. Il catalogo delle antiche ricette, inadeguate ma così familiari, rassicuranti e comode, verrà presto dimenticato di fronte all’evidenza di una riabilitazione funzionale reale e non di un intervento chirurgico che pone tutto sull’immediatezza e sull’aspetto. La priorità è data al rispetto della fisiologia normale. Pertanto, il velo corto viene prima allungato mediante trasposizione muscolare intravelare e lo sfintere velofaringeo viene ridotto mediante lipofilling. Le comunicazioni oronasali sono scomparse e, nelle equipe in cui chirurghi e ortodontisti cooperano con la stessa filosofia anatomofunzionale, i difetti di crescita sono più rari e accessibili a trattamenti semplificati e stabili. I pazienti già trattati secondo questi principi hanno davanti a sé la promessa dell’infanzia normale che hanno gli altri se le loro funzionalità verranno ripristinate in tempo. In assenza di un intervento chirurgico secondario efficace, le stesse tecniche rimarranno utili per correggere le sequele in età adulta e stabilizzare il risultato di eventuali osteotomie giustificate a questo stadio.