V. Valentini, Elisabetta Marconi, Loredana Dinapoli, Calogero Casà
Nel contesto di una società in continua e rapida evoluzione, la morte si ripresenta come una ineludibile tematica di peculiare urgenza esistenziale. Sebbene, infatti, il progresso tecnologico e delle scienze mediche abbia facilitato una risposta tecnica alla domanda di salute che sempre di più incontra metodiche multimodali e multidisciplinari di terapia, la tecnologia di cura relega spesso il paziente ad una solitudine esistenziale dove, pur in presenza di una terapia per la sua malattia, non trova spazio una relazione di cura per la sua sofferenza. Questa dicotomia della cura, che si suddivide da una parte nel “trattare” dall’altra nell’“essere presente”, porta, soprattutto nel contesto del fine vita, al rischio di attestare la cura al solo livello tecnico, rendendo ‘giustificata’ la richiesta del paziente al medico di ‘somministrare il fine vita’, sopprimendo l’eco relazionale di ritorno del medico di fronte al bisogno umano del paziente. Lo scopo di questo articolo è di recuperare le riflessioni legate all’esperienza clinica ed umana propedeutiche ad accompagnare il paziente in un percorso relazionale offrendogli, nelle varie fasi della cura, una “eco di ritorno”, utili a non comprimere la percezione del medico a livello di somministratore automatico.
{"title":"Come cambia la percezione della professione medica di fronte alla richiesta di morte","authors":"V. Valentini, Elisabetta Marconi, Loredana Dinapoli, Calogero Casà","doi":"10.4081/mem.2022.1218","DOIUrl":"https://doi.org/10.4081/mem.2022.1218","url":null,"abstract":"Nel contesto di una società in continua e rapida evoluzione, la morte si ripresenta come una ineludibile tematica di peculiare urgenza esistenziale. Sebbene, infatti, il progresso tecnologico e delle scienze mediche abbia facilitato una risposta tecnica alla domanda di salute che sempre di più incontra metodiche multimodali e multidisciplinari di terapia, la tecnologia di cura relega spesso il paziente ad una solitudine esistenziale dove, pur in presenza di una terapia per la sua malattia, non trova spazio una relazione di cura per la sua sofferenza. Questa dicotomia della cura, che si suddivide da una parte nel “trattare” dall’altra nell’“essere presente”, porta, soprattutto nel contesto del fine vita, al rischio di attestare la cura al solo livello tecnico, rendendo ‘giustificata’ la richiesta del paziente al medico di ‘somministrare il fine vita’, sopprimendo l’eco relazionale di ritorno del medico di fronte al bisogno umano del paziente. Lo scopo di questo articolo è di recuperare le riflessioni legate all’esperienza clinica ed umana propedeutiche ad accompagnare il paziente in un percorso relazionale offrendogli, nelle varie fasi della cura, una “eco di ritorno”, utili a non comprimere la percezione del medico a livello di somministratore automatico.","PeriodicalId":36708,"journal":{"name":"Medicina e Morale","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-12-22","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"46717788","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
{"title":"A research center for clinical bioethics and medical humanities","authors":"A. Spagnolo","doi":"10.4081/mem.2022.1209","DOIUrl":"https://doi.org/10.4081/mem.2022.1209","url":null,"abstract":"Not available.","PeriodicalId":36708,"journal":{"name":"Medicina e Morale","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-11-03","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"41944084","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Barbara Corsano, D. Sacchini, Nicola Panocchia, A. Spagnolo
Introduzione: la malattia renale cronica è una causa significativa di decesso. I malati che progrediscono verso la malattia renale allo stadio terminale spesso iniziano la dialisi come trattamento salva-vita. Esistono diverse questioni etiche relative alle decisioni di iniziare/non iniziare o mantenere/non prolungare la dialisi, in particolare per i pazienti con deficit cognitivo e comorbilità, dove la decisione diventa più complessa. Obiettivo: attraverso il caso di un paziente di 56 anni, affetto da cancro laringeo e insufficienza renale cronica end-stage in trattamento sostitutivo emodialitico trisettimanale – oltre che da altre comorbidità – si intendono approfondire gli aspetti etici connessi alla valutazione della proporzionalità e dell’appropriatezza etico-clinica del trattamento dialitico in pazienti che hanno una prognosi infausta “quoad vitam” a breve termine e presentano deficit cognitivo. Discussione: il trattamento dialitico, quale trattamento sostitutivo della funzione renale, sebbene abbia sempre una finalità palliativa e sia tecnicamente praticabile, in determinate circostanze potrebbe configurarsi come ostinazione irragionevole ed essere un penoso prolungamento del processo del morire. Conclusioni: nel valutare l’appropriatezza clinica e la proporzionalità del trattamento dialitico è stata importante una valutazione interdisciplinare e il coinvolgimento dei familiari che ha portato all’elaborazione di un documento condiviso di orientamento etico assistenziale. All’interno di tale documento sono stati individuati gli obiettivi di cura e ciò che rappresentava il miglior bene per il paziente.
{"title":"Dialisi nel fine vita: quando è eticamente giustificato desistere?","authors":"Barbara Corsano, D. Sacchini, Nicola Panocchia, A. Spagnolo","doi":"10.4081/mem.2022.1215","DOIUrl":"https://doi.org/10.4081/mem.2022.1215","url":null,"abstract":"Introduzione: la malattia renale cronica è una causa significativa di decesso. I malati che progrediscono verso la malattia renale allo stadio terminale spesso iniziano la dialisi come trattamento salva-vita. Esistono diverse questioni etiche relative alle decisioni di iniziare/non iniziare o mantenere/non prolungare la dialisi, in particolare per i pazienti con deficit cognitivo e comorbilità, dove la decisione diventa più complessa. Obiettivo: attraverso il caso di un paziente di 56 anni, affetto da cancro laringeo e insufficienza renale cronica end-stage in trattamento sostitutivo emodialitico trisettimanale – oltre che da altre comorbidità – si intendono approfondire gli aspetti etici connessi alla valutazione della proporzionalità e dell’appropriatezza etico-clinica del trattamento dialitico in pazienti che hanno una prognosi infausta “quoad vitam” a breve termine e presentano deficit cognitivo. Discussione: il trattamento dialitico, quale trattamento sostitutivo della funzione renale, sebbene abbia sempre una finalità palliativa e sia tecnicamente praticabile, in determinate circostanze potrebbe configurarsi come ostinazione irragionevole ed essere un penoso prolungamento del processo del morire. Conclusioni: nel valutare l’appropriatezza clinica e la proporzionalità del trattamento dialitico è stata importante una valutazione interdisciplinare e il coinvolgimento dei familiari che ha portato all’elaborazione di un documento condiviso di orientamento etico assistenziale. All’interno di tale documento sono stati individuati gli obiettivi di cura e ciò che rappresentava il miglior bene per il paziente.","PeriodicalId":36708,"journal":{"name":"Medicina e Morale","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-11-03","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"47797998","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Rossana Ruggiero, Fermin Gonzales Melado, Giorgia Brambilla, L. Palazzani, Stefano Kaczmarek, M. Salata, Luigi Zucaro
L’articolo si basa sull’analisi comparativa di tre documenti: la Mozione del Comitato Nazionale di Bioetica su Accanimento clinico o ostinazione irragionevole dei trattamenti sui bambini piccoli con limitate aspettative di vita, la Legge del 22 dicembre 2017, n. 219 recante Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento e la Lettera Samaritanus bonus della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita. Nella consapevolezza della loro diversità è possibile individuare alcuni nodi centrali nella cura del paziente pediatrico nelle fasi critiche o terminali della vita: il problema della valutazione della qualità di vita; le cure di base di questi piccoli pazienti, con particolare riferimento: all’idratazione e nutrizione; alle cure palliative pediatriche; infine, al ruolo della famiglia nell’assunzione delle decisioni in ambito pediatrico. Gli autori presentano anche i punti di concordanza che emergono dall’analisi dei tre documenti dedicando attenzione al bambino piccolo con limitate aspettative di vita: guarire se possibile, curare e prendersi cura sempre e umilmente, riconoscere i limiti della medicina.
{"title":"Decisioni per la cura del bambino piccolo nelle fasi critiche e terminali della vita","authors":"Rossana Ruggiero, Fermin Gonzales Melado, Giorgia Brambilla, L. Palazzani, Stefano Kaczmarek, M. Salata, Luigi Zucaro","doi":"10.4081/mem.2022.1210","DOIUrl":"https://doi.org/10.4081/mem.2022.1210","url":null,"abstract":"L’articolo si basa sull’analisi comparativa di tre documenti: la Mozione del Comitato Nazionale di Bioetica su Accanimento clinico o ostinazione irragionevole dei trattamenti sui bambini piccoli con limitate aspettative di vita, la Legge del 22 dicembre 2017, n. 219 recante Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento e la Lettera Samaritanus bonus della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita. Nella consapevolezza della loro diversità è possibile individuare alcuni nodi centrali nella cura del paziente pediatrico nelle fasi critiche o terminali della vita: il problema della valutazione della qualità di vita; le cure di base di questi piccoli pazienti, con particolare riferimento: all’idratazione e nutrizione; alle cure palliative pediatriche; infine, al ruolo della famiglia nell’assunzione delle decisioni in ambito pediatrico. Gli autori presentano anche i punti di concordanza che emergono dall’analisi dei tre documenti dedicando attenzione al bambino piccolo con limitate aspettative di vita: guarire se possibile, curare e prendersi cura sempre e umilmente, riconoscere i limiti della medicina.","PeriodicalId":36708,"journal":{"name":"Medicina e Morale","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-11-03","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"48238942","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Shaming is defended by some as a necessary measure of social control. But shaming is unjust to the extent that it is disproportionate, and largely counterproductive. While much progress has been made, people with disabilities are still frequently at the receiving end of shaming. This is manifest in disregard for accommodation requests, condescending attitudes and overall lack of empathy towards people with disabilities. These trends are also manifest in clinical settings. Medical staff and healthcare workers need to seriously consider this state of affairs and embrace attitudinal changes and policies that contribute to a more welcoming atmosphere towards the disabled, and consequently curb the shaming to which they have been traditionally exposed.
{"title":"The shaming of people with disabilities in clinical practice: a bioethical critique","authors":"G. Andrade, M. Redondo","doi":"10.4081/mem.2022.1211","DOIUrl":"https://doi.org/10.4081/mem.2022.1211","url":null,"abstract":"Shaming is defended by some as a necessary measure of social control. But shaming is unjust to the extent that it is disproportionate, and largely counterproductive. While much progress has been made, people with disabilities are still frequently at the receiving end of shaming. This is manifest in disregard for accommodation requests, condescending attitudes and overall lack of empathy towards people with disabilities. These trends are also manifest in clinical settings. Medical staff and healthcare workers need to seriously consider this state of affairs and embrace attitudinal changes and policies that contribute to a more welcoming atmosphere towards the disabled, and consequently curb the shaming to which they have been traditionally exposed.","PeriodicalId":36708,"journal":{"name":"Medicina e Morale","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-11-03","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"46320776","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Il corpo umano è il terreno sul quale insistono molte delle dinamiche di stampo bioetico che nella loro problematicità morale richiedono una chiarificazione di senso relativa allo statuto ontologico e assiologico dell’umana corporeità. Del resto, il corpo umano, nella sua ambiguità, si situa sempre sul crinale fra l’essere e l’avere, in rapporto alla persona umana, complicando ulteriormente le prassi bioetiche, la cui declinazione morale cambia radicalmente a seconda dell’antropologia di riferimento. Altrettanto ambigua, poi, è la nozione di carne che rischia di essere equivocata nel suo significato apparentemente affine a quello di corpo. Tale nozione, la cui origine risale all’antropologia greca e, poi, biblica, ha trovato una radicalizzazione filosofica nell’ontologia della chair di Maurice Merleau-Ponty. Elevata a categoria di interpretazione dell’umano e, contemporaneamente, del mondano, essa vorrebbe sostituire la nozione di corpo. Ma, assumendo che io sono il mio corpo si può similmente affermare che io sono la mia carne? L’intento del presente saggio è quello di approfondire i rapporti fra persona umana, corpo e carne, mettendo in luce come l’ontologia della carne di Merleau-Ponty riesca, per un verso, a fondare un orizzonte ecologico che riunisce l’io e il mondo in un’unica e solidale famiglia ontologica. Per altro verso, tuttavia, tale concettualizzazione risulta problematica in quanto inserisce nell’antropologia una faglia di anonimato e generalità in cui si afferma un paradigma dell’impersonale, incapace di rendere ragione della specificità spirituale della persona umana e della sua corporeità.
{"title":"La decostruzione spirituale dell’Io. L’ambigua ontologia della carne in Merleau-Ponty","authors":"Juri Zanchi","doi":"10.4081/mem.2022.1212","DOIUrl":"https://doi.org/10.4081/mem.2022.1212","url":null,"abstract":"Il corpo umano è il terreno sul quale insistono molte delle dinamiche di stampo bioetico che nella loro problematicità morale richiedono una chiarificazione di senso relativa allo statuto ontologico e assiologico dell’umana corporeità. Del resto, il corpo umano, nella sua ambiguità, si situa sempre sul crinale fra l’essere e l’avere, in rapporto alla persona umana, complicando ulteriormente le prassi bioetiche, la cui declinazione morale cambia radicalmente a seconda dell’antropologia di riferimento. Altrettanto ambigua, poi, è la nozione di carne che rischia di essere equivocata nel suo significato apparentemente affine a quello di corpo. Tale nozione, la cui origine risale all’antropologia greca e, poi, biblica, ha trovato una radicalizzazione filosofica nell’ontologia della chair di Maurice Merleau-Ponty. Elevata a categoria di interpretazione dell’umano e, contemporaneamente, del mondano, essa vorrebbe sostituire la nozione di corpo. Ma, assumendo che io sono il mio corpo si può similmente affermare che io sono la mia carne? L’intento del presente saggio è quello di approfondire i rapporti fra persona umana, corpo e carne, mettendo in luce come l’ontologia della carne di Merleau-Ponty riesca, per un verso, a fondare un orizzonte ecologico che riunisce l’io e il mondo in un’unica e solidale famiglia ontologica. Per altro verso, tuttavia, tale concettualizzazione risulta problematica in quanto inserisce nell’antropologia una faglia di anonimato e generalità in cui si afferma un paradigma dell’impersonale, incapace di rendere ragione della specificità spirituale della persona umana e della sua corporeità.","PeriodicalId":36708,"journal":{"name":"Medicina e Morale","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-11-03","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"44056432","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
There is a growing body of scholarship that is addressing the ethics, in particular, the bioethics of space travel and colonisation. Naturally, a variety of perspectives concerning the ethical issues and moral permissibility of different technological strategies for confronting the rigours of space travel and colonisation have emerged in the debate. Approaches ranging from genetically enhancing human astronauts to modifying the environments of planets to make them hospitable have been proposed as methods. This paper takes a look at a critique of human bioenhancement proposed by Mirko Garasic who argues that the bioenhancement of human astronauts is not only functional but necessary and thus morally permissible. However, he further claims that the bioethical arguments proposed for the context of space do not apply to the context of Earth. This paper forwards three arguments for how Garasic’s views are philosophically dubious: (1) when he examines our responsibility towards future generations he refers to a moral principle (which we will call the principle of mere survival) which, besides being vague, is not morally acceptable; (2) the idea that human bioenhancement is not natural is not only debatable but morally irrelevant; and (3) it is not true that the situations that may arise in space travel cannot occur on Earth. We conclude that not only is the (bio)enhancement of humans on Earth permissible but perhaps even necessary in certain circumstances.
{"title":"Space travel does not constitute a condition of moral exceptionality. That which obtains in space obtains also on Earth!","authors":"Maurizio Balistreri, Steven Umbrello","doi":"10.4081/mem.2022.1213","DOIUrl":"https://doi.org/10.4081/mem.2022.1213","url":null,"abstract":"There is a growing body of scholarship that is addressing the ethics, in particular, the bioethics of space travel and colonisation. Naturally, a variety of perspectives concerning the ethical issues and moral permissibility of different technological strategies for confronting the rigours of space travel and colonisation have emerged in the debate. Approaches ranging from genetically enhancing human astronauts to modifying the environments of planets to make them hospitable have been proposed as methods. This paper takes a look at a critique of human bioenhancement proposed by Mirko Garasic who argues that the bioenhancement of human astronauts is not only functional but necessary and thus morally permissible. However, he further claims that the bioethical arguments proposed for the context of space do not apply to the context of Earth. This paper forwards three arguments for how Garasic’s views are philosophically dubious: (1) when he examines our responsibility towards future generations he refers to a moral principle (which we will call the principle of mere survival) which, besides being vague, is not morally acceptable; (2) the idea that human bioenhancement is not natural is not only debatable but morally irrelevant; and (3) it is not true that the situations that may arise in space travel cannot occur on Earth. We conclude that not only is the (bio)enhancement of humans on Earth permissible but perhaps even necessary in certain circumstances.","PeriodicalId":36708,"journal":{"name":"Medicina e Morale","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-11-03","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"41459306","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
In a previous paper published in this journal, I have claimed that the – possible – acceptance of human enhancement on Mars does not (and should not) be followed by an emulation on Earth, as these two settings are not only two different planets, but they are also two different worlds. Some critics see my position as unconvincing and unstable. Yet, I am very glad that Maurizio Balistreri and Steven Umbrello engaged with my work in such a fiercely critical manner: it has pushed me to think more intensely on what I previously wrote, helping me realize what could have been explained more clearly and in depth. Hopefully, this reply will make my position less “philosophically dubious” and will also help Balistreri and Umbrello seeing some of the flaws in their own argument. I will shape this paper in a way that will rely quite heavily on the previous exchange of views, so to be as focused as possible on how to counterargue at least some of the critiques received. Hence, I will divide the paper into three parts, each addressing one of the points raised by them. I will call those 1) the future generations critique; 2) the natural boundaries critique and 3) the continuum critique.
{"title":"What happens on Mars, stays on Mars: a reply to Balistreri and Umbrello","authors":"M. Garasic","doi":"10.4081/mem.2022.1214","DOIUrl":"https://doi.org/10.4081/mem.2022.1214","url":null,"abstract":"In a previous paper published in this journal, I have claimed that the – possible – acceptance of human enhancement on Mars does not (and should not) be followed by an emulation on Earth, as these two settings are not only two different planets, but they are also two different worlds. Some critics see my position as unconvincing and unstable. Yet, I am very glad that Maurizio Balistreri and Steven Umbrello engaged with my work in such a fiercely critical manner: it has pushed me to think more intensely on what I previously wrote, helping me realize what could have been explained more clearly and in depth. Hopefully, this reply will make my position less “philosophically dubious” and will also help Balistreri and Umbrello seeing some of the flaws in their own argument. I will shape this paper in a way that will rely quite heavily on the previous exchange of views, so to be as focused as possible on how to counterargue at least some of the critiques received. Hence, I will divide the paper into three parts, each addressing one of the points raised by them. I will call those 1) the future generations critique; 2) the natural boundaries critique and 3) the continuum critique.","PeriodicalId":36708,"journal":{"name":"Medicina e Morale","volume":"210 2","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-11-03","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"41255572","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Il presente lavoro si basa su alcune riflessioni critiche inerenti il nascente indirizzo di ricerca, prefiggendosi lo scopo di mettere in luce le contraddizioni di un “umanesimo scientifico” di cui la neuroetica vorrebbe farsi portavoce. L’analisi tende a dimostrare che il costituendo indirizzo è parte integrante di una cornice concettuale più ampia (la bioetica), ma anche la risultante – per certi aspetti – di un tentativo di ripristino dell’epistemologia ed ontologia dell’epoca moderna.
{"title":"La neuroetica. Considerazioni critiche","authors":"F. Madonna","doi":"10.4081/mem.2022.1205","DOIUrl":"https://doi.org/10.4081/mem.2022.1205","url":null,"abstract":"Il presente lavoro si basa su alcune riflessioni critiche inerenti il nascente indirizzo di ricerca, prefiggendosi lo scopo di mettere in luce le contraddizioni di un “umanesimo scientifico” di cui la neuroetica vorrebbe farsi portavoce. L’analisi tende a dimostrare che il costituendo indirizzo è parte integrante di una cornice concettuale più ampia (la bioetica), ma anche la risultante – per certi aspetti – di un tentativo di ripristino dell’epistemologia ed ontologia dell’epoca moderna.","PeriodicalId":36708,"journal":{"name":"Medicina e Morale","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-07-07","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"46782434","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
A. Sisto, Livia Quintiliani, F. Vicinanza, S. Fabris, L. Campanozzi, G. Curcio, M. Michilli, A. Molina, G. Ghilardi, Andrea Manazza, G. Lauri, Rocco Gentile, A. Perciaccante, F. De Micco, L. Navarini, Lourdes Velázquez, M. Picozzi, G. Ricci, Flora Piacquadio, Melissa Maioni, Fabio Ermili, Mario Tambone, G. Chelucci, M. Ciccozzi, V. Tambone
Since COVID-19 began to spread, hypotheses about the possible causes of the disease and its treatment have increased worldwide, engenedering fears and concerns. This context of uncertainty, as well as the great changes that people were forced to accept in their daily lives, have challenged the general population, affecting public opinion and collective imagination inevitably, with also a negative impact on compliance with public health policies. This study explored the personal attitudes towards the COVID-19 pandemic and their association with denial stances in the Italian context. The aim was to address the relevance of these phenomena and in what guise they are present in relation to the grounds supporting them, as an avenue to be more effective in public health under different domains. An online questionnaires was set out to survey the general population over 18 throughout the Italian country, including students and health professionals, to offer geographic and professional diversity. General population was also stratified based on their direct or indirect experience of COVID-19, whilst health participants were recruited with regard to their involvement in a COVID centre. A total of 2110 questionnaire were filled out between December 2020 and April 2021. Of the participants, 85.45% completely disagree with the possibility that COVID-19 is not real and that the cultural, social and economic system wanted us to believe otherwise, whereas 69% had doubts about what has been claimed to date about the existence of COVID-19. Trust in institutions and types of COVID-19 experience affected these beliefs. The results also show that stress, anxiety, sadness, and vulnerability increased as compared to the pre-COVID- 19 pandemic timeframe. The fundings of this national survey revealed how much behaviors based on social responsibility and rational prudence are important for defensing human life.
{"title":"Personal attitudes and denialist views about the COVID-19 pandemic in Italy: a national survey","authors":"A. Sisto, Livia Quintiliani, F. Vicinanza, S. Fabris, L. Campanozzi, G. Curcio, M. Michilli, A. Molina, G. Ghilardi, Andrea Manazza, G. Lauri, Rocco Gentile, A. Perciaccante, F. De Micco, L. Navarini, Lourdes Velázquez, M. Picozzi, G. Ricci, Flora Piacquadio, Melissa Maioni, Fabio Ermili, Mario Tambone, G. Chelucci, M. Ciccozzi, V. Tambone","doi":"10.4081/mem.2022.1204","DOIUrl":"https://doi.org/10.4081/mem.2022.1204","url":null,"abstract":"Since COVID-19 began to spread, hypotheses about the possible causes of the disease and its treatment have increased worldwide, engenedering fears and concerns. This context of uncertainty, as well as the great changes that people were forced to accept in their daily lives, have challenged the general population, affecting public opinion and collective imagination inevitably, with also a negative impact on compliance with public health policies. This study explored the personal attitudes towards the COVID-19 pandemic and their association with denial stances in the Italian context. The aim was to address the relevance of these phenomena and in what guise they are present in relation to the grounds supporting them, as an avenue to be more effective in public health under different domains. An online questionnaires was set out to survey the general population over 18 throughout the Italian country, including students and health professionals, to offer geographic and professional diversity. General population was also stratified based on their direct or indirect experience of COVID-19, whilst health participants were recruited with regard to their involvement in a COVID centre. A total of 2110 questionnaire were filled out between December 2020 and April 2021. Of the participants, 85.45% completely disagree with the possibility that COVID-19 is not real and that the cultural, social and economic system wanted us to believe otherwise, whereas 69% had doubts about what has been claimed to date about the existence of COVID-19. Trust in institutions and types of COVID-19 experience affected these beliefs. The results also show that stress, anxiety, sadness, and vulnerability increased as compared to the pre-COVID- 19 pandemic timeframe. The fundings of this national survey revealed how much behaviors based on social responsibility and rational prudence are important for defensing human life.","PeriodicalId":36708,"journal":{"name":"Medicina e Morale","volume":" ","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2022-07-07","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"42997610","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}