Pub Date : 2023-09-04DOI: 10.17473/1971-6818-2023-2-9
E. Orsini
Le sindromi miocardiche ischemiche rappresentano un gruppo di patologie cardiache sostenute da cause molteplici e con una espressione clinica estremamente variabile, che condividono un unico elemento comune: l’ischemia miocardica. L’ostruzione aterosclerotica delle arterie coronariche, anche se costituisce una causa importante di ischemia, non è sufficiente a spiegare globalmente la sindrome ischemica, sia nelle forme croniche, sia nelle forme acute. Molti meccanismi funzionali, di natura macrovascolare, microvascolare e non vascolare concorrono in misura variabile alla patogenesi della sindrome. Fra i pazienti con sindromi miocardiche ischemiche croniche, INOCA (Ischemia with Non-Obstructive Coronary Arteries) ha una prevalenza del 33% nei maschi e del 65% nelle femmine. MINOCA (Myocardial Infarction with Non-Obstructive Coronary Arteries) rappresenta il 5-15% di tutte le forme di infarto miocardico acuto. I pazienti con INOCA e MINOCA costituiscono una sfida diagnostica e terapeutica per il cardiologo in quanto spesso non ricevono una diagnosi e sono sottotrattati. Le indagini diagnostiche per accertare i meccanismi ischemici individuali sono essenziali, allo scopo di istituire un trattamento personalizzato. La sovrapposizione fra coronaropatia ostruttiva con i meccanismi alla base di INOCA/MINOCA può condurre a trattare inutilmente stenosi coronariche funzionalmente non ischemizzanti, contribuendo alla persistenza/ricorrenza dei sintomi e alla cattiva qualità di vita di questi pazienti.
{"title":"Cardiopatia ischemica senza aterosclerosi coronarica ostruttiva. Ci dobbiamo stupire? Riflessioni su INOCA (Ischemia with Non-Obstructive Coronary Arteries) e MINOCA (Myocardial Infarction with Non-Obstructive Coronary Arteries)","authors":"E. Orsini","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-9","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-9","url":null,"abstract":"Le sindromi miocardiche ischemiche rappresentano un gruppo di patologie cardiache sostenute da cause molteplici e con una espressione clinica estremamente variabile, che condividono un unico elemento comune: l’ischemia miocardica. L’ostruzione aterosclerotica delle arterie coronariche, anche se costituisce una causa importante di ischemia, non è sufficiente a spiegare globalmente la sindrome ischemica, sia nelle forme croniche, sia nelle forme acute. Molti meccanismi funzionali, di natura macrovascolare, microvascolare e non vascolare concorrono in misura variabile alla patogenesi della sindrome. Fra i pazienti con sindromi miocardiche ischemiche croniche, INOCA (Ischemia with Non-Obstructive Coronary Arteries) ha una prevalenza del 33% nei maschi e del 65% nelle femmine. MINOCA (Myocardial Infarction with Non-Obstructive Coronary Arteries) rappresenta il 5-15% di tutte le forme di infarto miocardico acuto. I pazienti con INOCA e MINOCA costituiscono una sfida diagnostica e terapeutica per il cardiologo in quanto spesso non ricevono una diagnosi e sono sottotrattati. Le indagini diagnostiche per accertare i meccanismi ischemici individuali sono essenziali, allo scopo di istituire un trattamento personalizzato. La sovrapposizione fra coronaropatia ostruttiva con i meccanismi alla base di INOCA/MINOCA può condurre a trattare inutilmente stenosi coronariche funzionalmente non ischemizzanti, contribuendo alla persistenza/ricorrenza dei sintomi e alla cattiva qualità di vita di questi pazienti.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"65 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"85450555","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-09-04DOI: 10.17473/1971-6818-2023-2-8
Raffaele De Caterina, Maria Grazia Delle Donne, Nick van Es
The presence of a malignancy is an important factor conditioning the choice, outcomes, and complications of anticoagulants in pathologic conditions where such agents are indicated. In addition, there is a relative paucity of data in this setting, because active cancer has been an important exclusion criterion in the main phase III randomized controlled trials comparing various anticoagulants. Only recently data have become available comparing the direct oral anticoagulants with low-molecular-weight heparins or warfarin for acute venous thromboembolism and atrial fibrillation, respectively, in patients with malignancies. Here, we briefly review the main points from data available in the literature in this setting, ongoing developments, and the main management strategies of hemorrhagic complications with the various drugs now available or forthcoming.
{"title":"La gestione degli anticoagulanti e delle complicanze emorragiche nei pazienti oncologici","authors":"Raffaele De Caterina, Maria Grazia Delle Donne, Nick van Es","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-8","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-8","url":null,"abstract":"The presence of a malignancy is an important factor conditioning the choice, outcomes, and complications of anticoagulants in pathologic conditions where such agents are indicated. In addition, there is a relative paucity of data in this setting, because active cancer has been an important exclusion criterion in the main phase III randomized controlled trials comparing various anticoagulants. Only recently data have become available comparing the direct oral anticoagulants with low-molecular-weight heparins or warfarin for acute venous thromboembolism and atrial fibrillation, respectively, in patients with malignancies. Here, we briefly review the main points from data available in the literature in this setting, ongoing developments, and the main management strategies of hemorrhagic complications with the various drugs now available or forthcoming.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"10 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"82886829","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-09-04DOI: 10.17473/1971-6818-2023-2-7
Paola Francesca Capozza, Raffaele De Caterina
La fibrillazione atriale rappresenta l’aritmia sostenuta più frequente nella popolazione generale e la sua incidenza è in costante aumento. D’altro canto, sebbene grazie alle politiche di screening e all’avanzamento delle terapie, la sopravvivenza nella popolazione affetta da neoplasie sia sensibilmente aumentata, rimane il fatto che i pz affetti da cancro in fase attiva hanno un rischio molto maggiore, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare la fibrillazione atriale. Questo pone il medico cardiologo ed il medico oncologo di fronte alla necessità di intraprendere una terapia anticoagulante efficace e sicura per il paziente. I farmaci anticoagulanti diretti rappresentano sicuramente la prima scelta terapeutica, anche se è necessaria una valutazione accurata delle terapie concomitanti del paziente, un attento monitoraggio clinico ed un approccio dinamico all’evoluzione della storia clinica del singolo paziente.
{"title":"Fibrillazione atriale e neoplasie: scelta dell’anticoagulante","authors":"Paola Francesca Capozza, Raffaele De Caterina","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-7","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-7","url":null,"abstract":"La fibrillazione atriale rappresenta l’aritmia sostenuta più frequente nella popolazione generale e la sua incidenza è in costante aumento. D’altro canto, sebbene grazie alle politiche di screening e all’avanzamento delle terapie, la sopravvivenza nella popolazione affetta da neoplasie sia sensibilmente aumentata, rimane il fatto che i pz affetti da cancro in fase attiva hanno un rischio molto maggiore, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare la fibrillazione atriale. Questo pone il medico cardiologo ed il medico oncologo di fronte alla necessità di intraprendere una terapia anticoagulante efficace e sicura per il paziente. I farmaci anticoagulanti diretti rappresentano sicuramente la prima scelta terapeutica, anche se è necessaria una valutazione accurata delle terapie concomitanti del paziente, un attento monitoraggio clinico ed un approccio dinamico all’evoluzione della storia clinica del singolo paziente.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"10 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"87234800","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-09-04DOI: 10.17473/1971-6818-2023-2-2
Giulia Bianchini, A. Fontana, G. Masi
Nel corso degli anni si è assistito progressivamente ad un notevole miglioramento della prognosi dei pazienti oncologici con un conseguente aumento della sopravvivenza media e della prevalenza. Il crescente numero di pazienti oncologici trattati e il conseguente invecchiamento della popolazione hanno posto la necessità di una gestione sempre più completa e complessa dei soggetti nei quali molte volte co-esistono fattori di rischio cardiovascolari e comorbidità cardiologiche che predispongono allo sviluppo di fenomeni di cardiotossicità. Proprio per questo motivo, un ruolo chiave viene svolto dalla gestione multidisciplinare del paziente oncologico con team di Oncologi e Cardiologi esperti. Per un lungo periodo il termine cardiotossicità comprendeva esclusivamente l’insorgenza di scompenso cardiaco a breve e/o lungo termine. Ad oggi invece il concetto si è ampliato e può essere utilizzato per racchiudere tutti quegli eventi avversi cardiovascolari correlati all’utilizzo dei trattamenti oncologici tra i quali la disfunzione cardiaca o l’insufficienza cardiaca, le miocarditi, le aritmie e il prolungamento del QTc, la tossicità vascolare con episodi di malattia tromboembolica e l’ipertensione arteriosa. I meccanismi alla base dei fenomeni di cardiotossicità sono diversi ed è possibile dividerli in meccanismi di cardiotossicità di tipo 1, caratterizzati da un danno diretto al cardiomiocita, i meccanismi di Cardiotossicità di tipo 2, caratterizzati da un danno indiretto al cardiomiocita, e la Cardiotossicità di tipo 3 che determina l’insorgenza di miocarditi. Inoltre diversi trattamenti oncologici, sulla base anche di meccanismi di drug-drug interaction, possono determinare l’insorgenza di aritmie quali la fibrillazione atriale, la tachicardia ventricolare e sovra-ventricolare, la bradicardia e l’allungamento del QTc.
{"title":"Il paziente oncologico e i meccanismi di cardiotossicità","authors":"Giulia Bianchini, A. Fontana, G. Masi","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-2","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-2","url":null,"abstract":"Nel corso degli anni si è assistito progressivamente ad un notevole miglioramento della prognosi dei pazienti oncologici con un conseguente aumento della sopravvivenza media e della prevalenza. Il crescente numero di pazienti oncologici trattati e il conseguente invecchiamento della popolazione hanno posto la necessità di una gestione sempre più completa e complessa dei soggetti nei quali molte volte co-esistono fattori di rischio cardiovascolari e comorbidità cardiologiche che predispongono allo sviluppo di fenomeni di cardiotossicità. Proprio per questo motivo, un ruolo chiave viene svolto dalla gestione multidisciplinare del paziente oncologico con team di Oncologi e Cardiologi esperti. Per un lungo periodo il termine cardiotossicità comprendeva esclusivamente l’insorgenza di scompenso cardiaco a breve e/o lungo termine. Ad oggi invece il concetto si è ampliato e può essere utilizzato per racchiudere tutti quegli eventi avversi cardiovascolari correlati all’utilizzo dei trattamenti oncologici tra i quali la disfunzione cardiaca o l’insufficienza cardiaca, le miocarditi, le aritmie e il prolungamento del QTc, la tossicità vascolare con episodi di malattia tromboembolica e l’ipertensione arteriosa. I meccanismi alla base dei fenomeni di cardiotossicità sono diversi ed è possibile dividerli in meccanismi di cardiotossicità di tipo 1, caratterizzati da un danno diretto al cardiomiocita, i meccanismi di Cardiotossicità di tipo 2, caratterizzati da un danno indiretto al cardiomiocita, e la Cardiotossicità di tipo 3 che determina l’insorgenza di miocarditi. Inoltre diversi trattamenti oncologici, sulla base anche di meccanismi di drug-drug interaction, possono determinare l’insorgenza di aritmie quali la fibrillazione atriale, la tachicardia ventricolare e sovra-ventricolare, la bradicardia e l’allungamento del QTc.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"39 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"79055931","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-09-04DOI: 10.17473/1971-6818-2023-2-10
Giulia Vinco
Una percentuale non trascurabile di pazienti sottoposti a studio coronarografico, sia in condizioni elettive che in regime di urgenza, dimostrano coronarie normali o assenza di coronaropatia ostruttiva. Questo riscontro ha portato negli ultimi anni al riconoscimento di due condizioni: l’ischemia in assenza di malattia ostruttiva coronarica (INOCA), che trova una base patogenetica nella disfunzione coronarica microvascolare o nell’angina vasospastica; e l’infarto miocardico a coronarie indenni (MINOCA), una diagnosi operativa che include molteplici possibili meccanismi patogenetici. Le attuali linee guida indicano l’importanza di una corretta identificazione di queste due entità spesso trascurate, tramite un approccio standardizzato che include l’imaging multimodale, portando a chiarire l’eziologia sottostante e quindi il corretto trattamento. In questo contesto il ruolo della risonanza magnetica cardiaca (RMC) appare cruciale ed è indicata in tutti i pazienti con MINOCA, in assenza di una evidente causa sottostante. La RMC riveste un ruolo primario nella conferma diagnostica e nella diagnosi differenziale: è difatti in grado di identificare la causa sottostante nell’87% dei pazienti con MINOCA grazie alla caratterizzazione tissutale tramite late gadolinium enhancement (LGE). Anche nei pazienti con INOCA la RM cardiaca è molto utile in quanto permette di valutare la presenza di ischemia miocardica e disfunzione coronarica microvascolare.
{"title":"NOCA (Ischemia with Non-Obstructive Coronary Arteries) e MINOCA (Myocardial Infarction with Non-Obstructive Coronary Arteries) Il ruolo della risonanza magnetica cardiaca","authors":"Giulia Vinco","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-10","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-10","url":null,"abstract":"Una percentuale non trascurabile di pazienti sottoposti a studio coronarografico, sia in condizioni elettive che in regime di urgenza, dimostrano coronarie normali o assenza di coronaropatia ostruttiva. Questo riscontro ha portato negli ultimi anni al riconoscimento di due condizioni: l’ischemia in assenza di malattia ostruttiva coronarica (INOCA), che trova una base patogenetica nella disfunzione coronarica microvascolare o nell’angina vasospastica; e l’infarto miocardico a coronarie indenni (MINOCA), una diagnosi operativa che include molteplici possibili meccanismi patogenetici. Le attuali linee guida indicano l’importanza di una corretta identificazione di queste due entità spesso trascurate, tramite un approccio standardizzato che include l’imaging multimodale, portando a chiarire l’eziologia sottostante e quindi il corretto trattamento. In questo contesto il ruolo della risonanza magnetica cardiaca (RMC) appare cruciale ed è indicata in tutti i pazienti con MINOCA, in assenza di una evidente causa sottostante. La RMC riveste un ruolo primario nella conferma diagnostica e nella diagnosi differenziale: è difatti in grado di identificare la causa sottostante nell’87% dei pazienti con MINOCA grazie alla caratterizzazione tissutale tramite late gadolinium enhancement (LGE). Anche nei pazienti con INOCA la RM cardiaca è molto utile in quanto permette di valutare la presenza di ischemia miocardica e disfunzione coronarica microvascolare.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"119 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"78076844","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-09-04DOI: 10.17473/1971-6818-2023-2-6
Roberta Pancani, Alessandra Pagano, Marta Lomi, E. Casto, S. Cappelli, A. Celi
Studi di popolazione hanno evidenziato un incremento dell’incidenza di tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti neoplastici in corso di trattamento con farmaci antitumorali. Sono state condotte ricerche cliniche allo scopo di chiarire il possibile ruolo di singoli agenti antitumorali nella modulazione del rischio di TEV, riscontrando fra essi alcune differenze. Gli studi disponibili presentano diversi limiti: non consentono un confronto diretto tra molecole poiché gli schemi di trattamento si basano generalmente su combinazioni di farmaci e spesso per ricavare dati su una singola molecola è necessario estendere lo studio a tumori di tipologie, sedi o comportamento biologico differenti; inoltre è probabile che alle differenze riscontrate contribuisca un rischio di TEV già di per sé aumentato nei pazienti in fase avanzata di malattia. Una possibile strategia per limitare l’incidenza di TEV potrebbe essere quella di sottoporre i pazienti oncologici in trattamento antitumorale a profilassi antitrombotica primaria. Per tale profilassi non esiste attualmente una raccomandazione solida, in virtù di dati contrastanti, sia sulle terapie con eparine frazionate che con farmaci anticoagulanti orali diretti (DOAC), sul rapporto fra il beneficio in termini di prevenzione degli eventi tromboembolici sintomatici ed il rischio di sanguinamenti maggiori o clinicamente rilevanti. L’introduzione in commercio di inibitori del fattore XIa, dei quali sono in corso studi di fase 2, potrebbe modificare lo scenario attuale. Un problema che sta acquisendo rilevanza sempre maggiore è quello delle possibili interazioni farmacologiche fra i farmaci anticoagulanti orali e i farmaci antitumorali. In questo senso, l’utilizzo dei DOAC può essere vantaggioso rispetto a quello degli inibitori della vitamina K, nonostante una potenziale maggiore difficoltà nel controllo delle interazioni, qualora presenti, dovuta al fatto che il dosaggio plasmatico dei DOAC non viene normalmente sottoposta a monitoraggio. Le interazioni fra i DOAC e i farmaci antitumorali sono state ipotizzate sulla base dell’azione su molecole coinvolte nella farmacodinamica di entrambe le categorie di farmaci, quali la glicoproteina-p (P-gp) o il citocromo CYP3A4; pur non essendo mai state studiate in vivo, è necessario prendere in considerazione la possibilità di tali interazioni nella pratica clinica. Alcune opportunità per affrontare il problema sono rappresentate dal dosaggio plasmatico dei DOAC e dalla somministrazione dei due farmaci in momenti il più possibile lontani nella giornata.
{"title":"Farmaci antitumorali e tromboembolismo venoso","authors":"Roberta Pancani, Alessandra Pagano, Marta Lomi, E. Casto, S. Cappelli, A. Celi","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-6","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-6","url":null,"abstract":"Studi di popolazione hanno evidenziato un incremento dell’incidenza di tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti neoplastici in corso di trattamento con farmaci antitumorali. Sono state condotte ricerche cliniche allo scopo di chiarire il possibile ruolo di singoli agenti antitumorali nella modulazione del rischio di TEV, riscontrando fra essi alcune differenze. Gli studi disponibili presentano diversi limiti: non consentono un confronto diretto tra molecole poiché gli schemi di trattamento si basano generalmente su combinazioni di farmaci e spesso per ricavare dati su una singola molecola è necessario estendere lo studio a tumori di tipologie, sedi o comportamento biologico differenti; inoltre è probabile che alle differenze riscontrate contribuisca un rischio di TEV già di per sé aumentato nei pazienti in fase avanzata di malattia. Una possibile strategia per limitare l’incidenza di TEV potrebbe essere quella di sottoporre i pazienti oncologici in trattamento antitumorale a profilassi antitrombotica primaria. Per tale profilassi non esiste attualmente una raccomandazione solida, in virtù di dati contrastanti, sia sulle terapie con eparine frazionate che con farmaci anticoagulanti orali diretti (DOAC), sul rapporto fra il beneficio in termini di prevenzione degli eventi tromboembolici sintomatici ed il rischio di sanguinamenti maggiori o clinicamente rilevanti. L’introduzione in commercio di inibitori del fattore XIa, dei quali sono in corso studi di fase 2, potrebbe modificare lo scenario attuale. Un problema che sta acquisendo rilevanza sempre maggiore è quello delle possibili interazioni farmacologiche fra i farmaci anticoagulanti orali e i farmaci antitumorali. In questo senso, l’utilizzo dei DOAC può essere vantaggioso rispetto a quello degli inibitori della vitamina K, nonostante una potenziale maggiore difficoltà nel controllo delle interazioni, qualora presenti, dovuta al fatto che il dosaggio plasmatico dei DOAC non viene normalmente sottoposta a monitoraggio. Le interazioni fra i DOAC e i farmaci antitumorali sono state ipotizzate sulla base dell’azione su molecole coinvolte nella farmacodinamica di entrambe le categorie di farmaci, quali la glicoproteina-p (P-gp) o il citocromo CYP3A4; pur non essendo mai state studiate in vivo, è necessario prendere in considerazione la possibilità di tali interazioni nella pratica clinica. Alcune opportunità per affrontare il problema sono rappresentate dal dosaggio plasmatico dei DOAC e dalla somministrazione dei due farmaci in momenti il più possibile lontani nella giornata.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"15 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"79360234","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-09-04DOI: 10.17473/1971-6818-2023-2-11
Andrea Baggiano
L’angiografia coronarica mediante tomografia computerizzata (TC coronarica), grazie all’impareggiabile caratterizzazione non invasiva dell’anatomia coronarica, rappresenta oggigiorno uno dei principali tool diagnostici nell’inquadramento dei pazienti con sospetta coronaropatia. Se nel contesto clinico appena citato le linee guida internazionali concordano sul ruolo di primo piano rivestito dalla TC coronarica nel workflow diagnostico, in ambiti come MINOCA (Myocardial Infarction with Non-Obstructive Coronary Arteries) e INOCA (Ischaemia with Non-Obstructive Coronary Arteries) il ruolo di questa metodica non è ancora sufficientemente apprezzato nell’attività clinica quotidiana. La precisa caratterizzazione della placca aterosclerotica coronarica consente di individuare l’aterosclerosi coronarica non ostruttiva potenzialmente responsabile di sindromi coronariche acute. Inoltre, la possibilità di valutare nel dettaglio non solo la patologia aterosclerotica, ma anche il rapporto anatomico con le strutture circostanti, consente alla TC coronarica di svolgere un ruolo chiave nella descrizione delle varianti anatomiche di origine e decorso delle arterie coronarie, e nell’individuazione dei decorsi intramiocardici, entrambi potenziali elementi con preciso ruolo fisiopatologico nell’occorrenza di infarti miocardici in assenza di aterosclerosi coronarica ostruttiva. Inoltre, nell’ultimo decennio si sono moltiplicate le evidenze scientifiche riguardo due differenti modi di valutare la rilevanza emodinamica dell’aterosclerosi coronarica riscontrata mediante tomografia computerizzata, ovvero la valutazione della riserva di flusso frazionale mediante TC (FFR-CT) e la valutazione della perfusione miocardica da stress mediante tomografia computerizzata (Stress-CTP). Tali metodiche consentono di fornire una valutazione integrata anotomo-funzionale mediante un’unica metodica, rendendo quindi la tomografia computerizzata l’unica metodica diagnostica non invasiva capace di una duplice analisi. Nell’ambito della cardiopatia ischemica stabile, questi due approcci funzionali hanno trovato già ampia validazione, con molteplici studi di accuratezza diagnostica. In ambito prognostico, mentre sono già disponibili evidenze circa la FFR-CT, sono attesi nei prossimi anni studi multicentrici randomizzati focalizzati sulla Stress-CTP. La Stress-CTP di tipo dinamico, inoltre, risulta di particolare interesse nel contesto clinico dei pazienti con sospetto di malattia del microcircolo, in quanto con un’unica tecnica diagnostica è possibile ottenere l’esclusione di aterosclerosi coronarica ostruttiva e la quantificazione del flusso ematico miocardico dopo stress farmacologico, così da aumentare il corretto riconoscimento di quest’entità clinica che sino a ora si ritiene largamente sotto diagnosticata.
计算机断层扫描(ct)的冠状动脉造影,具有独特的冠状动脉解剖的非侵入性特征,现在是疑似冠状动脉疾病患者的主要诊断工具之一。如果刚才提到临床指导方针范围内同意发挥作用的国际冠状动脉ct在诊断工作流,诸如MINOCA (Myocardial Infarction with Non-Obstructive Coronary Arteries)和INOCA (Ischaemia with Non-Obstructive Coronary Arteries)这种方法的作用尚未充分赞赏日常临床工作。冠状动脉粥样硬化斑块的精确特征使我们能够识别可能导致急性冠状动脉硬化的非阻塞性冠状动脉粥样硬化。此外,不仅有机会详细评估aterosclerotica疾病,而且与周围结构的解剖关系,使冠状动脉ct解剖说明书中发挥关键作用的变体和冠状动脉疾病的来源,确定潜在intramiocardici后,这两个因素与作用fisiopatologico nell’occorrenza冠状动脉心肌梗死在缺乏aterosclerosi阻塞性肺病。此外,在过去十年中成倍增加的证据科学方面有两种不同的方式评估第相关性通过计算机断层扫描,即发现冠状动脉dell’aterosclerosi损耗率流动准备金的评估通过ct (FFR-CT)和评价心肌灌注压力通过计算机断层扫描(Stress-CTP)。这些方法使计算机断层扫描成为唯一一种能够进行双重扫描的非侵入性诊断方法。在稳定缺血性心脏病的情况下,这两种功能方法已经得到了广泛的验证,并进行了广泛的诊断准确性研究。在预后领域,虽然已经有关于FFR-CT的证据,但预计在未来几年将有针对ctp压力的随机多中心研究。动态类型的Stress-CTP,此外,患者的临床背景下特别感兴趣的microcircolo疾病产生怀疑的,因为有一个诊断技术就有可能获得排除aterosclerosi阻塞性冠状动脉和量化后心肌血液流动压力药物,以便增加适当承认到目前为止认为很大程度上临床的诊断。
{"title":"Focus su INOCA e MINOCA: il ruolo della TAC cardiaca","authors":"Andrea Baggiano","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-11","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-11","url":null,"abstract":"L’angiografia coronarica mediante tomografia computerizzata (TC coronarica), grazie all’impareggiabile caratterizzazione non invasiva dell’anatomia coronarica, rappresenta oggigiorno uno dei principali tool diagnostici nell’inquadramento dei pazienti con sospetta coronaropatia. Se nel contesto clinico appena citato le linee guida internazionali concordano sul ruolo di primo piano rivestito dalla TC coronarica nel workflow diagnostico, in ambiti come MINOCA (Myocardial Infarction with Non-Obstructive Coronary Arteries) e INOCA (Ischaemia with Non-Obstructive Coronary Arteries) il ruolo di questa metodica non è ancora sufficientemente apprezzato nell’attività clinica quotidiana. La precisa caratterizzazione della placca aterosclerotica coronarica consente di individuare l’aterosclerosi coronarica non ostruttiva potenzialmente responsabile di sindromi coronariche acute. Inoltre, la possibilità di valutare nel dettaglio non solo la patologia aterosclerotica, ma anche il rapporto anatomico con le strutture circostanti, consente alla TC coronarica di svolgere un ruolo chiave nella descrizione delle varianti anatomiche di origine e decorso delle arterie coronarie, e nell’individuazione dei decorsi intramiocardici, entrambi potenziali elementi con preciso ruolo fisiopatologico nell’occorrenza di infarti miocardici in assenza di aterosclerosi coronarica ostruttiva. Inoltre, nell’ultimo decennio si sono moltiplicate le evidenze scientifiche riguardo due differenti modi di valutare la rilevanza emodinamica dell’aterosclerosi coronarica riscontrata mediante tomografia computerizzata, ovvero la valutazione della riserva di flusso frazionale mediante TC (FFR-CT) e la valutazione della perfusione miocardica da stress mediante tomografia computerizzata (Stress-CTP). Tali metodiche consentono di fornire una valutazione integrata anotomo-funzionale mediante un’unica metodica, rendendo quindi la tomografia computerizzata l’unica metodica diagnostica non invasiva capace di una duplice analisi. Nell’ambito della cardiopatia ischemica stabile, questi due approcci funzionali hanno trovato già ampia validazione, con molteplici studi di accuratezza diagnostica. In ambito prognostico, mentre sono già disponibili evidenze circa la FFR-CT, sono attesi nei prossimi anni studi multicentrici randomizzati focalizzati sulla Stress-CTP. La Stress-CTP di tipo dinamico, inoltre, risulta di particolare interesse nel contesto clinico dei pazienti con sospetto di malattia del microcircolo, in quanto con un’unica tecnica diagnostica è possibile ottenere l’esclusione di aterosclerosi coronarica ostruttiva e la quantificazione del flusso ematico miocardico dopo stress farmacologico, così da aumentare il corretto riconoscimento di quest’entità clinica che sino a ora si ritiene largamente sotto diagnosticata.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"102 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"84910565","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-09-04DOI: 10.17473/1971-6818-2023-2-4
Maria Grazia Delle Donne, Antonella Iannielli, Raffaele De Caterina
Negli ultimi venti anni sono stati compiuti costanti progressi nel trattamento delle malattie neoplastiche. Gli schemi terapeutici sono diventati più aggressivi e sono stati introdotti nuovi farmaci che hanno determinato un aumento della qualità e della quantità della vita in genere per i pazienti affetti da neoplasie. Il rovescio della medaglia di questo successo è stato l’aumento degli effetti tossici e in particolare l’aumento di mortalità e morbilità per cause cardiovascolari. La conoscenza e il monitoraggio degli effetti cardiotossici da chemioterapici e il loro precoce riconoscimento sono quindi fondamentali nel percorso dei pazienti sottoposti a tali terapie. L’utilizzo di metodiche ecocardiografiche avanzate e di biomarcatori permette di effettuare una diagnosi precoce al fine di poter instaurare una eventuale terapia cardioattiva.
{"title":"Cardiotossicità da chemioterapici: parametri ecocardiografici e ruolo dei biomarcatori","authors":"Maria Grazia Delle Donne, Antonella Iannielli, Raffaele De Caterina","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-4","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-4","url":null,"abstract":"Negli ultimi venti anni sono stati compiuti costanti progressi nel trattamento delle malattie neoplastiche. Gli schemi terapeutici sono diventati più aggressivi e sono stati introdotti nuovi farmaci che hanno determinato un aumento della qualità e della quantità della vita in genere per i pazienti affetti da neoplasie. Il rovescio della medaglia di questo successo è stato l’aumento degli effetti tossici e in particolare l’aumento di mortalità e morbilità per cause cardiovascolari. La conoscenza e il monitoraggio degli effetti cardiotossici da chemioterapici e il loro precoce riconoscimento sono quindi fondamentali nel percorso dei pazienti sottoposti a tali terapie. L’utilizzo di metodiche ecocardiografiche avanzate e di biomarcatori permette di effettuare una diagnosi precoce al fine di poter instaurare una eventuale terapia cardioattiva.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"14 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"90304388","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-09-04DOI: 10.17473/1971-6818-2023-2-3
L. Galli, Alessia Salfi
Il progressivo invecchiamento della popolazione occidentale è un fattore determinante nello sviluppo del cancro e di altre patologie tipiche dell’età avanzata. Il paziente oncologico anziano deve essere inquadrato a trecentosessanta gradi, tenendo in considerazione, oltre alla patologia oncologica, anche tutte le potenziali comorbidità, terapie concomitanti e il suo stato cognitivo e funzionale globale in quanto tutti questi fattori concomitano nel definire l’outcome. La Valutazione Geriatrica Multidimensionale è uno strumento utile all’oncologo per valutare i potenziali limiti e le residue risorse del paziente anziano e andrebbe condotta in tutti i pazienti anziani in cui si fa diagnosi di patologia neoplastica al fine di indirizzare la scelta dell’iter terapeutico più adeguato al paziente, che ne possa prolungare la sopravvivenza senza peggiorare la qualità della vita. È auspicabile condividere il percorso del paziente in un setting multidisciplinare dove vari specialisti come l’oncologo, il geriatra, lo psicologo, il farmacologo e l’assistente sociale possano condividere le decisioni e personalizzare sempre di più la gestione e la presa in carico del paziente oncologico anziano.
{"title":"Il paziente oncologico anziano: tra multimorbilità e fragilità","authors":"L. Galli, Alessia Salfi","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-3","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-3","url":null,"abstract":"Il progressivo invecchiamento della popolazione occidentale è un fattore determinante nello sviluppo del cancro e di altre patologie tipiche dell’età avanzata. Il paziente oncologico anziano deve essere inquadrato a trecentosessanta gradi, tenendo in considerazione, oltre alla patologia oncologica, anche tutte le potenziali comorbidità, terapie concomitanti e il suo stato cognitivo e funzionale globale in quanto tutti questi fattori concomitano nel definire l’outcome. La Valutazione Geriatrica Multidimensionale è uno strumento utile all’oncologo per valutare i potenziali limiti e le residue risorse del paziente anziano e andrebbe condotta in tutti i pazienti anziani in cui si fa diagnosi di patologia neoplastica al fine di indirizzare la scelta dell’iter terapeutico più adeguato al paziente, che ne possa prolungare la sopravvivenza senza peggiorare la qualità della vita. È auspicabile condividere il percorso del paziente in un setting multidisciplinare dove vari specialisti come l’oncologo, il geriatra, lo psicologo, il farmacologo e l’assistente sociale possano condividere le decisioni e personalizzare sempre di più la gestione e la presa in carico del paziente oncologico anziano.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"1 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"89158106","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}
Pub Date : 2023-09-04DOI: 10.17473/1971-6818-2023-2-5
Serena Barachini, Sandra Ghelardoni, Rosalinda Madonna
Con il miglioramento della prognosi associate al cancro, grazie ai progressi delle terapie antitumorali, stiamo assistendo a un crescente aumento della mortalità e della morbilità dei sopravvissuti al cancro a causa dell’aumento degli effetti avversi cardiovascolari dei farmaci antineoplastici. Le complicanze cardiovascolari più comuni delle terapie antineoplastiche comprendono l’ischemia miocardica, l’ipertensione arteriosa, le aritmie e la disfunzione del ventricolo sinistro che culmina nell’insufficienza cardiaca. La tossicità è dovuta dal fatto che gli stessi bersagli tumorali interessati dai farmaci sono presenti anche nelle cellule normali del sistema cardiovascolare. In questo articolo verranno trattati i quadri clinici e i principali meccanismi implicati nella tossicità cardiovascolare indotta da farmaci antineoplastici, tra cui lo stress ossidativo, l’infiammazione, l’immunotrombosi e l’iperattivazione delle vie di segnalazione associate ai fattori di crescita.
{"title":"Farmaci antineoplastici e tossicità cardiovascolare","authors":"Serena Barachini, Sandra Ghelardoni, Rosalinda Madonna","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-5","DOIUrl":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-5","url":null,"abstract":"Con il miglioramento della prognosi associate al cancro, grazie ai progressi delle terapie antitumorali, stiamo assistendo a un crescente aumento della mortalità e della morbilità dei sopravvissuti al cancro a causa dell’aumento degli effetti avversi cardiovascolari dei farmaci antineoplastici. Le complicanze cardiovascolari più comuni delle terapie antineoplastiche comprendono l’ischemia miocardica, l’ipertensione arteriosa, le aritmie e la disfunzione del ventricolo sinistro che culmina nell’insufficienza cardiaca. La tossicità è dovuta dal fatto che gli stessi bersagli tumorali interessati dai farmaci sono presenti anche nelle cellule normali del sistema cardiovascolare. In questo articolo verranno trattati i quadri clinici e i principali meccanismi implicati nella tossicità cardiovascolare indotta da farmaci antineoplastici, tra cui lo stress ossidativo, l’infiammazione, l’immunotrombosi e l’iperattivazione delle vie di segnalazione associate ai fattori di crescita.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"128 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":null,"resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":"89270672","PeriodicalName":null,"FirstCategoryId":null,"ListUrlMain":null,"RegionNum":0,"RegionCategory":"","ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":"","EPubDate":null,"PubModel":null,"JCR":null,"JCRName":null,"Score":null,"Total":0}